Questo sarà l’effetto delle modifiche introdotte dagli stessi politici che quotidianamente parlano di tutela dei valori della famiglia e della proprietà. Un altro regalo alle banche?
Ci hanno riprovato. E, ancora una volta, senza un effettivo e specifico dibattito che sarebbe stato opportuno -per non dire necessario- prima di modificare quelle disposizioni che, poste da oltre 80 anni a salvaguardia dei diritti dei legittimari 1, costituiscono norme fondamentali della disciplina delle successioni la cui ratio e funzione sono anche la protezione della famiglia nonché dei diritti e delle aspettative dei più stretti familiari del donante. Due anni fa, nel disegno di legge di bilancio 2024 2, il Governo aveva inserito alcune disposizioni che, di fatto, avrebbero vanificato la tutela dei legittimari lesi nella loro quota di legittima. Si prevedeva, in sostanza, la modifica degli articoli 561 e 563 del codice civile, il primo dei quali dispone (sin dall’entrata in vigore del codice civile) che, in caso di accoglimento dell’azione di riduzione, i beni debbano essere restituiti liberi da pesi e vincoli (anche nell’ipotesi in cui siano stati, nel frattempo, alienati a terzi, sia pur con alcuni oneri, introdotti nel 2005, che il legittimario deve aver adempiuto)3 4. Con le modifiche introdotte nel disegno di legge di bilancio 2024, l’esecutivo avrebbe voluto, invece, non solo rendere non restituibili i beni che il donatario avesse, nel frattempo, trasferito a terzi (con conseguente ed immaginabile danno per il legittimario qualora il donatario fosse divenuto insolvente e non avesse potuto restituire l’equivalente valore in denaro), non solo “sanare” ipoteche o altri pesi di cui il bene fosse stato, nel frattempo, gravato (con immaginabili vantaggi anche per banche), ma avrebbe inteso rendere tali modifiche valide retroattivamente visto che ne veniva disposta l’entrata in vigore a partire dalle successioni aperte dopo il 1° gennaio 2024 piuttosto che alle donazioni trascritte dopo tale data. All’indomani della presentazione al Senato del ddl bilancio, scrivevo alcune considerazioni su questo blog (si può leggere cliccando qui) manifestando, oltretutto, alcuni dubbi in merito alla compatibilità della data di entrata in vigore del nuovo testo normativo con il principio generale dell’irretroattività della legge, della certezza del diritto e dell’affidamento protetti dalla CEDU oltre che dalla Costituzione e dalle disposizioni sulla legge in generale. Tornai sull’argomento dopo qualche settimana in seguito alla notizia dello stralcio delle disposizioni in quanto ritenute estranee al contenuto del disegno di legge bilancio (leggi qui).
Esattamente due anni dopo, il Governo, come dicevo all’inizio, è tornato a riproporre le stesse, identiche modifiche e, si può dire, con modalità analoghe: non in uno specifico disegno di legge -con cui, magari, avrebbe potuto disciplinare diversamente le altre norme sulle successioni e sulla famiglia (in modo da rendere, le modifiche introdotte, compatibili con una nuova disciplina) o introdurre alcuni strumenti cautelari a salvaguardia del credito dei legittimari- bensì, nel cosiddetto “ddl semplificazioni 2025”, ossia, in un “disegno di legge contenitore” con norme del più diverso contenuto, collegato alla legge di bilancio e che, in teoria, a quest’ultima dovrebbe dare attuazione e “servire” (e non, dunque, a introdurre disposizioni che non si limitano a “semplificare”, bensì, si spingono a sovvertire una disciplina che, per oltre 80 anni, ha tutelato i legittimari e contribuito ad assicurare ai più stretti familiari del donante una minima parte del suo patrimonio o l’equivalente valore in denaro).
E’ sufficiente confrontare il testo delle disposizioni che erano state inserite all’art. 13 del ddl bilancio 2023 (cliccare qui) con l’art. 44 del ddl semplificazioni, approvato in prima lettura al Senato l’8 ottobre 2025 (si può leggere qui), per rilevare che il testo è del tutto identico a quello che si era preferito stralciare: l’esecutivo, in sostanza, “ci ha riprovato”, con le stesse modalità, in sordina, ma, questa volta, ha trovato l’approvazione (in prima lettura) dei Senatori. Verrebbe quasi da sorridere, oltretutto, leggendo il “dichiarato fine”, ossia, quello di agevolare il traffico dei beni donati e consentire l’accesso al credito mediante la garanzia costituita dagli stessi beni 5: il “nobile fine”, secondo l’esecutivo, dovrebbe essere, in sostanza, quello di consentire, da una parte, a colui che ha ricevuto donazioni lesive della quota riservata agli altri familiari di poterli vendere o concederli in garanzia per ottenere credito e, dall’altra parte, a chi li ha acquistati o a chi ha accettato l’iscrizione, in proprio favore, di una garanzia (ad esempio, un’ipoteca) di non temere di doverli restituire liberi da ogni peso o vincolo al legittimario risultato vittorioso all’esito di un’azione di riduzione 6. In sintesi, la “semplificazione” dovrebbe consistere nell’agevolare la “circolazione” del bene donato e poi rivenduto a scapito dei familiari del donante la cui quota di legittima sia stata lesa: ciò con evidente vantaggio, oltre che del donatario, di banche o aziende creditizie che potrebbero confidare nella “bontà” e sicurezza del bene offerto in garanzia. Viene da chiedersi, allora: ma i partiti o leader che, da anni e “per tradizione”, hanno fatto e continuano a fare della tutela della famiglia, della proprietà e dell’ordine pubblico i principali temi di eterne campagne elettorali, sono gli stessi che hanno proposto e continuano a introdurre queste modifiche? Per quale ragione, ogni volta, lo hanno fatto in provvedimenti normativi non preceduti da uno specifico e approfondito dibattito e, soprattutto, senza informare i cittadini di quali possano essere le conseguenze di modifiche così importanti di norme, vigenti da oltre 80 anni, che costituiscono il fulcro della disciplina delle successioni con ripercussioni anche sugli equilibri di famiglie oltre che possibili danni patrimoniali ai componenti? Quale sarebbe, poi, “l’ampio dibattito” che vi sarebbe stato -secondo quanto si legge nella relazione al ddl in Senato? Quale sarebbe la tutela del credito che -sempre secondo quanto si legge nella medesima relazione- verrebbe assicurata al legittimario pretermesso? Quale garanzia, in concreto, potrebbe avere quest’ultimo qualora il donatario nel frattempo fosse divenuto insolvente (o facesse in modo di risultare tale) ? Non è credibile che Ministri e Parlamentari non sappiano che una cosa è garantire il diritto di credito in astratto e altra è la realtà di fronte alla quale il legittimario pretermesso può venirsi a trovare. Dalla lettura del testo, sembrerebbe che la tutela sia solo “in astratto” e la quota di legittima non sarà più concretamente tutelata: al legittimario resterà un credito nei confronti del donatario che abbia trasferito a titolo oneroso un bene ad un terzo ma qualora, dopo l’apertura della successione e in seguito all’azione di riduzione, dovesse risultare “nullatenente” o il proprio patrimonio dovesse risultare incapiente, il familiare del donante rimarrà “fregato”.
Si è consapevoli che le modifiche introdotte dall’Esecutivo e recentemente approvate in prima lettura al Senato sono state già oggetto, in passato, di proposte da alcune categorie di professionisti e non si può escludere, in astratto, che possano ritenersi opportune: la modifica di norme inserite in una disciplina così importante e fondamentale nell’ordinamento di un Paese e di uno Stato di diritto (quale quella, in questo caso, delle successioni) non potrebbe e non dovrebbe prescindere, però, dal più approfondito e specifico dibattito sia in Parlamento sia tra gli studiosi del diritto civile (in particolare, di diritto successorio e di diritto di famiglia) e, soprattutto, dalla completa informazione ai cittadini i quali potrebbero avere interesse a sapere che, con le modifiche che si vorrebbe introdurre nell’ordinamento, qualora avessero donato o volessero donare un bene e un familiare “legittimario” dovesse, in futuro, risultare leso nella propria quota legittima, la propria scelta potrebbe danneggiare quest’ultimo il quale non potrà avere la restituzione del bene né il corrispondente valore in denaro.
E’ auspicabile, allora, che durante l’esame della Camera dei Deputati vi sia una profonda ed attenta riflessione: si stralcino le disposizioni in vista di un maggiore approfondimento con specifico e autonomo disegno di legge che preveda, magari, una tutela concreta del legittimario oppure, si introducano emendamenti tali da garantire in concreto il legittimario pretermesso, oppure, ancora, si disponga l’applicabilità delle nuove disposizioni a partire dalle donazioni (e non dall’apertura delle successioni) trascritte successivamente all’entrata in vigore delle modifiche. Solo in quest’ultimo modo, oltretutto, si tutelerebbe la piena coscienza e volontà, l’animus del donante (che potrebbe aver confidato nella tutela del legittimario pretermesso ad oggi tutelato dall’ordinamento) nonché le aspettative e i legittimi interessi e diritti di quest’ultimo. Altrimenti, si abbia il coraggio di una riforma più coerente: siano abrogate del tutto le norme che prevedono la riserva della quota legittima. Il testo del ddl semplificazioni, allo stato, non lascia comprendere quale funzione e significato possa continuare ad avere la riserva della quota legittima se esposta al pericolo di definitiva perdita in conseguenza di atti di alienazione da parte del donatario il cui patrimonio difficilmente risulterebbe aggredibile.