IL BLOG DI ROBERTO DI NAPOLI

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Archive for the ‘Note a provvedimenti’ Category

Su Diritto.it: “Così è (se ti pare): l’accettazione del piano di ammortamento rende irrilevante la conoscenza di come esso sia ab initio “composto”. Brevissime considerazioni a prima lettura di Cass. S.U. 29 maggio 2024, n. 15130”.

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 23 giugno 2024

La Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, con la sentenza del 29 maggio 2024, n. 15130, in seguito a rinvio pregiudiziale ex art. 363 bis c.p.c. disposto dal Tribunale di Salerno, ha affermato il seguente principio: “in tema di mutuo bancario, a tasso fisso, con rimborso rateale del prestito regolato da un piano di ammortamento «alla francese» di tipo standardizzato tradizionale, non è causa di nullità parziale del contratto la mancata indicazione della modalità di ammortamento e del regime di capitalizzazione «composto» degli interessi debitori, per indeterminatezza o indeterminabilità dell’oggetto del contratto né per violazione della normativa in tema di trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti tra gli istituti di credito e i clienti“.

La pronuncia suscita vari interrogativi e lascia aperte alcune questioni facendo trasparire la rilevanza degli accertamenti da compiersi nei giudizi di merito.

Cosa ha realmente affermato e deciso la Suprema Corte? Qual è il “perimetro” di applicabilità dei principi affermati? Quali sono gli accertamenti contabili che andrebbero effettuati, le domande e le argomentazioni giuridiche che si potrebbero ancora sostenere per una decisione conforme a legge, alla logica e alle regole matematiche? Le norme di legge possono sempre prescindere dai principi matematici universali?

Riporto alcune mie considerazioni che ho espresso nell’articolo pubblicato su Diritto.it : “La parte mutuataria -secondo quanto affermato nella pronuncia- è in grado di conoscere il costo dell’operazione e quanto desumibile dal piano di ammortamento. Così è. Prendere o lasciare. Se il cliente lo accetta, sarebbe irrilevante, dunque, che questi effettivamente sappia o meno come quel piano sia “composto” ab origine, quale sia il regime finanziario sottostante e, soprattutto, che quello che ha sottoscritto comporta un costo superiore rispetto ad un piano in capitalizzazione semplice.
Pur comprendendosi che la sentenza è stata emessa nell’ambito di un rinvio pregiudiziale e, quindi, con il thema decidendum delimitato dalla questione oggetto del quesito, sarebbe utile, forse, una maggiore riflessione e una verifica su quale sia, in concreto, la prassi che precede la stipula di un mutuo: il cliente è sempre in grado di ricevere, di conoscere e di potere esaminare il piano di ammortamento prima della stipula del mutuo (visto che, non di rado, viene sottoposto al mutuatario quando, ormai, è dinanzi al Notaio)? E’ sempre in condizione di pretenderne la visione molto tempo prima senza temere ritorsioni quale un eventuale rifiuto da parte della banca di procedere con la stipula? E ancora: quante sarebbero le banche che, in alternativa, concederebbero quello stesso mutuo o leasing, a quel determinato tasso, ma in regime di capitalizzazione semplice? Qual è, di fatto, il mercato? C’è un’effettiva concorrenza sui prodotti bancari in Italia? Sarebbe possibile la verifica di un’effettiva offerta, sul mercato bancario, di mutui, finanziamenti o leasing con piani di ammortamento, a rate costanti, con regime di capitalizzazione semplice allo stesso tasso nominale (ma, per quanto si è detto, tasso effettivo e, dunque, costo complessivo differente) di quelli offerti in regime di capitalizzazione composta?

Pubblico di seguito il link al mio articolo, pubblicato su Diritto.it, con alcune brevi considerazioni “a prima lettura” della sentenza della Corte di Cassazione all’esito del rinvio pregiudiziale (cliccare qui).

Il tema sarà approfondito nel webinar del 2 luglio 2024 organizzato da Formazione Maggioli (moderatrice Avv. Monica Mandico) nel quale sarò relatore insieme al Prof. Antonio Annibali (professore ordinario f.r. di matematica all’Università Sapienza di Roma) e al dott. Francesco Olivieri (matematico ed attuario, esperto in analisi dei rapporti bancari e finanziari). Informazioni sul programma e modalità di iscrizione al webinar sul sito di Formazione Maggioli (cliccare qui).

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La prescrizione presuntiva non si applica alla richiesta di liquidazione degli onorari del difensore con patrocinio a spese dello Stato

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 28 dicembre 2023

Il termine triennale previsto per la prescrizione presuntiva non può essere rilevato d’ufficio e, comunque, non si applica al diritto alla liquidazione del compenso spettante all’avvocato che ha difeso col patrocinio a spese dello Stato. Il Tribunale di Sciacca, con ordinanza del 25 febbraio 2021, ha accolto l’opposizione da me proposta, con la difesa dell’amico e Collega Avv. Daniele Rossi, avverso il decreto con il quale il Gip aveva respinto la richiesta di liquidazione del compenso sostenendo che fosse decorso il termine triennale dalla conclusione del procedimento nel quale era stata svolta la difesa col patrocinio a spese dello Stato. E’ stato riconosciuto, poi, che l’attività difensiva risultava dal fascicolo in possesso dello stesso Giudice, ragion per cui nessun altro onere di allegazione gravava sul difensore istante. La decisione del tribunale siciliano appare di particolare importanza anche in considerazione dei sacrifici già imposti all’avvocato che, pur non avendone l’obbligo, decide di iscriversi nell’albo dei difensori che esercitano col patrocinio a spese dello Stato e che, difendendo il non abbiente con gli stessi doveri di diligenza e professionalità coi quali difenderebbe qualsiasi altro assistito, deve attendere l’esito del giudizio per potere richiedere la liquidazione del compenso che, oltretutto, come previsto da una disciplina (d.P.R. 115/2002) che meriterebbe una efficiente e celere riforma, per l’attività effettuata nell’ambito dei giudizi civili, non può essere superiore alla metà dei parametri medi e, se la parte soccombente in giudizio viene condannata al rimborso delle spese di lite, il residuo viene trattenuto dallo Stato (quest’ultimo, in sostanza, incasserebbe una parte della remunerazione che spetterebbe a chi ha lavorato).

Il Tribunale di Sciacca, accogliendo l’opposizione avverso il provvedimento di rigetto dell’istanza di liquidazione del compenso al difensore con patrocinio a spese dello Stato, ha confermato che “delineati i tratti essenziali della prescrizione presuntiva, non si può ritenere applicabile tale istituto in sede di decisione sulla richiesta di liquidazione dei compensi avanzata, come nel caso di specie, dal difensore di soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato.
Ed infatti, il credito in questione può essere riconosciuto e soddisfatto solo a seguito della regolare presentazione – seguita dal relativo accoglimento – di una richiesta di liquidazione che va rivolta al Giudice del procedimento nel quale la prestazione professionale è stata svolta.
Detto particolare credito professionale presenta pertanto una specifica connotazione che è tale da sottrarlo ragionevolmente dal novero di quelli che di regola vengono soddisfatti contestualmente alla effettuazione della prestazione e che proprio per tale ragione sono assoggettati alla prescrizione presuntiva (cfr Cass. Pen. 37539/2008).
A ciò si aggiunga, in ordine alla violazione del disposto dell’art. 2938 c.c. lamentata dal ricorrente, che la prescrizione presuntiva deve, per trovare applicazione, essere eccepita dal debitore (nel caso di specie da individuarsi nello Stato) mentre nella specie non risulta dal decreto di rigetto opposto che la tale eccezione sia stata opposta dal “debitore” interessato (Cfr Cass. civ. Sez. II, 08-02-1994, n. 1248 “La prescrizione presuntiva, pur presentando la specifica peculiarità di determinare non l’estinzione dell’obbligazione, ma la presunzione “iuris tantum” (pur se con rigorose limitazioni in ordine alla prova contraria) che il debito sia stato pagato, è sottoposta alle stesse regole che disciplinano la prescrizione ordinaria, salve le disposizioni particolari espressamente dettate come quella sulla decorrenza del termine ex art. 2967 c.c. onde anche ad essa è applicabile la norma di cui all’art. 2938c.c. sul divieto di rilevarla d’ufficio da parte del giudice”).
Va infine evidenziato, condividendo le difese spiegate dal ricorrente, che l’attività svolta da parte del difensore che richiede la liquidazione delle competenze dovute per effetto dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato del proprio assistito è comprovata dalla documentazione presente nel fascicolo di causa in possesso dello stesso Giudice al quale viene avanzata la richiesta della liquidazione sicchè nessun altro onere di allegazione grava sull’istante”.

Cliccare qui per scaricare l’ordinanza

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Una mia nota pubblicata su Diritto.it: Nei rapporti di conto corrente bancario, è illegittima la capitalizzazione se il tasso nominale e il tasso effettivo annuo creditore coincidono

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 18 febbraio 2022

Pubblico di seguito il link alla mia nota a Cass. civ., Sez. VI, ord. 10 febbraio 2022, pubblicata su Diritto.it. Per leggere o scaricare, invece, la nota in formato pdf, cliccare qui.

Nei rapporti di conto corrente bancario, è illegittima la capitalizzazione se il tasso nominale e il tasso effettivo annuo creditore coincidono

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L’accertamento definitivo dello stato di insolvenza del correntista non esclude la responsabilità della banca

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 28 aprile 2021

La Corte di Cassazione, terza sezione civile, con ordinanza dell’8 aprile 2021 n. 9388 ha affermato un principio che appare di particolare interesse, soprattutto se si considerano i gravi pregiudizi che possono derivare all’utente da una condotta illegittima o illecita posta in essere dalla banca: danni che possono sfociare nel fallimento e, quindi, nella distruzione dell’attività di impresa.

Come ho ricordato nella mia breve nota pubblicata, insieme all’ordinanza, sul portale Diritto.it, la pronuncia (sebbene riferita ad un caso in cui la banca si era resa inadempiente nell’esecuzione di un mandato a vendere conferitole per coprire un contestato scoperto di conto corrente e aveva, poi, richiesto il fallimento del mandante-correntista) risulta particolarmente interessante se si considera anche l’ingente contenzioso che, da almeno un ventennio, vede contrapposti utenti e intermediari bancari relativamente a diversi vizi nei rapporti.

Colgo l’occasione per ricordare a quanti fossero interessati, il master su “Le controversie bancarie” organizzato da Maggioli Editore, in sei giornate (36 ore complessive), dal 14 giugno al 2 luglio 2021. Per dettagli sul programma, relatori, costo e modalità di iscrizione è possibile consultare la pagina del sito della casa editrice.

Ricordo, infine, che è acquistabile nelle librerie, sul sito della Maggioli Editore o attraverso le principali librerie online, la VI edizione (2020) del mio manuale “Anatocismo bancario e vizi nei contratti.

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Verifica dell’usurarietà: i decreti ministeriali sono conoscibili dal Giudice del merito anche se non prodotti dalle parti

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 18 Maggio 2020

Con ordinanza del 13 maggio 2020, n. 8883, la Terza sezione della Corte di Cassazione si è pronunciata su una questione di grande rilevanza in tema di verifica dell’usurarietà e che, finora, è stata molto dibattuta dinanzi ai Giudici di merito: l’onere della produzione dei decreti ministeriali. La Suprema Corte, discostandosi da quanto era stato sostenuto con ordinanza del 30 gennaio 2019, n. 2543, ha affermato, in sostanza, che la disciplina regolamentare in materia di superamento del tasso soglia, ai fini della valutazione dell’usura, ha carattere integrativo della normativa dettata in via generale dalla legge penale e civile e deve, pertanto, essere conosciuta dal giudice del merito, nonché applicata alla fattispecie, indipendentemente dall’attività probatoria delle parti che l’abbiano invocata.

Sulla banca dati Diritto e contenzioso bancario, è pubblicata una breve nota mia e del collega Avv. Carlo Fede: “Verifica dell’usurarietà: i decreti ministeriali sono conoscibili dal Giudice del merito anche se non prodotti dalle parti” – breve nota a Cass. civ., sez. III, ord. 13 maggio 2020, n. 8883.

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Su Diritto 24-Il Sole 24 ore una mia nota sulla recente modifica dei termini di sospensione per le vittime di usura ed estorsione. Vincolante il provvedimento ex art. 20 l. 44/1999

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 18 gennaio 2019

Con d.l. del 4 ottobre 2018 n. 113, convertito in legge 1 dicembre n. 132, sono state apportate alcune modifiche alle leggi 44/1999 e 108/1996.

Tra i vari interventi (aventi ad oggetto anche i termini per la presentazione dell’istanza al Fondo di solidarietà), è stato modificato anche l’art. 20 l. 44/99 con aumento a due anni dei termini di sospensione o di proroga originariamente previsti, dalla medesima norma, per 300 giorni (ad eccezione di quelli relativi ad adempimenti fiscali, per i quali il termine resta di 3 anni).

Pubblico di seguito il link alla mia nota pubblicata, alcuni giorni fa, sul sito di Diritto24 – Il Sole 24 Ore nella quale ho anche ricordato due recenti provvedimenti emessi, rispettivamente, dal Tribunale di Bari il 20 novembre 2018 e dalla Procura della Repubblica di Latina il 4 gennaio 2019 (cliccare qui per leggere la nota). Col primo, il giudice pugliese conferma il carattere vincolante del “provvedimento” emesso ai sensi dell’art. 20 l. 44/99. Ricordo che, nel 2009, come già scritto in vari post di questo mio blog, dopo l’approvazione al Senato di un disegno di legge che prevedeva varie modifiche alla disciplina dei benefici alle vittime di usura ed estorsione che avessero fatto richiesta di accesso al Fondo di solidarietà, inviai alla Camera dei Deputati una petizione contenente “proposta di suggerimenti per emendamenti”, alcuni dei quali furono recepiti nella legge 3/2012: tra questi, proprio la sostituzione del termine “parere” con quello di “provvedimento” al fine di evitare il rischio di ulteriori equivoci e paradossi come quelli che si erano registrati in passato.

Il secondo provvedimento oggetto della mia nota, invece, risulta di particolare interesse in quanto, forse, una delle prime applicazioni del termine di sospensione per due anni così come modificato in seguito alla recente modifica normativa.

 

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Da Diritto24-Il Sole 24 Ore, una mia breve nota ad ordinanza su: L’esame del titolo esecutivo e la verifica anche d’ufficio della sussistenza delle condizioni dell’azione esecutiva

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 4 settembre 2018

I recenti interventi modificativi del codice di procedura civile, nel cercare di rendere più celere il soddisfacimento del credito, lasciano la sensazione che sia lasciato in secondo piano il principio che deve fondare ogni azione esecutiva, ossia, nulla executio sine titulo. Si avverte, spesso, la sensazione che l’esecutato sia considerato comunque “il debitore”, sebbene non siano poche le ordinanze o sentenze con le quali si è riconosciuta la mancata produzione, da parte del creditore, di un valido titolo o della prova del credito.

Pubblico di seguito il link a un mio commento, pubblicato sul sito di Diritto24 – Il Sole 24 Ore, a un’interessante ordinanza emessa dal Tribunale di Potenza il 17 luglio 2018.

Cliccare sul seguente link per leggere la nota ad ordinanza: L’esame del titolo esecutivo e la verifica anche d’ufficio della sussistenza delle condizioni dell’azione esecutiva

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