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Ho visto, qualche sera fa, “Cento domeniche“, il film diretto e interpretato da Antonio Albanese sui risparmiatori vittime dei crac bancari. In verità, lo avrei voluto vedere, al cinema, a fine novembre, la stessa sera in cui è uscito nelle sale. Ci ho provato ma, a causa del traffico, quando sono arrivato nelle vicinanze ero già in ritardo. Avendo visto il trailer e letto le recensioni, sapevo che si trattava di un bel film grazie anche alla bravura di Antonio Albanese. Pensandoci meglio, nei giorni successivi, ho preferito, però, rinviarne la visione per un timore che, nel frattempo, mi era sopraggiunto: quello di uscire dal cinema ancora più “rattristato” o “disgustato” nel “vedere” la storia e la rappresentazione così veritiera di quanto subito dai tanti risparmiatori “traditi” dalla banca “di fiducia” in cui pensavano che i loro risparmi sarebbero stati al sicuro ma che, invece, da un giorno all’altro, hanno visto “azzerato” il valore delle azioni, a volte, magari, nemmeno volute realmente, bensì, “sollecitate” dalla banca stessa o firmate in mancanza delle necessarie informazioni . Giorni fa, nel vedere il catalogo di film su una delle più note piattaforme streaming, ho rivisto la locandina e, questa volta, mi sentivo “pronto”. Non sono certamente un critico cinematografico ma considero il film non soltanto ben fatto -con un soggetto così aderente alla realtà e al dramma vissuto, recentemente, da tanti onesti risparmiatori- ma anche (purtroppo) “istruttivo” ; forse dovrebbe essere fatto vedere (uso il condizionale anche se vorrei sbagliarmi e sapere che già lo si stia facendo) anche nelle scuole in cui si vorrebbero impartire (come si legge, talvolta) lezioni di “educazione finanziaria” (a volte, sono rimasto perplesso nel leggere iniziative o progetti in collaborazione proprio con chi già dovrebbe -o avrebbe dovuto- impedire abusi bancari).
Antonio Albanese, nel film, è Antonio Riva, un onesto lavoratore e risparmiatore che, felicissimo appena la figlia Emilia gli annuncia che si sarebbe sposata, si reca in banca per sapere come poter avere, al più presto, a disposizione l’importo necessario per vedere realizzato quello che riteneva essere il suo sogno da padre: quello di provvedere a tutto per festeggiare l’amata figlia che avrebbe portato all’altare. Il direttore gli consiglia di non toccare le azioni che viaggiavano “a vele spiegate“. Antonio resta stupito già nello scoprire di essere azionista della stessa banca piuttosto che obbligazionista. Gli viene consigliato, quindi, di lasciare viaggiare le sue azioni e di sottoscrivere un finanziamento per ottenere quanto gli sarebbe servito (circa 30 mila euro) visto che il costo -a dire del direttore- sarebbe stato pagato con lo stesso rendimento delle azioni. La fiducia nella propria banca è tale che, inizialmente, rifiuta di leggere anche il giornale che gli viene messo sotto agli occhi con la notizia della grave crisi in cui versava “l’istituto” . Le informazioni cominciano a diffondersi e un suo amico si ritrova in un letto di ospedale per il dolore dopo avere visto in fumo il frutto di una vita di lavoro e sacrifici anche di domenica. Il film rappresenta esattamente non solo quanto, più di una volta, avvenuto negli ultimi 10-15 anni a causa del dissesto di banche, delle conseguenti perdite economiche subite da risparmiatori “truffati”, ma anche i danni alla salute, dall’insonnia al vero e proprio danno biologico o psichico. Non mancano, poi, gli “amici” che, da una parte, pensano di “aiutarlo” e, dall’altra, lo fanno sentire un “deficiente” come se avesse compiuto “una fesseria”. Non manca, nemmeno, chi lo consiglia di stare “tranquillo” rassicurandolo che la banca mai sarebbe potuta fallire e fosse solo in momentanea difficoltà sottacendo, però, che la propria tranquillità derivava dall’essersi già, lui, messo al sicuro vendendo le azioni prima dell’inizio della tempesta.
Credo che il film vada particolarmente apprezzato anche per il coraggio di chi lo ha scritto, prodotto e distribuito, soprattutto in un Paese in cui spesso si avverte -pure da chi avrebbe il dovere di informare- un timore che si possa sospettare o mettere in dubbio la correttezza delle banche (finanziatrici di imprese o di giornali se non, addirittura, negli stessi c.d.a.) e, al contrario, sembra più frequente e facile vedere attribuite colpe e responsabilità in capo all’utente bancario. Un film, oltre che con una storia ispirata dalla triste e recente realtà, “coraggioso” fino ai titoli di coda preceduti, in sequenza, dalle scritte e da una dedica “Negli ultimi anni decine di miliardi di euro sono andati in fumo nei crac bancari” – “Pochi privilegiati sono riusciti a mettere al riparo i loro soldi“- “Centinaia di migliaia di persone non ci sono riuscite. Questo film è destinato a loro“.
Non nascondo che il film mi è piaciuto molto anche per ragioni “professionali”, oltre che per avere “provato”, purtroppo, da vicino, esperienze e sofferenze familiari non molto diverse a causa di gravissimi abusi bancari rimasti finora impuniti. Quale difensore, da oltre 20 anni, di utenti, ho visto e vedo, quasi quotidianamente, le difficoltà o i drammi determinati da abusi aventi un’origine diversa da quella del “risparmio tradito” -ossia, dagli addebiti illegittimi su rapporti bancari- e, dunque, da un angolo visuale differente ma con un elemento comune: quello degli irrimediabili danni non solo patrimoniali ma a vari altri diritti fondamentali della persona. Storie di imprenditori o consumatori distrutti a causa di pretese bancarie che si sono rivelate indebite, all’esito dei giudizi, fino a rivelare che il saldo era a credito piuttosto che a debito o che gli interessi richiesti erano “manifestamente usurari” e che, nel frattempo, hanno visto lo stravolgimento della propria vita, la distruzione della propria impresa e l’esclusione dal mercato, l’ingiusta perdita del patrimonio, la compromissione della propria immagine, la compromissione della vita familiare o l’insorgenza di patologie. A tale ultimo proposito, sin dal 2015, a partire dalla quinta edizione del mio manuale “Anatocismo bancario e vizi nei contratti“, ho dedicato alcuni paragrafi proprio ai danni alla salute da abusi bancari. La giurisprudenza civile, per fortuna e grazie alla competenza e serietà di tanti magistrati, è, da una parte, confortante per le innumerevoli pronunce con le quali si è rideterminata la posizione contabile o si è restituito il maltolto sebbene, dall’altra parte, non manchino, sotto alcuni profili, contrasti interpretativi della legge che nemmeno dovrebbero sussistere. Ma quanti sono gli abusi bancari rimasti impuniti? E’ possibile che, a fronte di tanti risparmiatori che hanno ingiustamente sofferto o perso i propri risparmi, o di imprenditori che hanno visto la distruzione o il fallimento della propria impresa -non potendosi dimenticare, peraltro, qualcuno che “non ha retto”, sentendo come una vergogna il non riuscire ad affrontare le necessità economiche dopo, magari, una ingiusta revoca del conto- o di quanti hanno ingiustamente perso anche la casa, a fronte perfino di pronunce civili che hanno accertato la responsabilità della banca per la perdita subita dal risparmiatore o l’illegittimità della pretesa non vi siano stati funzionari bancari severamente puniti con sentenze definitive?
Consiglio vivamente la visione di “Cento domeniche” (Regia: Antonio Albanese. Cast: Antonio Albanese, Sandra Ceccarelli, Maurizio Donadoni, Donatella Bartoli, Bebo Storti, Giulia Lazzarini, Elio De Capitani, Liliana Bottone, Carlo Ponta). Lo si può vedere ancora sulle principali piattaforme streaming: un film che spero continui ad essere visto e che faccia riflettere.