IL BLOG DI ROBERTO DI NAPOLI

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Archive for the ‘stato di diritto’ Category

Carceri già sovraffollate:uno spreco mettere in cella Corona.E se si dovessero accertare colpe dei responsabili dello scandalo MPS? Non sarebbe stato meglio ….

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 27 gennaio 2013

POVERO FABRIZIO CORONA!

Avevo postato proprio ieri alcune mie (forse, pur banali) considerazioni sulle condizioni di salute di Tanzi e sulla compatibilità col regime carcerario. Leggendo le notizie di questi giorni (o meglio, ciò che i media tradizionali scrivono o raccontano)  su Corona e sullo scandalo MPS mi è venuto, però, spontaneo pensare che chi effettivamente, a mio avviso, ha distrutto l’economia, chi ha fatto danni ben più gravi, in questo Paese non paga mai (anzi, magari, può pure diventare Ministro). Faccio una premessa: non legittimo nè giustifico la condotta di Corona nè di chiunque altro compia un reato o che rubi pure un centesimo. A me, però, a questo punto, dopo avere letto di scandali maggiori, di Corona dispiace per vari motivi. Primo: perchè, in genere, mi fanno pena tutti gli sbruffoni che, pure se milionari, considero dei poveracci in quanto non hanno la fortuna di avere un minimo di intelligenza, sensibilità e capacità di sorridere anche senza soldi. Secondo: perchè (se ho capito bene) sta scontando la pena per il reato di estorsione per avere minacciato la pubblicazione di una fotografia se non avesse avuto 25.000 euro  da un calciatore (il cui sudore per guadagnare quella somma -una briciola rispetto a stipendi ultramilionari che già fanno discutere- è ben diverso da quello dei comuni mortali che 25mila euro magari non li vedono nemmeno in un anno). Tutti i “saggi benpensanti” (milioni quelli che pontificano su facebook o internet) oltre a conduttori in tv o giornalisti di questo straordinario Paese di mer…aviglie lo denigrano per avere minacciato la pubblicazione se non avesse avuto quella somma ma non hanno il coraggio di manifestare altrettanto sdegno per Mussari o per i vertici di MPS che i soldi li hanno avuti direttamente con conseguenti perdite ad azionisti oltre che ai cittadini. Se dovessero essere accertate le responsabilità di quanti hanno causato il disastro MPS vorrei vedere in galera anche questi nella cella accanto a Corona ma ben sorvegliati. Ci sarebbe il pericolo che lo possano prendere in giro o, magari, umiliarlo per avere preteso 25mila euro e che gli insegnino come fotterne aggiungendone, almeno, 3 zeri in più. Povero Corona! Col noto sovraffollamento delle carceri, sarebbe stato meglio non sprecare una cella e lasciarne libera una in più per sbatterci dentro chi ha distrutto questo Paese (visto che, probabilmente, già non basterebbe un edificio). Se è vero che la funzione della pena dovrebbe essere quella della riabilitazione del condannato e se si volesse tutelare il diritto alla salute fisica e psichica, la mia opinione è che, per Corona, sarebbe stata più appropriata la scelta di una misura alternativa al carcere.

Pubblico il link della notizia di TG COM: Corona, lappello della madre a Napolitano”Chiedo ai politici che aiutino mio figlio” – Cronaca – Tgcom24.

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Tanzi cade in cella, ricoverato in ospedale – Cronaca – Tgcom24

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 26 gennaio 2013

Non entro nel merito delle responsabilità ma, di certo, in Italia, la pena di morte è vietata e la Costituzione prevederebbe il diritto alla riabilitazione del condannato, alla tutela della salute oltre che della vita. Una persona non può e non deve morire in carcere, se ci sono altre possibilità di scontare la pena in luoghi più adatti. Credo, tra l’altro, che Tanzi sia colpevole non più delle banche di cui non mi risulta che alcun responsabile abbia fatto un solo giorno di carcere o di arresti domiciliari o di obbligo di dimora o di divieto di espatrio.  

Tanzi cade in cella, ricoverato in ospedale – Cronaca – Tgcom24.

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La fortuna dei due “marò”: accusati di omicidio ma accolti con tutti gli onori. Viva l’Italia!

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 22 dicembre 2012

Ecco -tra i vari motivi- perchè questo Paese fa ridere il resto del mondo. Rispetto sempre il principio di non colpevolezza ma ritengo inconcepibile che un Capo dello Stato riceva due marò -per il momento- accusati di omicidio e che La Russa, addirittura, offra di candidarli. Due veri eroi non avrebbero dovuto avere paura di farsi processare in un altro Stato. Sono loro, tra l’altro, che hanno scelto quel mestiere che, come tanti, non è esente da rischi. Perchè, quando si scelgono missioni all’estero (a cui non sempre, se non sbaglio, i militari sono costretti ma, anzi, talvolta, vengono scelte per “altri motivi”), devono, poi, pagare i contribuenti il loro rientro? Ma, soprattutto: perchè i marò non si fanno processare? La mia personale opinione è che due marò, non dico eroi ma con un normale senso civico, a mio avviso, se ne sarebbero dovuti andare a casa -zitti, zitti- ricordando al Presidente della Repubblica che, forse, sarebbe stato il caso di attendere una definitiva chiarezza sulla loro condotta prima di visitare il Quirinale; rassicurando di rimborsare, un giorno, i costi sostenuti per il rientro (potrebbero, nel frattempo, concedere ipoteca sulla loro casa a beneficio della Repubblica Italiana) e, nel frattempo, ringraziando i poveri italiani e il Bel Paese. Ricordo, qualche anno fa, la storia di un cittadino disperato per il figlio che, partito in un viaggio, si era ritrovato detenuto (anche in quel caso, mi pare, in India) con l’accusa di spaccio di droga (grave, se vera, ma sempre di minore gravità rispetto ad un omicidio; cliccare qui per leggere una sintesi di quella vicenda): spese, credo, decine di migliaia di euro per andare a trovare il figlio e supplicò i vertici e i massimi rappresentanti delle Istituzioni. E i marò? Credo (e spero) che siano innocenti ma, finchè non si avrà certezza, per me lo sono non di più di tanti altri detenuti (per qualsiasi reato meno grave di un omicidio) in attesa di sentenza definitiva: i “marò” -anzi, per non generalizzare, quei due marò- li ritengo solo più fortunati! Viva l’Italia: tanto nessuno se ne accorge e i cittadini non si lamentano, soprattutto in questo periodo, impegnati a pensare alle partite di calcio, al panettone e ai regali natalizi. Gli indiani capiranno.

Riporto il link di TGCOM 24, uno dei tanti quotidiani on line nazionali con la notizia dei “festeggiamenti”: Roma, i due marò sono tornati in Italia – Cronaca – Tgcom24.

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Mediazione obbligatoria incostituzionale: la motivazione della sentenza

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 7 dicembre 2012

E’ stata pubblicata la motivazione della sentenza con la quale la Corte Costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità del d.lgs 28/2010 nella parte in cui prevedeva l’obbligatorietà della mediazione. Con un comunicato stampa del 24 Ottobre scorso, era stato già comunicato il dispositivo, seguito, dopo pochi giorni, da vari (e vani) tentativi di reinserire  emendamenti, in alcune leggi di conversione di decreti legge, al fine di salvare l’obbligatorietà della mediazione.

Ieri 6 Dicembre è stata pubblicata la sentenza. Appare, tra l’altro, significativa la motivazione della pronuncia laddove, al contrario di quanto sostenuto, specialmente, dagli organismi di mediazione, viene precisato che dalla legislazione dell’UE non si desume “alcuna esplicita o implicita opzione a favore del carattere obbligatorio dell’istituto della mediazione“.

Considerata la celerità e l’insistenza con cui gli organismi di mediazione hanno auspicato -prima ancora che venisse pubblicata la motivazione della pronuncia della Corte- la reintroduzione dell’obbligatorietà e vista “l’efficienza” di quei parlamentari che si sono manifestati subito disponibili a presentare emendamenti (poi non approvati) che, a mio avviso, erano invocati dalle grandi società ma, probabilmente, non dai cittadini a conoscenza dei costi, non è irragionevole aspettarsi ulteriori tentativi di reintrodurre la mediazione obbligatoria.

Personalmente, non sarei del tutto contrario ma, di certo, non con i costi proibitivi che erano stati previsti (si ricorda, ad esempio, che nei rapporti tra utente e gestore dei servizi di telefonia, da tempo, è previsto il tentativo di conciliazione dinanzi ai Corecom o alle Camere di commercio ma senza oneri a carico del cittadino); riterrei necessario, poi, che i mediatori siano esperti delle materie oggetto del procedimento, che sia prevista l’assistenza dei difensori e diverse (rispetto a quelle che erano state previste nella legge ormai dichiarata incostituzionale) le materie.

Per ora, comunque, la mediazione di cui all’art. 5, primo comma, del d.lgs. 28/2010 è incostituzionale e resta, quindi, solo facoltativa.

Riporto di seguito il link del sito Leggi Oggi con il testo della sentenza della Corte Costituzionale 6 Dicembre 2012 n. 272 Mediazione. Sentenza Corte Costituzionale n.272/2012.

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Risarcimento per durata eccessiva del processo: Ministero della Giustizia condannato anche al risarcimento dei danni per mancata esecuzione della sentenza

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 24 novembre 2012

Riporto il link di un’interessante, recente pronuncia emessa dal TAR Lazio (sede di Roma, sent. 24 Ottobre 2012, n. 8476) che ha condannato il Ministero della Giustizia anche al risarcimento del danno derivante dalla mancata esecuzione della sentenza con la quale era stata accolta la domanda di equa riparazione per la durata eccessiva di un processo (ex legge “Pinto”).

Una pronuncia di grande interesse, tra l’altro, per avere interpretato restrittivamente -o, meglio, disapplicato- il limite normativo (ex art. 3, comma settimo, l. 89/2001) derivante dalle “risorse finanziarie”.

Una “lezione”, a mio avviso, per quei politici o cosiddetti “tecnici” che vorrebbero scrivere leggi dimenticando, spesso, i principi costituzionali o i diritti fondamentali tutelati anche dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.

Processo, eccessiva durata, indennizzo, termine, titolo esecutivo, ritardo, danno.

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Convegno del Movimento 5 Stelle di San Benedetto del Tronto su “Usura bancaria: cosa fare, come proteggersi”

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 17 novembre 2012

Onorato dell’invito, questo pomeriggio, a partire dalle 17, interverrò in videoconferenza al convegno organizzato dal Movimento 5 Stelle di San Benedetto del Tronto sul tema “Usura bancaria: cosa fare, come proteggersi“.

L’evento è trasmesso in diretta streaming dal sito del Movimento 5 Stelle di San Benedetto del Tronto (si può  vedere il video sotto al presente post oppure cliccando qui)

Riporto il link del sito del Movimento dove è possibile leggere l’oggetto dell’incontro (cliccare qui).

Ringrazio il relatore sig. Emidio Orsini (segretario di “Delitto d’usura”), il sig. Riego Gambini, consigliere comunale e lo staff del Movimento 5 Stelle di San Benedetto del Tronto per avermi invitato. Spero di dare un contributo utile alle vittime degli abusi bancari.

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Il ministro partecipa all’assemblea della società sua e dei fratelli e compra un altro albergo? E che fine hanno fatto tutti quelli che protestavano e scendevano in piazza contro Berlusconi e i conflitti di interesse?

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 24 ottobre 2012

L’anno scorso, all’indomani della nascita del Governo Monti, molti si domandavano se non ci fossero conflitti di interesse col mondo bancario considerate le cariche ricoperte, in passato o fino al giorno prima, da molti ministri. Ricordo che ad una puntata di Porta a Porta, Passera, apparendo quasi stupito o infastidito, fece capire l’infondatezza di qualsivoglia dubbio in merito a potenziali conflitti di interesse essendo stato amministratore delegato di Intesa SanPaolo. Mi pare che rispose di avere venduto le azioni e che, comunque, …… aveva giurato (ricordo che sorrisi nel sentire una tale giustificazione; per questo principio, quindi, è sufficiente che un ministro abbia giurato per godere di un “dogma” sulla sua infallibilità e santità).

Dopo un anno, leggo l’articolo di Italia Oggi sulla partecipazione del ministro dell’economia e sviluppo all’assemblea della società di cui detiene il 33% delle azioni e che compra un altro albergo (cliccare qui per leggere l’articolo “Gli alberghi dei Passera passano da due a tre”). Mi domando: cosa ne pensano tutti i “moralisti” che, fino a ieri, non facevano altro che protestare contro i conflitti di interesse di Berlusconi? Non scendono più in piazza? Hanno perso la parola? Sarebbero questi i “tecnici e salvatori della patria”? Come diceva Totò ….. “ma mi faccia il piacere”!

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Un giudizio durato quasi 18 anni. Ancora una volta, condannato il Ministero della Giustizia per durata eccessiva del processo

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 5 agosto 2012

Con il d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito in legge in seguito all’approvazione da parte del Senato lo scorso 3 Agosto (non ancora pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale alla data in cui scrivo il presente post *), sono state introdotte alcune modifiche alle norme di cui alla legge 89/2001 (cosiddetta legge Pinto) che disciplina la procedura per ottenere il risarcimento per la durata eccessiva dei processi. Le modifiche, -che, dalla lettura dell’art. 55, comma 2, dovrebbero divenire efficaci a decorrere dal trentesimo giorno dall’entrata in vigore della legge di conversione- riguardano, principalmente, l’iter (che si svolgerà, in sostanza, in modo simile ad un procedimento per decreto ingiuntivo e con le garanzie del contraddittorio dal momento che sarà pur sempre possibile un giudizio di opposizione che si svolgerebbe secondo le norme dei procedimenti camerali ex art. 737 e segg. cod. proc. civ.) nonché alcuni casi di inammissibilità ed improcedibilità; la lettura di alcune norme, tuttavia, a mio avviso, lascia la sensazione che desiderio del legislatore (per fortuna, difficile da realizzarsi in virtù di quanto imposto dalla Corte Europea dei diritti dell’Uomo), fosse, in realtà, quello di rendere più difficile l’ottenimento dei rimborsi che, ogni anno, raggiungono importi abbastanza significativi per le casse dello Stato. E’ impossibile, d’altronde, pensare che si possa completamente ostacolare il diritto del cittadino ad ottenere l’indennizzo per la durata eccessiva del processo. Ricordo, infatti, che l’Italia è già stata condannata più volte dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo proprio per i ritardi nella “giustizia” e la disciplina normativa di cui alla legge 89/2001, ossia le previsioni finalizzate a concedere un rimborso ai cittadini vittime di una giustizia troppo lenta, non è stata “un’invenzione” frutto della sensibilità dei politici di fronte ai disagi dei cittadini, bensì, un obbligo, di fatto, imposto dalla Corte Europea che lo Stato, di certo, non può eludere. 

Se l’ammontare dei risarcimenti a cui lo Stato è condannato dai giudici è di entità tale da avere indotto, probabilmente, il governo ad intervenire con una legge nel tentativo di porre qualche limite alle domande (secondo quanto affermato nell’art. 55, comma 1 del disegno di legge di conversione del decreto legge sopramenzionato, i relativi oneri per la finanza pubblica sarebbero stati di 200 milioni di euro per il 2011; “La modifica normativa ha quindi una diretta e significativa incidenza sul contenimento della spesa pubblica”, come espressamente sancito nel disegno di legge), rattrista, comunque, vedere il Governo e il Parlamento preoccupati, come sempre, più per le casse dello Stato che per i diritti fondamentali della persona: come se il cittadino già danneggiato nell’ottenere una sentenza dopo dieci o vent’anni fosse felice nel chiedere il risarcimento o guadagnasse dall’ottenimento della somma a carico del Ministero della Giustizia. E’ evidente che altri sono gli sprechi e ben altri sarebbero, soprattutto, i rimedi per contribuire ad una giustizia, al tempo stesso, celere ma rispettosa del contraddittorio e non sommaria. Non va dimenticato, oltretutto, che il diritto alla durata ragionevole del processo è protetto costituzionalmente dall’art. 111 oltre che dall’art. 6 della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali.

Conforta, quindi, continuare ad assistere ad una fedele e corretta applicazione della legge Pinto -e dei criteri ricordati dalla giurisprudenza sia nazionale che comunitaria- da parte dei giudici che non hanno timore a condannare lo Stato in presenza di una ingiusta lesione, ai danni del cittadino, del diritto-interesse ad ottenere la definizione del giudizio nel tempo ritenuto congruo secondo la complessità del procedimento.

Riporto di seguito una recente pronuncia della Corte d’Appello di Napoli che ha condannato il Ministero della Giustizia a risarcire circa quattordicimila euro (precisamente, € 13750,00), con interessi legali dalla domanda al saldo, ad ognuno dei dure ricorrenti.

Nel caso di specie due coniugi, nel 1992, in seguito alla notifica di un precetto da parte di una banca, proponevano opposizione. Il giudizio di “opposizione al precetto”, in seguito anche alla sostituzione di vari giudici e a vari rinvii delle udienze, veniva definito con esito a loro favorevole soltanto nel febbraio 2010 e, dunque, circa diciott’anni dopo (ricordando un passo de “L’elogio dei Giudici” di Calamandrei nel quale si racconta del contadino dispiaciuto al pensiero di non proseguire in appello la causa che aveva visto sin da piccola quando, ormai, aveva già sei anni ed era in età di scuola, in questo caso verrebbe da dire che il giudizio era diventato “maggiorenne” -cliccare qui per leggere un mio precedente post nel quale ricordavo il passo di Calamandrei).

Nel mese di Luglio 2011 i coniugi, da me difesi, hanno adito la Corte d’Appello di Napoli domandando il ristoro per la durata eccessiva del processo. Contestata la difesa dell’Avvocatura dello Stato che sosteneva, tra l’altro, la prescrizione del diritto ad ottenere l’indennizzo, la Corte d’Appello, ritenendo che la durata ragionevole sarebbe dovuta essere di 4 anni e che, dunque, nel caso di specie, il processo aveva avuto una durata eccedente di oltre 13 anni, ha accolto il ricorso e condannato il Ministero della Giustizia a rifondere, per ognuno dei coniugi, l’importo di €13.750,00 oltre interessi legali dalla domanda al saldo e spese legali.

Appare interessante la motivazione del decreto con la quale la Corte d’appello, rigettando le eccezioni dell’Avvocatura dello Stato e ribadendo il principio già più volte affermato dai giudici di merito e di legittimità, ha ricordato che: ” è noto che la lunga attesa della definizione di un qualsiasi giudizio determini nell’interessato stanchezza, sfiducia nella giustizia e, più in generale, nelle istituzioni, senso di impotenza e, quindi, in definitiva, uno stato d’animo negativo che, in quanto tale, è suscettibile di ristoro in termini di danno morale“.

E’ proprio questo principio, tuttavia, che pare non essere ben compreso dal legislatore che, forse preoccupato nel limitare il ricorso alla legge Pinto e le conseguenti condanne a carico dello Stato, evidentemente non ha idea dei sacrifici, dei disagi che l’attesa della definizione di un giudizio, sia esso civile che penale o amministrativo, può comportare al cittadino. 

Per leggere il testo integrale del decreto della Corte d’Appello di Napoli 26 Luglio 2012, cliccare qui.

* La legge di conversione 7 Agosto 2012 n. 134 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’11 Agosto 2012 n. 187

Per leggere il testo della legge 89/2001 così come modificata dal d.l. 83/2012, convertito in legge 3 Agosto 2012, dal sito “Normattiva” (con l’avvertenza che il testo non ha carattere ufficiale), cliccare qui

Per leggere il testo del disegno di legge di conversione del d.l. 22 Giugno 2012 n. 83, (le norme relative al procedimento “ex lege Pinto” sono contenute all’art. 55) cliccare qui

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