IL BLOG DI ROBERTO DI NAPOLI

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Archive for the ‘usura’ Category

La valutazione di usurarietà a prescindere dal superamento del tasso soglia. Rinvio a giudizio per il direttore generale di una banca

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 30 giugno 2013

E’ stata riportata da vari quotidiani e siti (di cui riporto i link) la notizia  del rinvio a giudizio, per il reato di usura, disposto dal Tribunale di Frosinone a carico del Direttore Generale di una banca.

Il provvedimento è stato emesso all’esito dell’udienza preliminare del 7 Giugno scorso nella quale si doveva decidere in merito alla richiesta formulata in seguito ad ordinanza di imputazione coatta emessa dal GIP dopo la terza richiesta di archiviazione (per tre volte, dunque, la persona offesa, da me assistita, aveva impugnato la richiesta del P.M.).

Ritengo che il decreto di rinvio a giudizio (allo stesso modo dell’ordinanza di imputazione coatta) sia di particolare interesse sotto il profilo giuridico, dal momento che si sono registrati vari provvedimenti coi quali, al contrario, si è disposta l’archiviazione o il non luogo a procedere a causa della ritenuta mancanza dell’elemento soggettivo (dolo) o a causa dell’errore derivato dall’avere, la banca – secondo le sue frequenti difese- seguito le Istruzioni della Banca d’Italia che suggerivano di escludere le commissioni di massimo scoperto dal calcolo del TEG (Tasso effettivo globale) applicato e dal conseguente confronto col cosiddetto tasso soglia.

Nel caso di specie, successivamente alla prima richiesta di archiviazione, il GIP, accogliendo l’opposizione proposta dalla persona offesa, oltre a disporre la rinnovazione della consulenza tecnica contabile, aveva ordinato di ascoltare a sommarie informazioni vari soggetti indicati nell’atto di opposizione. Malgrado tali ulteriori indagini, tuttavia, veniva richiesta ulteriormente l’archiviazione che veniva negata dal GIP il quale, anzi, ordinava l’iscrizione sul registro degli indagati del Direttore Generale.

Richiesta, per la terza volta, l’archiviazione, veniva formulata l’imputazione coatta ritenendo, il GIP, sussistente l’usurarietà quantomeno ai sensi dell’art. 644, terzo comma, ossia per le concrete modalità del fatto specificatamente indicate nel provvedimento. 

Il Giudice dell’Udienza preliminare, dopo avere ammesso la costituzione di parte civile e dopo avere ascoltato la difesa sia di quest’ultima che dell’imputato, lo scorso 7 Giugno ha ritenuto che la precedente ordinanza non consentisse una diversa valutazione disponendo, così, il rinvio a giudizio.

Ritengo tali provvedimenti conformi, oltretutto, a quanto previsto dall’art. 644, terzo comma, cod. pen. che oltre a sancire “La legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari“, nella seconda parte dispone che “Sono altresì usurari gli interessi, anche se inferiori a tale limite, e gli altri vantaggi o compensi che, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari, risultano comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all’opera di mediazione, quando chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di difficoltà economica e finanziaria“.

Nel caso di specie, in ogni caso, finora, secondo le indagini, il tasso di interesse è risultato superato in vari trimestri.

Riporto i link di alcuni dei siti e quotidiani che hanno riportato la notizia nonchè un mio precedente post sullo stesso caso.

Su questo stesso blog, mio precedente post:

https://ilblogdirobertodinapoli.wordpress.com/2013/04/22/usura-bancaria-dopo-tre-richieste-di-archiviazione-il-gip-ordina-limputazione-coatta-per-un-direttore-generale-di-banca/

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Anatocismo e usura: ….. e anche il Tribunale di Padova, sezione di Este, sospende la provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo ottenuto dalla banca

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 4 Maggio 2013

Nel precedente post avevo accennato all’onere -a carico della banca che abbia ottenuto il decreto ingiuntivo vantando un credito derivante dal conto corrente- di provare, nell’eventuale e successivo giudizio di opposizione, la fondatezza del credito e ad alcune ordinanze con le quali, in virtù di tale principio, il Tribunale di Roma (ord. 11 aprile 2013) ha negato la provvisoria esecutorietà ad un decreto ingiuntivo e il Tribunale di Bergamo, ord. 23 aprile 2013, (in un caso nel quale il decreto era già stato concesso con provvisoria esecutorietà) ha disposto la sospensione della provvisoria esecutorietà. Avevo ricordato, inoltre, anche le possibili conseguenze di un titolo esecutivo (cliccare qui per leggere il precedente post, oppure, scorrere in basso nella home page per trovare il post precedente)

A distanza di pochi giorni, in un caso analogo, altro provvedimento in favore del correntista. Anche il Tribunale di Padova, sezione distaccata di Este (ord. 29 Aprile 2013), ha sospeso “per gravi motivi” la provvisoria esecutorietà di cui era munito il decreto ingiuntivo ottenuto dalla “pre-potente” banca ai danni di un imprenditore veneto.

Nel caso di specie, l’impresa che aveva intrattenuto un rapporto di conto corrente con apertura di credito, nel 2011, dopo avere fatto analizzare documenti ed estratti conto da Confedercontribuenti Veneto (in particolare dai battaglieri Alfredo Belluco e Raffaella Zanellato che, da tempo, in Veneto, cercano di sensibilizzare anche le Istituzioni e l’opinione pubblica sui paradossi ai danni delle imprese nei rapporti con le banche), con l’ausilio di tale associazione chiamava la banca dinanzi ad un organismo di mediazione sostenendo, tra i vari motivi di non correttezza del saldo, l’usurarietà dei tassi applicati. L’azienda di credito non solo non aderiva alla mediazione ma, dopo pochi mesi, notificava un decreto ingiuntivo di circa 60 mila euro (ovviamente senza accennare, nel ricorso, al precedente tentativo di conciliazione avviato della stessa impresa nè alle contestazioni da questa sollevate) ottenuto provvisoriamente esecutivo e, perfino, con dispensa dall’obbligo del rispetto dei termini del precetto. Notificava il decreto sia nei confronti dell’impresa che del fideiussore. Ma non solo: in virtù del titolo interveniva in una procedura esecutiva.

Proposta opposizione, tra le varie eccezioni con le quali l’imprenditore da me difeso ha contestato il credito chiedendo, al contrario, il risarcimento dei danni subiti è stata rilevata l’usurarietà degli interessi ed oneri applicati nonchè l’illegittima capitalizzazione trimestrale (pur essendo il rapporto successivo al 2000), la nullità delle c.m.s., ecc. .

Malgrado la difesa della banca, supportata da una consulenza tecnica contabile (la cui metodologia e formule applicate, ad avviso della difesa dell’imprenditore, non erano quelle corrette) il giudice, tuttavia, all’esito dell’udienza del 29 Aprile, ha accolto l’istanza di sospensione sulla quale insisteva l’imprenditore da me patrocinato. Ritenuta la sussistenza di gravi motivi“, pertanto, ha dichiarato il Tribunale di Padova, sez. distacc. Este, “sospende la provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo opposto. E’ evidente che la banca, che era intervenuta in una procedura esecutiva, ora, non avendo più il titolo esecutivo, dovrà attendere l’esito del giudizio con l’accertamento della corretta posizione contabile.

Tribunale di Padova, sez. distaccata di Este, ord. 29 Aprile 2013;

Tribunale di Bergamo, ord. 23 Aprile 2013;

Tribunale di Roma, ord. 11 Aprile 2013.

********

E’ appena uscita, nelle librerie giuridiche, la IV edizione del mio volume “Anatocismo e vizi nei contratti bancari” edito da Maggioli Editore.

Cliccare sul seguente link per leggere la recensione o per ordinarlo on line dal sito della casa editrice

(http://ordini.maggioli.it/clienti/product_info.php?products_id=9167&osCsid=4mt319r2uiiokftu6j39g1ea76)

Anatocismo e vizi nei contratti bancari, IV edizione, 2013

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Sequestro da oltre 10 milioni di euro a carico di un indagato per usura. Uno degli immobili fu venduto dal Tribunale. Quando una seria normativa sulla provenienza delle somme offerte nelle aste giudiziarie?

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 21 aprile 2013

La notizia riportata su Lecce Prima non può che contribuire a dare fiducia alle vittime di usura. Pur se si dovesse giungere ad una sentenza di condanna, non la ritengo, però, una completa vittoria della Giustizia. Non si considera, infatti, che uno dei vari immobili acquistati dall’indagato e, ora, sequestrati gli fu venduto proprio …. dal Tribunale nell’ambito di una controversa e complessa procedura fallimentare a carico dell’A.Mer.co. s.r.l. che, oltre a proporre opposizione, aveva denunciato la banca istante il fallimento per usura bancaria oltre che proposto vari procedimenti contro le decisioni degli organi fallimentari.

L’ immobile, della cui vendita giudiziaria (a prescindere dalle varie opposizioni e denunce) fu data notizia solo su un sito internet e su alcuni quotidiani locali (sito a Taviano, piccola località della provincia di Lecce confinante con Gallipoli, doveva essere destinato ad una moderna struttura sanitaria con prestazioni in day hospital), venne aggiudicato a circa duecentocinquantamila euro proprio al soggetto, ora, indagato.

Ritengo assurdo che pur essendo previsti, come è noto, a carico dei professionisti, vari obblighi in virtù della normativa antiriciclaggio o vari adempimenti cui sono tenuti gli imprenditori quando, ad esempio, partecipano ad appalti (penso, ad esempio, alla normativa antimafia), si consenta a chiunque di partecipare alle aste giudiziarie senza che ci sia alcun controllo sulla provenienza delle somme.

Per leggere l’articolo su Lecce Prima, Indagato per usura, sequestro da 10 milioni di euro ad un imprenditore immobiliare, cliccare qui;

Sul “caso Di Napoli”, anche:

Contestati tassi da usura, a processo ex amministratore della Bpp

http://www.lecceprima.it/cronaca/contestati-tassi-da-usura-a-processo-ex-amministratore-della-bpp.html;

Servizio TG5- Indignato Speciale del 6 Novembre 2007 (il paradosso della decisione del Commissario Straordinario del Governo per la lotta all’usura -nel caso di specie emessa da tale Carlo Ferrigno, ora, a quanto pare, in carcere se è vero quanto riportato al seguente link http://torino.repubblica.it/cronaca/2012/11/14/news/l_ex_prefetto_ferrigno_in_carcere_a_torino-46621613/– fu superato dalla sentenza emessa dal TAR Puglia del 22 Febbraio 2008 che dando ragione al ricorrente Luigi Di Napoli, ad oggi, tuttavia, come in altri paradossali casi di imprenditori vittime, non è stata ancora eseguita dalla Pubblica Amministrazione) nonchè il post del 7 Novembre 2007 su questo mio blog (cliccare qui)

Per un servizio di Libero Reporerter con una dettagliata sintesi, sia pure aggiornata a qualche anno fa, su “il caso Di Napoli”, cliccare qui

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Il Ministro degli Interni dovrebbe chiedere scusa ai cittadini e, soprattutto, alle vittime di usura e racket. Dal sito TG COM 24: Sos racket e usura, il presidente si dà fuoco

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 6 febbraio 2013

Non conosco personalmente Frediano Manzi ma la lettura della triste notizia mi fa immaginare lo stato di disperazione in cui, evidentemente, si trovava.

Avendo visto da vicino, anche nella mia famiglia, i paradossi cui si può trovare una vittima di usura o di estorsione che, confidando nella legge, denuncia l’usuraio o l’estorsore (criminale o bancario) senza ricevere i benefici previsti dalla normativa esistente e, magari, trovandosi coi processi a carico degli imputati pendenti dopo oltre dieci anni, con l’impresa distrutta o coi beni, di fatto, venduti su istanza degli stessi imputati, è, quantomeno, dal 2007 che, anche su questo mio blog, ho manifestato spesso la mia opinione sulla scarsa tutela da parte dello Stato.

Quale difensore di varie vittime, poi, ho, più volte, evidenziato il paradosso del numero di persone che continuano a rivolgere  ai giudici amministrativi per ottenere l’annullamento di decreti emessi dal Commissario Straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket: struttura -i cui costi gravano, ovviamente, sui contribuenti- che, anche in virtù della particolare competenza in materia che, ai sensi della legge 108/96, dovrebbe avere il Commissario Straordinario, dovrebbe aiutare le vittime senza costringerle, a causa di provvedimenti di diniego illegittimi, a rivolgersi ai giudici per ottenere sentenze che nemmeno vengono puntualmente rispettate! (cliccare qui per leggere un mio precedente post: Ma è possibile che si deve ricorrere al giudice contro una struttura appositamente istituita a tutela delle vittime? Un’altra sentenza del Tar in favore di una vittima di usura colpita da depressione e ictus)

Ritengo assurdo, poi, che, con l’aumento di episodi di usura e racket e della disperazione delle persone che si trovano in difficoltà, il numero verde (80099900) sia funzionante solo dal Lunedì al giovedì dalle ore 9 alle 19 mentre, il venerdì e i giorni prefestivi, addirittura, fino alle 14. E se una persona è disperata e non sa come arrivare alla mattina successiva, oppure, se, dopo avere denunciato e richiesto i benefici previsti dalla legge, vuole essere aggiornato sullo stato della procedura e avere speranze o parole di conforto, che fa? aspetta l’indomani? si appunta il messaggio registrato del numero verde? Questa è la tutela??? Vergogna: da cittadino lo ritengo indegno di un Paese civile!!!

Quanto costerebbe assumere e pagare due persone, magari giovani o psicologi, che, anche da casa o da uffici periferici, con un collegamento col server della struttura, possano rassicurare chi è in difficoltà incentivandolo ad avere pazienza fino all’indomani o, nei casi più gravi, coordinarsi con le Forze dell’Ordine o con le prefetture? Credo che costerebbe pochissimo rispetto ai tanti sprechi esistenti e nei quali questo Paese sembra affogare!

Se, poi, sono vere le notizie diffuse sui media e ancora presenti su internet, credo, poi, che il Ministro degli Interni debba chiedere scusa a tutti i cittadini e, soprattutto, alle vittime di usura e di estorsione per un fatto ancora più grave: il fatto che tra i vari Commissari Straordinari antiusura ed antiracket ce ne sia stato uno (autore anch’esso di un “capolavoro” di provvedimento ovviamente, poi, annullato dal TAR), forse, un pò “confuso” e che, condannato per i delitti, a mio avviso, più riprovevoli, sta scontando la pena in carcere (cliccare qui per leggere la notizia pubblicate sul sito Il Fatto quotidiano o qui altra più recente) e un altro -sempre che la sentenza pubblicata su internet non sia stata annullata- condannato della Corte dei Conti per danni all’erario.

Credo che possa bastare per intervenire urgentemente e assicurare l’efficiente funzionamento di una struttura che, a mio avviso, in circa quindici anni di attività, non ha dato il miglior esempio di efficienza e tutela delle vittime che devono essere ascoltate, aiutate e non lasciate nella disperazione.

Sos racket e usura, il presidente si dà fuoco – Cronaca – Tgcom24.

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Convegno del Movimento 5 Stelle di San Benedetto del Tronto su “Usura bancaria: cosa fare, come proteggersi”

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 17 novembre 2012

Onorato dell’invito, questo pomeriggio, a partire dalle 17, interverrò in videoconferenza al convegno organizzato dal Movimento 5 Stelle di San Benedetto del Tronto sul tema “Usura bancaria: cosa fare, come proteggersi“.

L’evento è trasmesso in diretta streaming dal sito del Movimento 5 Stelle di San Benedetto del Tronto (si può  vedere il video sotto al presente post oppure cliccando qui)

Riporto il link del sito del Movimento dove è possibile leggere l’oggetto dell’incontro (cliccare qui).

Ringrazio il relatore sig. Emidio Orsini (segretario di “Delitto d’usura”), il sig. Riego Gambini, consigliere comunale e lo staff del Movimento 5 Stelle di San Benedetto del Tronto per avermi invitato. Spero di dare un contributo utile alle vittime degli abusi bancari.

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Dal sito Diritto.it- Il mancato “parere favorevole” del P.M. non preclude la provvisionale all’imprenditore-vittima di estorsione da parte del Commissario Straordinario del Governo (TAR Campania, Napoli, n. 2612/2012)

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 9 novembre 2012

Riporto il link di un mio modesto lavoro pubblicato oggi sul sito Diritto.it e che spero, con le note e i riferimenti giurisprudenziali, possa essere utile.

Per leggere cliccare suIl mancato “parere favorevole” del P.M. non preclude la provvisionale all’imprenditore-vittima di estorsione da parte del Commissario Straordinario del Governo (TAR Campania, Napoli, n. 2612/2012) :: Diritto & Diritti.

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La banca si appropria di 135 mila euro e ingiunge di pagarne altri 43 mila ad un imprenditore che si oppone: ne restituisce 285 mila.

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 9 ottobre 2012

Difendendo, da anni, varie vittime di abusi bancari, ho sempre ritenuto che il problema cui sono costretti gli imprenditori non è solo il diniego o la difficoltà nell’accesso al credito, bensì, l’assurdità di doversi, spesso, difendere da pretese non dovute avanzate da banche che si preoccupano, ad esempio, di richiedere il pagamento del saldo del conto corrente senza previamente “depurarlo” da quegli addebiti che, con continuità da circa 15 anni, la giurisprudenza (dai giudici di merito alla Corte di Cassazione fino alla Corte Costituzionale) riconosce non dovuti o senza previamente verificare se, in qualche trimestre, si è oltrepassato il cosiddetto tasso soglia antiusura. Quasi sempre il motivo della revoca del conto corrente o del decreto ingiuntivo notificato all’imprenditore è il mancato pagamento del saldo debitore vantato dalla banca. E’ noto che –soprattutto quando si tratta di rapporti instaurati molti anni prima– all’esito dei giudizi cui l’imprenditore è costretto (ad esempio per difendersi, come accennavo, da decreti ingiuntivi o anche in cause promosse dallo stesso correntista), spesso, quel saldo si rivela inferiore alla pretesa originariamente vantata o, come è successo in vari casi, addirittura, inesistente con il diritto del correntista ad avere la restituzione di quanto pagato nel corso del lungo rapporto. Ho accennato spesso, su questo mio blog (oltre che su alcune mie modeste pubblicazioni), ai paradossi che, però, l’imprenditore è costretto a subire a causa di ingiuste segnalazioni alla Centrale dei Rischi della Banca d’Italia e, soprattutto, a causa dei noti tempi della giustizia affinché si pervenga ad una sentenza.

Pur dovendo costituire la normalità stupisce, quindi, vedere una banca che, “fatti bene i conti”, si ravveda e -non proprio  spontaneamente ma senza nemmeno costringere ad un lungo giudizio- restituisca il maltolto. Nel caso di un imprenditore da me recentemente assistito, la banca che si asseriva creditrice di circa 170 mila euro …. ne ha restituiti 280 mila. 

Nel Dicembre 2011, un piccolo industriale veneto si rivolgeva ad alcuni battaglieri imprenditori (poi riunitisi, con Alfredo Belluco e Raffaella Zanellato, nello studio “Robin” in provincia di Padova) che, da qualche anno, assistono chi è vittima di ingiuste pretese. Esaminati i rapporti di conto corrente da un commercialista, decurtando dal saldo vantato dalla banca gli importi addebitati a causa di anatocismo, commissioni di massimo scoperto, interessi oltre il tasso soglia antiusura, ecc., risultava un credito pari a circa 300 mila euro in favore dell’utente il quale, tuttavia, dopo avere chiamato la banca dinanzi ad un organismo di mediazione, non solo si vedeva rifiutata ogni soluzione transattiva, ma, dopo qualche giorno, si vedeva notificato un decreto ingiuntivo per circa 40 mila euro nei confronti suoi e dei parenti fideiussori. La banca, dunque, non solo negava il credito vantato dall’imprenditore ma si riteneva essa stessa creditrice per circa 170 mila euro di cui oltre 43 mila erano oggetto del decreto ingiuntivo notificato e degli altri 135 mila se ne era già appropriata escutendo un pegno concesso a garanzia di un altro rapporto (che nulla c’entrava col  conto corrente). Insomma, a fronte dei circa 300 mila richiesti dal correntista quale suo credito derivante dagli importi eccessivi pagati nel corso del lungo rapporto (iniziato oltre quindici anni fa), la banca se ne era appropriata di circa 135 mila richiedendone, ancora, circa 43 mila altre con decreto ingiuntivo e segnalando “a sofferenza” presso la Centrale Rischi il presunto credito.

Costretto a proporre opposizione avverso il decreto, l’imprenditore da me difeso ha eccepito le varie ragioni di illegittimità ed infondatezza del credito ingiunto e richiesto, non solo, la restituzione degli importi accertati dal commercialista cui si era rivolto (pari a circa 300 mila euro) ma anche il risarcimento dei danni derivanti dall’indebita segnalazione del proprio nominativo presso la Centrale dei Rischi della Banca d’Italia.

A fine Agosto, dopo qualche mese di trattativa, si è raggiunto un accordo: l’imprenditore ha rinunciato a proseguire nel giudizio di opposizione -rimettendo, altresì, la querela per appropriazione indebita che aveva proposto- e la banca che si vantava creditrice, fatta esaminare evidentemente la consulenza e valutate le pretese ed eccezioni opposte dall’imprenditore, ha rinunciato al decreto ingiuntivo, restituito l’importo del pegno che aveva escusso nonché una somma ulteriore a titolo di composizione stragiudiziale per quanto illegittimamente addebitato nel corso del rapporto. A fronte, quindi, delle oltre 170 mila euro vantate …. ne ha restituite 285 mila.

Credo che se tutte le banche, rinunciando a persistere in quelle pretese riconosciute illegittime dalla legge e dalla giurisprudenza, facessero i conti coi corretti criteri metodologici e si impegnassero nel trovare delle soluzioni rispettose dei reciproci diritti ed interessi, restituendo quanto indebitamente trattenuto o rinunciando a quanto non è loro dovuto, ne trarrebbe beneficio l’intera economia e, probabilmente, risparmierebbero dal momento che eviterebbero di pagare, sia pure all’esito dei giudizi, importi maggiori e non si esporrebbero ad ulteriori giudizi per risarcimento dei danni.

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Troppo breve il termine, per la persona offesa, per opporsi alla richiesta di archiviazione.Urge l’esame e approvazione del disegno di legge da 2 anni in Commissione Giustizia della Camera dei Deputati

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 27 giugno 2012

Due anni fa, parlando con amici -colleghi professionisti ed imprenditori che, da anni, come me, si occupano di difesa dall’usura e dagli abusi bancari- di alcune anomalie o lacune normative concordammo su alcune auspicabili modifiche che potrebbero scongiurare o alleviare i danni causati da decreti ingiuntivi ottenuti da banche per crediti che, all’esito dell’eventuale giudizio di accertamento, si rivelano inferiori a quanto vantato (se non proprio insussistenti) o da ingiuste segnalazioni alla Centrale Rischi della Banca d’Italia.

Ricordai, inoltre, le difficoltà che le persone offese o i loro difensori, in ogni procedimento penale per qualsivoglia reato, incontrano nel momento in cui ritengano di opporsi all’eventuale richiesta di archiviazione formulata dal P.M. .

1: la norma di cui all’art. 408 cod. proc. pen. prevede che nel termine di 10 giorni dalla notifica della richiesta di archiviazione, la persona offesa ha facoltà di prendere visione degli atti e presentare opposizione al GIP; tale disposizione, però, a differenza dell’art 409, secondo comma, c.p.p. che dispone che, fino all’udienza camerale davanti al GIP (dunque, una volta che questa sia fissata in seguito a rituale opposizione) gli atti sono depositati presso la cancelleria con facoltà anche di estrarre copia (“Fino al giorno dell’udienza gli atti restano depositati in cancelleria con facoltà del difensore di estrarne copia“), per una possibile lacuna del legislatore del 1988 (?), disporrebbe, nella sua formulazione letterale, solo che si può prendere visione e non anche estrarre copia. E’ evidente, tuttavia, che al fine di un’efficiente difesa, nella maggior parte dei casi, non è possibile limitarsi a prendere visione in una scomoda (se non anche chiassosa) segreteria del P.M. ma sarebbe necessario estrarre copia degli atti al fine di esaminarli. In varie Procure della Repubblica, a dire il vero, è consentita la richiesta di copie; in altre, invece, è negata.

2: il termine di dieci giorni, a maggior ragione se si considera la suddetta, incomprensibile impossibilità di avere copia degli atti, è, di certo, troppo breve per consentire un’efficiente e serena difesa. Entro tale termine, tra l’altro, la persona offesa dovrebbe (oltre che trovare un difensore nel caso in cui voglia avvalersene): esaminare o far visionare gli atti (in Procura, ovviamente, se non si è consentito avere copia); redigere (o far redigere) l’atto di opposizione con indicazione specifica dei motivi di opposizione e delle ulteriori indagini che si richiedono nonchè, ovviamente, depositare l’atto.

3: l’ordinanza con la quale, in seguito alla discussione nell’eventuale udienza camerale, si dispone l’archiviazione è ricorribile in Cassazione solo nei casi di nullità di cui all’art. 127, quinto comma, cod. proc. pen. 

Esposte ad un deputato (On. Scilipoti) le opportune modifiche e apprezzata la sua sensibilità, coordinai un gruppo di lavoro e, dopo qualche giorno, presentammo una bozza di proposta. Il disegno di legge avrebbe previsto, in caso di notifica di richiesta di archiviazione, l’aggiunta della facoltà di estrarre copie da parte della persona offesa; la modifica dell’art. 408 c.p.p. e del termine  per potere presentare opposizione alla richiesta di archiviazione con conseguente innalzamento degli attuali 10 giorni a 30; la modifica dell’art. 409, ultimo comma, con conseguente possibilità di proporre ricorso in Cassazione avverso l’eventuale ordinanza di archiviazione. 

I disegni di legge, firmati da vari deputati (primo firmatario: Scilipoti), furono presentati ed assegnati alla Commissione Giustizia della Camera dei Deputati ma, dal 3 Giugno 2010 ad ora, mai sono stati esaminati o discussi (cliccare qui per leggere il testo del pdl 3523 per la modifica dell’art. 50 Testo Unico Bancario e qui per leggere il testo della proposta n. 3526 in materia di modifiche alle norme in materia di opposizione alla richiesta di archiviazione).

Credo si tratti di modifiche necessarie ed opportune al fine di salvaguardare ogni diritto ed interesse delle persone offese da qualsivoglia reato che, nel ristretto termine di 10 giorni, con grandissime difficoltà riescono a proporre un’effettiva difesa al fine di opporsi alla richiesta di archiviazione, tanto più se non possono nemmeno avere copia degli atti a causa di una disposizione, secondo me, irragionevole, incompatibile col principio del giusto processo di cui all’art. 111 Cost, oltre che contraddittoria dal momento che l’art. 409, secondo comma, già consentirebbe di estrarre copia degli atti prima dell’udienza dinanzi al GIP.

Spero, quindi, che tutti gli altri parlamentari -di ogni schieramento- comprendano l’opportunità delle suddette modifiche e accelerino l’iter in Commissione Giustizia al fine di giungere ad una rapida approvazione.

Riporto il link del post relativo ad alcune importanti modifiche proposte e fatte approvare dall’efficiente on. Rita Bernardini in seguito ad alcuni miei suggerimenti e confluite nella legge 3/2012 (cliccare qui)

Posted in appelli, disegno legge centaro modifica n, fainotizia, giustizia giusta, petizioni, Proposte di legge, raccolta firme, rita bernardini, scilipoti, solidarietà, stato di diritto, stato sociale, sui termini opposizione richiesta archiviazione, sulla possibilità di estrarre copia ai fini dell'opposizione richiesta archiviazione, usura, usura ed estorsione bancaria, vittime | Contrassegnato da tag: , , | Leave a Comment »