IL BLOG DI ROBERTO DI NAPOLI

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Archive for the ‘caste’ Category

Morta un’altra vittima dei “processi facili” e della malagiustizia

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 29 dicembre 2008

Sono rimasto dispiaciuto nell’apprendere la notizia della morte di Claudio Vitalone. Non lo conoscevo come giudice ma l’ho conosciuto, quando ero bambino, come …. persona umana; pur non conoscendo gli atti del processo nel quale, anni fa, fu accusato insieme ad Andreotti, addirittura, di concorso nell’omicidio del giornalista Mino Pecorelli, non ho mai minimamente creduto alla tesi accusatoria nè, tanto meno, agli articoli sui quotidiani. Lo ricordo, oltre vent’anni fa, nel Salento dove, più volte, è stato eletto senatore, la sua passione per la pesca e l’affetto della sua famiglia molto unita. La sua morte e, soprattutto, la sua odissea giudiziaria che ne ha determinato l’esclusione dalla vita politica e che lo ha visto infangato sui giornali ed accusato di un delitto così grave, salvo, poi, essere assolto dopo essere stato diffamato, dovrebbe fare riflettere: ancora di più in questo momento in cui (a volte senza nemmeno immaginare cosa si provi  quando si è accusati ingiustamente, umiliati o privati della propria dignità) politici, magistrati, politici ex magistrati e magistrati che fanno politica parlano di "riforma della giustizia". Si parla o si scrive della casta dei politici, dei conflitti di interesse, degli abusi di alcuni in favore di parenti, ma si ha quasi imbarazzo (o paura?) di parlare o scrivere di analoghi (o, forse, più scandalosi) intrecci nella casta dei giudici (intendo, ovviamente, alcuni che screditano il lavoro di tanti altri, per fortuna, onesti magistrati). Si ha, perfino, paura, forse, di parlare e porre rimedio alle sempre più numerose sofferenze patite da persone sbattute in galera o sulle prime pagine e, poi, dopo avere perso il lavoro o "la faccia", assolte. Politici e magistrati dovrebbero avere una minima idea di quanto siano atroci le sofferenze che la malagiustizia puo’ determinare nell’esistenza della persona, nella sua famiglia, ma, soprattutto, nell’organismo umano. Puo’ finire tutto, puo’ arrivare la sentenza che chiarisce l’estraneita’ dell’accusato o la sentenza che definisce un giudizio civile ma i soprusi, i dispiaceri e le ingiustizie restano indelebili, impermeabili, indifferenti a qualsiasi risarcimento (se si ottiene). Chi difende, ad oltranza, l’attuale sistema di ir-responsabilita’ civile e disciplinare dei magistrati, il magistrato (o ex) che pensi di apparire estraneo alla casta dei politici salvo, poi, difendere altre caste o i suoi interessi personali dovrebbe avere una minima idea di quanto l’ingiustizia possa far soffrire.
Claudio Vitalone, dopo essere stato assolto, ha dovuto, perfino, lottare, davanti ai giudici amministrativi, contro il  CSM che gli negava i benefici previsti dalla cd. legge "Carnevale". Roberto Di Napoli

Corriere della Sera.it
ROMA – Il magistrato ed ex senatore Dc Claudio Vitalone è morto a Roma la notte scorsa al policlinico Umberto I dove era stato ricoverato per problemi respiratori. Vitalone, 72 anni, al fianco di Giulio Andreotti, venne coinvolto in diversi procedimenti penali e indagini: omicidio Pecorelli per i suoi presunti collegamenti con la banda della Magliana (assolto), ricerca di informazioni nelle Leggi ancora

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In ogni città, una via dedicata a Tortora e alle vittime della malagiustizia come per Falcone, Borsellino e altri eroi

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 6 luglio 2008

Ho letto sul sito dell’associazione "Giustizia Giusta" (cliccare qui per leggere la notizia)che, dopo non poche difficoltà, a Genova è stata dedicata, recentemente, una Galleria ad Enzo Tortora. Non pensavo che, dopo oltre vent’anni, ci potesse essere, ancora, chi lo reputasse inopportuno (paura, timore o vergogna?). Riporto, di seguito, il mio commento pubblicato anche sul sito di Giustizia Giusta.

Sono molto contento che, alla fine, pur dopo non poche difficoltà, a Genova sia stata dedicata una Galleria ad Enzo Tortora. A mio avviso, deve essere maggiormente sensibilizzata l’opinione pubblica su ciò che può comportare un errore giudiziario o, talvolta, ….. una persecuzione giudiziaria. E’ inutile tentare di nasconderlo: il caso "Tortora" è stato un esempio clamoroso di errore giudiziario ma, dopo venticinque anni dal 17 Giugno 1983 (data dell’arresto di Tortora), mi pare che non sia cambiato molto nè siano stati adottati strumenti per evitare che si ripetano "errori" analoghi. Ci sono state e ci sono, tuttora, tante vittime di "malagiustizia" e di storie paradossali che, pur dopo avere dimostrato l’innocenza o l’ingiustizia dei danni subiti, non hanno ottenuto adeguato risarcimento nè la punizione dei resposabili. Sono trascorsi, poi, oltre vent’anni dal referendum col quale i cittadini avevano manifestato di volere una legge che, come in ogni Paese civile, prevedesse la punizione dei magistrati che sbagliano mentre, invece, grazie ad una legge poco conforme col risultato referendario, ancora oggi, … chi sbaglia non paga: al massimo, se il magistrato non ha un patrimonio idoneo a risarcire i danni maggiori causati, paga lo Stato, cioè, tutti i contribuenti.
In ogni città italiana, dovrebbe esserci una delle vie o piazze principali dedicata a Tortora (a Roma, mi pare che via Enzo Tortora sia una strada periferica) e alle vittime di malagiustizia. E’ giustissimo e doveroso che, sin dall’indomani della tragica uccisione di Falcone, Borsellino e di tanti altri eroi che hanno sacrificato la vita nell’adempimento del proprio dovere, sia stata dedicata una via, una piazza o un monumento. Giustissimo ricordare chi è morto al fine di assicurare la Giustizia. Non sarebbe, però, giusto ricordare anche chi è morto, chi ha sofferto o, comunque, ha pianto per un errore o per un uso distorto delle proprie funzioni da parte di soggetti che, per errore o con dolo, non si sono rivelati altrettanto eroi e, magari, sono ancora al loro posto manifestando un diverso senso della Giustizia, dello Stato e del rispetto delle leggi? Si può pensare che le vittime di "malagiustizia", le loro famiglie soffrano meno o non rischino la vita? Solo chi non ha mai subito un sopruso o un’azione giudiziaria ingiusta, chi non ha mai letto un articolo di giornale può restare indifferente ed insensibile. E’ per questo che, secondo me, sarebbe più rispondente alla realtà di questo Paese se, in ogni città in cui vi sia una strada dedicata ad un magistrato o pubblico ufficiale che eroicamente ha sacrificato la propria vita, sia anche dedicata una strada o un monumento (in una zona della città altrettanto principale) alle vittime delle "gesta" meno eroiche di chi, per colpa, dolo o in buona fede, ha, comunque, fatto soffrire ingiustamente senza, tra l’altro, avere dimostrato, minimamente, di volere riparare il danno provocato. Roberto Di Napoli

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Rialzati, Italia! Cominciamo a far rialzare gli imprenditori?

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 3 Maggio 2008

Vota Berlusconi - Pdl - Popolo della Libertà

Uno degli slogan diffusi dal Pdl durante la campagna elettorale, attraverso manifesti e volantini sparsi in ogni parte d’Italia, è stato: "Rialzati, Italia!". Quale cittadino e quale legale di alcune imprese in contoversie contro istituti di credito vedo una tristissima realtà economica che, a mio modesto avviso, può compromettere ancora di più l’economia dell’intero Paese coi conseguenti, immaginabili effetti nocivi anche sull’occupazione. L’attuale crisi economica sta colpendo, infatti, le imprese e le famiglie dal Nord al Sud Italia. Uniche società che continuano a registrare utili incredibili e con guadagni ultramilionari ai dirigenti sembrano essere le banche. Com’è possibile tutto questo? Com’è possibile che, in ogni Tribunale d’Italia, siano così numerosi i procedimenti per decreto ingiuntivo, le esecuzioni immobiliari e, talvolta, le istanze di fallimento presentate da banche nei confronti di imprese che non pagano? Sono davvero, queste ultime, tutte indebitate nei confronti degli istituti di credito? Non credo. La giurisprudenza, ormai da un decennio, ha stabilito e continua a riconoscere, ogni giorno, che le banche non possono pretendere (soprattutto relativamente ai contratti stipulati prima del 2000) il pagamento di interessi su interessi e devono restituire quanto, a tal titolo, percepito nel corso degli anni; varie sentenze hanno riconosciuto, poi, l’illegittimità di vari altri oneri. Non sempre, però, le ingiuste pretese sono contestate e, così, allora, nel corso del rapporto, il saldo di cui la banca richiede il pagamento aumenta; poi, l’istituto di credito presenta il ricorso per decreto ingiuntivo nei confronti dell’impresa che, a guardare l’estratto conto, potrebbe apparire "a debito" mentre, invece, come accade spesso all’esito del giudizio, o non è debitrice o lo è ma di importi ben inferiori. E’ a causa di questo meccanismo perverso che  le imprese vengono distrutte o fatte fallire! Ci sono tantissimi giudici attenti, rigorosi che, addirittura, non concedono il decreto ingiuntivo quando, dall’esame della documentazione esibita, emerge l’illegittimità della pretesa; altri giudici, addirittura, in alcuni casi, hanno trasmesso gli atti alla Procura della Repubblica. Ci sono, però, anche altri giudici che, pur avendo un debito nei confronti di quella stessa banca o altre agevolazioni, non si astengono dal giudicare così come, invece, il codice di rito impone o giudici che, malgrado la giurisprudenza consolidatasi, sono restii o ritardano a sospendere la provvisoria esecuzione ad un provvedimento ottenuto inaudita altera parte pur quando si prova l’invalidità del rapporto. Così, però, si può correre il rischio di determinare il fallimento di un’impresa e, magari, il licenziamento dei dipendenti! Non occorrono nuove leggi affinchè conflitti d’interesse o provvedimenti abnormi siano scongiurati. Le norme ci sono e devono, soltanto, essere applicate allo stesso modo. Ci sarebbe, allora, un rimedio all’"eccessiva discrezionalità" o ad alcuni "conflitti d’interesse" per obbligare ad una più attenta valutazione e impedire che imprese possano essere distrutte pur quando dagli atti emerge l’illegittimità della pretesa della banca: una seria riforma dell’ordinamento giudiziario e della normativa sulla responsabilità civile dei magistrati. Aumenterebbe, innanzitutto, la fiducia dei cittadini nella Giustizia. Se si obbligasse ad applicare severamente l’attuale normativa e la giurisprudenza ormai consolidatasi in materia, sono certo, poi, che, nelle controversie con gli istituti, milioni di imprese respirerebbero un sospiro di sollievo: ne riceverebbero benefici effetti gli imprenditori ma anche i dipendenti e le loro famiglie. Lo slogan del Pdl, durante la campagna elettorale, è stato: "Rialzati, Italia!". Perchè non si comincia a consentire il rilancio delle imprese, delle industrie, degli imprenditori-datori di lavoro di milioni di occupati o di potenziali soggetti da assumere? Basterebbe far rispettare la normativa e introdurre severissime sanzioni a carico degli istituti di credito che minaccino il fallimento o azioni ingiuste a quegli amministratori che si rifiutano di pagare somme che la legge e la giurisprudenza riconosce non dovute. Non basta il plauso a qualche associazione che minaccia di espellere gli industriali che si rifiutano di pagare il pizzo! Ciò è doveroso e potrebbe essere sufficiente in un singolo ambiente contaminato dalla criminalità organizzata. Servono, però, efficaci misure per garantire sicurezza agli imprenditori che sono o sono state vittime di un racket o di una forma di usura altrettanto pericolosa: quella bancaria che, finora, da parte di alcuni giudici, è stata tollerata, finanche, quando sono risultati tassi d’interesse accertati dalle Procure fino al 300% mentre, da parte di altri  magistrati coraggiosi, seri ed equilibrati (ce ne sono tantissimi), è stata riconosciuta equiparabile all’usura criminale a tal punto da ordinare al Commissario Straordinario del Governo per il coordinamento delle inziative antiracket l’accesso dell’imprenditore (vittima di usura bancaria) ai benefici previsti dalla normativa. Il partito del Popolo della Libertà -che (a quanto mi risulta dalla lettura di un recente servizio su un autorevole quotidiano economico finanziario) sarebbe l’unico partito non indebitato- non dovrebbe esitare a far rispettare l’attuale normativa. Sarebbe il primo passo per obbedire alle promesse fatte, fra cui, quella di rilanciare l’Italia. Il rilancio dell’economia e dell’amministrazione della giustizia dovrebbe essere la priorità; consentire alle imprese di respirare e di affrancarle dall’usura bancaria (anche attraverso una seria riforma dell’ordinamento giudiziario che limiti l’eccessiva discrezionalità o determinati conflitti d’interesse) dovrebbe essere l’indispensabile presupposto: aumentrebbe, quasi sicuramente, anche l’occupazione senza nemmeno necessità di far diminuire il gettito fiscale (attraverso le frequenti agevolazioni in favore di chi assume) che incide, di certo, sul bilancio delle imprese ma non di più di debiti non sempre effettivi verso gli istituti di credito! Roberto Di Napoli 

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21 Marzo 2007- 21 marzo 2008. Un anno di vera ricchezza: migliaia di amici in più!

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 21 marzo 2008

il blog per la difesa dei diritti civiliL’anno scorso, grazie anche al prezioso aiuto dei miei amici "grafici" Diego, Laura e Antonio, nasceva (anzi facevo nascere) questo mio blog (cliccare qui per leggere il mio primo post). Nel 2007, la data del 21 Marzo coincideva -oltre che con l’inizio della primavera, come quest’anno, a Roma, salutata con la pioggia- con la giornata in memoria delle vittime delle mafie: giornata, quest’anno, anticipata al 15 Marzo. Pur avendo, sin dall’inizio, l’idea di utilizzare questo mega- spazio per scrivere mie piccole considerazioni sulle mafie, sui soprusi ai danni dei più deboli, sulla difesa dei diritti civili, non avrei mai immaginato che, in poco tempo, sarei riuscito a far leggere le mie pur banali opinioni da tante persone che, a loro volta, mi scrivono lasciandomi un messaggio, un commento o, ancora più spesso, email. Sono contento di ricevere manifestazioni di apprezzamento di questo blog -pur così spartano e semplice nella grafica- da parte di tanti che, evidentemente, condividono ciò che penso e s’immedesimano in quanto capitato a me, alla mia famiglia e a chissà quanti altri cittadini. Ho preferito e preferisco non pubblicare – per "buon gusto" e senso del pudore- qualche racconto di soprusi inauditi commessi da "personaggi" simili a quelli che hanno fatto soffrire la mia famiglia. Anzi: paragonandoli, mi rendo conto che non si può mai immaginare fin dove può arrivare la follia umana! Il 26 Settembre 2006, su un quotidiano nazionale (Il Tempo) che dedicò un articolo al mio sciopero della fame e a quanto stava succedendo alla mia famiglia (vittima di usura, estorsione bancaria e, soprattutto, di malagiustizia), dichiarai che quanto verificatosi il giorno prima (ancora non sapevo quanto -di ancora peggio- sarebbe accaduto il 16 Ottobre) non lo avevo mai "(…) visto nè mai letto essere avvenuto in altre epoche e in altri Stati". Ho letto, invece, in questi mesi, quanto accaduto a qualche altra vittima che ha subito, addirittura, offese più gravi paragonabili, secondo me, a quei metodi "subdoli" che, da quanto raccontato sui libri di storia o nei documentari, mi pare siano stati, talvolta, utilizzati soltanto nel regime nazista contro gli oppositori o contro le vittime delle leggi razziali. Si vergogni chi, in qualsiasi veste, ha fatto ingiustificato uso della violenza o della tortura fisica o psichica solo per paura di compromettere la (forse non sempre brillante) carriera oppure, "approfittando del momento", per vendicarsi contro qualche soggetto antipatico (o odiato) o, ancora, seguendo la propria inclinazione a piegarsi e rispondendo alla logica (a volte confusa) del "signorsì", per accontentare il prepotente di turno. Si vergognino tali "personaggi"! Potranno avere goduto qualche ora di gioia ma io (proprio come tante persone civili che, per fortuna, ancora esistono) sono più forte: perchè sono un cittadino e continuerò sempre a credere nella giustizia amministrata dal Giudice terzo ed imparziale; sono e mi ritengo, poi, anche un cristiano per cui credo, voglio e devo credere in quella vera, unica Giustizia amministrata dal Giudice davanti al quale tutti siamo…. citati nel Giorno del Giudizio. Si ricordi, quindi, chiunque, abusando illegittimamente delle proprie prerogative, funzioni o di una determinata situazione, faccia o abbia fatto soffrire  il più debole o, comunque, la persona onesta, che, oltre ad essere un delinquente, è ridicolo. Anzi: è piccolo, piccolo, piccolo! Ci rifletta! Prima o poi, perde! Potrà essere favorito ogni giorno, potrà avere accontentato qualcuno ma …… esiste, pur sempre, il famoso Giudice a Berlino e dovrebbe esserci un Altro Giudice ancora più in Alto: ed è con Lui che, di certo, tutti, faremo i conti!

Sono davvero contento, insomma, di avere conosciuto, tramite il blog, tanti "amici" sparsi in ogni parte d’Italia: molti, come dicevo, vittime di malagiustizia o, comunque, di soprusi. Leggere, scrivere, parlare, confrontarsi, d’altronde, è il peggior dispetto che si possa fare a chi, ogni giorno, tenta di fare del male e di rubare in silenzio. Continui pure (finchè la Giustizia non se ne accorga e lo punisca)! Non riuscirà mai, però, a rubare del tutto o ad impedire la parola: tanto meno le idee delle persone oneste! Roberto Di Napoli

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Parlami d’usura (bancaria), buffone!

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 2 marzo 2008

E’ incredibile! Fino a poco tempo fa avevo la convinzione che alcune vicende paradossali in materia di usura e, soprattutto, di quella bancaria si verificassero soltanto in alcuni centri periferici. Credevo che in alcune regioni economicamente più sviluppate (e, a maggior ragione, in quelle dove più numerose sono le industrie e, altrettante, sono state, nell’ultimo decennio, le sentenze contrarie ad alcune "prassi" bancarie), alcune "alchimie" contabili fossero più conosciute e i responsabili puniti più severamente. E, invece, no! Mi è crollato il "mito" di una parte d’Italia ancora "sana" e con un’economia "pulita". Associavo, evidentemente, la presenza di imprese apparentemente floride con la mia ignoranza, in alcune regioni, di "scandali" giudiziari e dell’esistenza, anche lì, dell’estorsione e dell’usura bancaria. Ho conosciuto una straordinaria e bellissima famiglia di Udine che mi onora di amicizia ed affetto e i cui beni, come capitato alla mia famiglia, sono stati toccati dai tentacoli della piovra bancaria e di chi, spesso, la agevola con colpevoli e, forse, interessate omissioni. Leggo, spesso, le affettuose email e i post degli amici di Savona, anch’essi, vittime di ordinaria ingiustizia. Mi ha sconvolto, poi, la storia di Antonella, la giovane, sveglia e intelligentissima architetto di Fermo, vittima di follie che, da quanto mi ha dato modo di capire, piuttosto che essere tutelata, è stata ingiustamente offesa nella dignità della persona (oltre che nella perdita della sua abitazione). A Modena, un’imprenditrice è stata dichiarata fallita nonostante avesse ottenuto la sospensione prevista dall’art. 20 l. 44/99. Emidio, imprenditore di Ascoli Piceno, poi, è stato vittima, come la mia famiglia e come chissà quanti altri, dell’usura ma anche "dell’antiusura" visto che ha dovuto, anche lui, instaurare un giudizio affinchè gli venisse riconosciuto (dal Consiglio di Stato) lo status di usurato bancario e, dunque, il diritto agli stessi benefici previsti per la vittima di usura criminale. Sono stato a Brescia, giorni fa, dove un altro imprenditore è oggetto di richieste di somme non dovute da parte di varie banche e dove, però, a dire il vero, mi pare che i giudici siano molto attenti a tali problematiche dimostrando grande senso di equilibrio. A Milano, come mi è dato di capire leggendo Libero Mercato del 29 Febbraio u.s., un famoso P.M. ha incentivato a denunciare alcune banche. Una signora del Trentino, proprio oggi, mi ha scritto di analoghe vicende di ingiuste pretese da parte di un istituto di credito. A Marsala Ragusa altri imprenditori non dormono la notte per i pensieri dovuti ad analoghe vicende. Pur avendo visto da vicino, anche nella mia famiglia, singolari provvedimenti giudiziari per i quali mi risparmio ogni commento lasciandolo al giudizio dell’opinione pubblica e degli altri giudici (visto che ci sono varie azioni pendenti), devo riconoscere, però, la presenza di tantissimi magistrati preparati, equilibrati ed onesti che, quasi quotidianamente, condannano gli ingiusti comportamenti delle banche e, addirittura, di alcuni loro colleghi. Non sento una voce, però: quella dei politici! Mi farebbe piacere sentire, prima della chiusura delle liste elettorali o nel corso della prossima campagna elettorale, qualche politico (o aspirante tale) che, prendendo atto delle migliaia di persone vittime di usura bancaria e dei provvedimenti (ormai numerosi) che hanno riconosciuto espressamente, senza vergogna, che anche alcune banche hanno commesso il reato di usura (e le vittime devono essere tutelate), dica ai cittadini elettori in che modo intenda essere vicino (oltre che chiedendo il voto); quale disegno di legge intenda presentare per impedire che si ripetano scandali analoghi a quelli di cui sono state vittime varie persone con le loro famiglie (il candidato parlamentare dovrà, soltanto, stare seduto dieci minuti davanti al pc connesso a internet : i soldi per la connessione, tanto, gli verranno rimborsati!);  per impedire, ad esempio, che rappresentanti di istituti di credito possano -una volta iscritti sul registro degli indagati in seguito ad una denuncia che si riveli non manifestamente infondata- oltre che circolare liberamente nel territorio italiano e continuare a percepire lo stipendio milionario, buttare fuori di casa, spacciandosi per creditori in base a titoli invalidi, quei cittadini o imprenditori che li hanno denunciati ma che, a causa della lunghezza dei processi, solo con notevole ritardo ottengono il riconoscimento delle loro ragioni. Ho una sensazione, però: che nessun candidato si permetterà mai di parlare di usura bancaria nè si adopererà seriamente per riforme serie ed efficaci! Perchè ho quest’impressione? Perchè ho letto su un importante quotidiano economico finanziario (ma già lo sapevo) l’indebitamento di vari partiti politici. Può darsi che ho capito male: anzi, lo spero! Desidererei una cosa, però, in ogni caso: che nessun cittadino, nessun funzionario, nessun burocrate, nessun politico il quale abbia, in passato, avuto la possibilità, in qualsiasi modo, (sia esso stato giudice, funzionario statale, prefetto, consigliere di amministrazione di una banca, sindaco, bancario, ecc.) di contrastare il fenomeno ed evitare il pianto di tante vittime, si permetta di candidarsi o di considerarsi "rappresentante" dei cittadini. Si consideri, eventualmente, rappresentante del sistema bancario e ringrazi l’attuale sistema elettorale (non la propria faccia o la professionalità che non ha dimostrato) se dovesse venire eletto! Un consiglio da cittadino- vittima, poi: se dovesse "parlare" in qualche comizio o incontro coi cittadini- elettori, non li illuda! Parli, magari, dell’usura bancaria e cerchi di non fare promesse da marinaio (o da vecchio burocrate) perchè potrebbe arrossire o trovarsi in difficoltà se, per caso, qualche cittadino deluso o qualche vittima, dopo avere raccolto le "figuracce" fatte in precedenza da quell’aspirante politico, le "colpevoli omissioni" ai danni di tante imprese o famiglie e dopo, magari, avere letto qualche recente sentenza, con coraggio, spiegando i motivi (e magari documentandoli), assumendosi, ovviamente, le proprie responsabilità, gli dovesse gridare: "Parlami d’usura bancaria, buffone! E dimmi cosa hai fatto finora e perchè non hai fatto ciò che avevi l’obbligo di fare!" Roberto Di Napoli

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A Lecce convegno con ospiti, tra cui Caselli, su legalità e usura. Ma, in 3 ore, nemmeno un cenno a quella bancaria.

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 17 febbraio 2008

 ….. e si nega un breve intervento ad alcune vittime
Il problema dell’usura bancaria non è una “follia” di alcuni poveri disperati o di alcuni dissidenti. Basta scrivere qualche parola su un qualsiasi motore di ricerca per rendersi conto di quante siano le vittime. La Procura di Palmi ha richiesto il rinvio a giudizio di vari rappresentanti di istituti di credito. Il Tribunale di Napoli ha rigettato, l’anno scorso, una richiesta di archiviazione con un’interessante ordinanza con la quale si è stabilito che anche le commissioni di massimo scoperto devono essere conteggiate ai fini del calcolo del tasso effettivo. Il Consiglio di Stato ha, espressamente, riconosciuto l’esistenza dell’usura bancaria. Se ne parla, insomma, in ogni parte d’Italia. Ne hanno parlato anche imprenditori-vittime, nei mesi scorsi, su organi di informazione nazionali tra cui Striscia la Notizia, il TG5, La Tv della Libertà.
A Lecce, negli ultimi anni, ci sono state svariate denunce per usura ed estorsione bancaria. Ma la magistratura salentina mi pare che sia stata, con i rappresentanti di alcune banche, se non indulgente, certamente non adeguata a ristabilire la legalità.
A Lecce l’usura bancaria, forse, non esiste.
Questa, almeno, mi pare l’impressione che possa avere avuto un qualsiasi ospite dell’incontro tenutosi, a Lecce, lo scorso venerdì 15 Febbraio.
Da un incontro che si è chiamato “convegno” sulla “cultura della legalità e sullo sviluppo del territorio”, mi sarei aspettato qualche insegnamento sulla legalità.
Ho constatato, invece, ancora una volta, quanto, a Lecce, sia difficile parlare. Ancora prima dell’inizio, alcuni agenti delle Forze dell’Ordine, andando incontro a mio padre (vittima di usura bancaria) si sono preoccupati di precisargli che non erano previsti interventi e che c’erano “persone importanti” (non ho capito: il cittadino, invece, è me….. meno importante?).
Alla fine dell’incontro sono stato io a chiedere di poter dire qualche parola.
Mi spiace ammetterlo ma un convegno sull’usura e sulla legalità in cui si nega la parola ad una vittima che chieda di raccontare una testimonianza, anche per soli 3 minuti e alla fine del convegno, secondo me, ha poco a che fare con l’usura e con la legalità.
La cultura della legalità non potrà mai radicarsi, né a Lecce né in qualsiasi paese del mondo, finché chi pensi di poterla insegnare non accetti la cultura del dialogo, del rispetto delle idee di chi, assumendosi la responsabilità, voglia rappresentarle.
Dopo tre ore di convegno in cui si è esposto l’esiguo numero di denunce, nelle provincia di Lecce, per estorsione ed usura e la necessità di stimolare i giovani a tornare nel Salento, alla fine, prima che i relatori si alzassero in piedi, ho alzato la mano per chiedere di potere raccontare una mia testimonianza in soli 3 minuti.
Avrei spiegato perché, a mio avviso, i giovani come me non tornano nel Salento e perché le imprese non denunciano.
Se mi fosse stato permesso, inoltre, avrei raccontato al dott. Caselli, illustre ospite del convegno, quanto capitato alla mia famiglia dopo che mio padre ha denunciato, a Lecce, gli appalti truccati; dopo avere ricevuto minacce e dopo essere stato gambizzato; dopo essere stata, a Lecce, in conseguenza dell’attentato, processata la vittima e dopo che questa ha dovuto rinunciare alla prescrizione e all’amnistia per farsi processare e far accertare la genuinità delle registrazioni delle minacce con la conseguente (ovvia) assoluzione: ma anche con la misteriosa impunità dei responsabili del tentato omicidio.
Avrei, però, principalmente, raccontato al dott. Caselli come può capitare, a Lecce, che un imprenditore, prima, denunci (a volte anche pubblici ufficiali), poi, di conseguenza, sia denunciato dagli stessi destinatari delle denunce per, poi, essere assolto.
Ciò potrebbe rispondere, in qualche caso e in qualsiasi luogo, ad una strategia processuale dell’inquisito.
Può, però, secondo me, avere un preoccupante significato e rispondere ad una logica che (parafrasando una celebre frase di Leonardo Sciascia in uno dei suoi capolavori) approssimativamente potrei definire mafiosa quando diventa “sistema”, ossia, quando vi sono rappresentanti di Istituzioni che ciò permettono (e che perciò, talvolta, gioiscono).
Avrei, in sostanza, accennato a quanto capitato alla mia famiglia che -oltre ai fatti sopra accennati- a causa delle denunce per usura ed estorsione presentate, oltre dieci anni fa, da mio padre, imprenditore leccese, contro i rappresentanti di tre banche ha subito le conseguenze di una sentenza di fallimento richiesta ed ottenuta proprio dagli indagati-imputati ed emessa da un collegio di cui un membro (vi è prova documentale) era mutuatario della stessa banca che chiedeva il fallimento.
Avrei raccontato di come, a Lecce, questi ultimi siano stati, in un primo momento, prosciolti col tasso d’interesse (accertato dalla Procura) fino al 292%; di come un giudice civile abbia svenduto un patrimonio di svariati milioni di euro pur essendo controparte del “fallito” in altri giudizi; di come quasi tutte le cause avviate da o contro la procedura fallimentare siano state affidate ad avvocati legati da vari rapporti di parentela con gli stessi magistrati; di come la vittima (ancora oggi costretta a camminare con le stampelle a causa dell’attentato di vent’anni fa), l’anno scorso, dopo avere ottenuto, a Roma (dove pendeva un processo contro alcuni degli imputati), sia da parte del Prefetto sia del Presidente del Tribunale sia del Procuratore della Repubblica il parere conforme richiesto dall’art. 20 l. 44/99 affinché godesse della sospensione per 300 giorni, la medesima vittima sia stata sbattuta fuori casa, con la sua famiglia, proprio dalle stesse Forze dell’Ordine e dal giudice che ha disatteso quei pareri con motivazione, a mio avviso, alquanto “singolare” (clicca qui per leggere il relativo post).
Verso le 20, 30, alzando la mano alla fine del convegno, avevo chiesto solamente 3 minuti.
Non erano, però, previsti interventi!!!
Non avendo il microfono, dalla platea, al fine di spiegare al dott. Caselli i motivi per i quali intendevo parlare anche soltanto 3 minuti, sono stato costretto a rappresentarli in piedi e a voce alta (pubblicherò nelle prossime ore il file audio), tono che chi mi conosce sa bene che non mi contraddistingue.
Mentre parlavo, è intervenuto un rappresentante di un’associazione antiusura locale che ha continuato condividendo, evidentemente, quanto stavo per dire; poi, anche se per pochi secondi, mio padre.
Ringrazio il dott. Caselli per la pazienza, per il senso dello Stato e del dialogo che ha dimostrato nel sentirci lo stesso.
Non erano, di certo, queste le “modalità espositive” che, sia io che mio padre, avremmo voluto. Sentir dire, però,  da alti rappresentanti dell’amministrazione della Giustizia e del Ministero degli Interni che, a Lecce, le denunce per usura ed estorsione sono troppo poche (!!!) ferisce chi, proprio per avere denunciato, cammina, da 20 anni, con le stampelle e vede i presunti responsabili dell’attentato liberi e felici; chi, dopo avere denunciato i responsabili di usura ed estorsione bancaria, ha ottenuto la distruzione dell’impresa e la perdita (almeno di fatto, considerato che le vendite sono state impugnate) della casa; chi, in 20 anni, non solo ha sempre denunciato ma è sempre stato abbandonato e calpestato dallo Stato.
Illustre dott. Caselli, il Consiglio di Stato, oltre 2 mesi fa, ha espressamente riconosciuto che la vittima di usura bancaria subisce danni che devono essere considerati di rilevanza giuridica pari a quelli patiti dalla vittima criminale.
Nel convegno si è parlato e si sarebbe dovuto parlare di cultura della legalità e di “sviluppo del territorio”: ma non stupisce un convegno in cui, in circa tre ore, si permette ad un relatore di dilungarsi, oltre mezz’ora, per parlare, perfino, dell’estorsione commessa ai danni del contadino e "degli strumenti agricoli" mentre, non solo non si accenna –nemmeno per un secondo- all’usura o estorsione bancaria, ma, addirittura, non si consente di parlare, alla fine, ad un ospite, ad un giovane familiare di una vittima?
E’ questa la cultura della legalità?
Beh, non mi pare che sia la cultura del dialogo, del confronto e del rispetto delle idee altrui che sono indispensabili prima di parlare di legalità!
Che fretta c’era, a Lecce, il 15 Febbraio verso le 20, 30, per negare la parola (anche solo per qualche minuto) agli ospiti disponibili a raccontare una testimonianza?
Un piccolo consiglio da un giovane: la prossima volta che la invitano a Lecce, ricordi agli organizzatori –come Lei soltanto potrà insegnare e ricordare- che, a Palermo, la mafia, finora, si è cercato di combatterla, finanche, con le veglie notturne!
 
Un relatore ha detto che bisogna dare ai giovani, a coloro che hanno scelto di lavorare lontano, gli stimoli per tornare nel Salento.
Dopo quello che è capitato alla mia famiglia e finché non avrò ottenuto giustizia, non avverto un simile desiderio e il convegno a cui –casualmente- ho assistito mi è sembrato, piuttosto, l’ennesima e inutile passerella.
Ho una precisa idea di cosa siano i convegni e di cosa siano i monologhi. La conserverò gelosamente dopo avere constatato che, in un convegno sull’usura, sulla legalità e sullo sviluppo delle imprese, nessuno degli illustri relatori –con altissime competenze giuridiche- abbia fatto un cenno sull’usura bancaria pur non potendo ignorare che il Consiglio di Stato ne ha riconosciuto l’esistenza. E’, a mio avviso, un’offesa alle vittime di usura ed estorsione e, forse, anche a quei giovani, come me, che, ancora di più, vedendosi negata la parola, si fanno una precisa idea di come, ancora oggi, a Lecce si pretenda di insegnare la legalità senza dimostrarsi particolarmente sensibili al rispetto delle opinioni altrui.
Ho la speranza, comunque, che il Presidente della Camera di Commercio -che, a dire il vero, prima di salutarci ha ringraziato me e mio padre per il contributo di idee- mantenga fede alla promessa fattaci di organizzare un convegno sul tema dell’usura bancaria aperto all’intervento di tutti gli interessati.
Verranno gli stessi relatori? Sono convinto che il dott. Caselli, considerata la sua storia oltre che il suo noto senso delle Istituzioni, non farà mancare la sua presenza. Roberto Di Napoli

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Mio intervento nel corso della trasmissione su “La Tv della Libertà” dedicata alla malagiustizia

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 31 gennaio 2008

bannerTVE’ stata una puntata davvero interessante, secondo me, quella dedicata, oggi pomeriggio dalle 14 alle 16,30, da "La Tv della libertà" sulla casta dei giudici e sulla malagiustizia: un raro esempio di trasmissione televisiva dedicata a uno dei problemi principali di questo Paese. Ringrazio la redazione per avermi dato la possibilità di intervenire in diretta e in collegamento telefonico (cliccando sulla puntata del 31 Gennaio nell’"archivio delle puntate" sul sito della Tv della libertà, è presente l’intera trasmissione; oppure è possibile ascoltare il mio intervento è da 01.36.53 in poi). Ospiti della puntata, in studio, tra gli altri, vi erano l’amico e collega avv. Alessio Di Carlo (responsabile di Giustizia Giusta), l’on.le Jole Santelli (ex sottosegretario della Giustizia), l’avv. Tiziana Parenti (ex magistrato del pool Mani Pulite ed ex parlamentare) e Filippo Facci . Nel corso del collegamento, oltre ad un breve cenno su quanto accaduto alla mia famiglia, ho ricordato quelle che, a mio avviso, sono le cause e conseguenze principali  della mancanza di trasparenza nell’amministrazione della Giustizia in Italia e della scarsa fiducia dei cittadini nell’operato di alcuni magistrati: la composizione del CSM, i rapporti di parentela tra alcuni magistrati e alcuni avvocati nello stesso foro, la poca trasparenza in alcune sezioni esecuzioni immobiliari e la necessità di una seria riforma della legge sulla resposabilità civile e disciplinare dei magistrati. Emblematiche le opinioni di comuni cittadini "sulla giustizia" nel corso del servizio mandato in onda durante la trasmissione. Roberto Di Napoli

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No alla “casta” …… ma nemmeno ai “clan”

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 27 gennaio 2008

Parlamento
Post pubblicato anche sul sito "Giustizia Giusta" di cui ringrazio la redazione
Il discorso più serio e rispecchiante la triste realtà in cui si trova una parte, pur minima, della "giustizia" italiana pronunciato dall’ormai ex Ministro Mastella, secondo me, è stato proprio quello con cui ha spiegato le ragioni delle sue dimissioni.
Chi ha festeggiato nel sentire le parole “mi dimetto” (tappandosi le orecchie, però, per non ascoltare i motivi) e, successivamente, nell’apprendere la notizia delle misure cautelari adottate nei confronti di numerosi rappresentanti di un partito politico, ha dimostrato la propria immaturità ed ignoranza.
So che, di fronte agli sprechi, agli abusi di una certa classe politica può venire, istintivamente, da gioire quando si è informati di misure drastiche adottate nei confronti di alcuni rappresentanti.
Chi gioisce a priori, senza nemmeno preoccuparsi di riflettere, di riservare il beneficio del dubbio quando non si conoscono “le carte” o gli atti di una complessa vicenda giudiziaria, od, ancora, di osservare la presunzione d’innocenza fino a sentenza definitiva, dovrebbe considerare, però, che la privazione della libertà dei rappresentanti di un partito politico, ossia, di una parte di potere (centrale o locale) decretata da rappresentanti un altro potere (o meglio: di un ordine) è legittima e doverosa in presenza di gravi indizi di reato; è preoccupante per le sorti di una democrazia, però, se si dovesse riconoscere, poi, che quegli indizi non c’erano. In questo caso, in quest’ulteriore caso (non dimentichiamoci, infatti, di quei politici assolti all’esito dei processi instaurati negli anni di “Tangentopoli”), chi, oggi, festeggia dovrebbe sapere che la privazione della libertà di chi, in seguito, si scopre innocente significa illegittima privazione delle libertà di ognuno.
Il potere politico (abusi e sprechi a parte) rappresenta (o dovrebbe rappresentare) gli stessi cittadini. E’ per questo, ritengo, che gli arresti che si rivelino, poi, illegittimi nei confronti di chi li rappresenta (o dovrebbe rappresentare) comportano anche la privazione delle loro libertà da parte di chi, a differenza dei politici, non è stato “eletto” ma ha, solo, vinto un concorso ed ha un obbligo (tra gli altri): quello di osservare la legge e di farla osservare, sempre e nei confronti di chiunque. Non “ad orologeria”, dunque; non sulla base di “avversione politica” celata dietro apparenti ragioni di “pericolosità” che mai potrebbero costituire ragioni “giuridicamente rilevanti”.
In una democrazia, la “sistematica” o, comunque, frequente privazione della libertà (di circolazione, di pensiero o di parola) di rappresentanti del potere legislativo che si riveli, poi, carente dei presupposti che l’avevano giustificata, dovrebbe indurre a riflettere se quello stato democratico esista ancora o se, piuttosto, non vi siano i pericoli di una trasformazione o di un regresso in un autentico Regime.
Nella vicenda che ha coinvolto il Ministro della Giustizia e la moglie, non conosco, come non conosce nessun cittadino, gli atti per potermi formare un’opinione né, conseguentemente, per potere brindare per l’efficienza della magistratura o, al contrario, rattristarmi per l’ingiustizia. Per ora, presumo la loro innocenza, così come lo presume la stessa Costituzione.
Fanno schifo gli abusi, gli sprechi da parte di alcuni politici così come da parte di qualsiasi funzionario. Quando diventano “penalmente rilevanti” è giustissimo che ne siano scongiurati -anche con misure cautelari penali o reali- gli ulteriori effetti o l’inquinamento delle prove, che siano puniti con la sanzione più grave e, nei casi consentiti, “neutralizzati” con strumenti quali la confisca del profitto.
La condotta della “casta” dei politici è moralmente discutibile, qualche volta abominevole, altre volte, perfino, illecita e, come tale, perseguibile “d’ufficio”.
Ma è sicuro che quella dei politici sia l’unica casta e che tutti, proprio tutti, i giudici, “nessuno escluso od eccettuato”, siano dei santi?
È sicuro che mai e poi mai nessuno di loro commetterebbe o abbia mai fatto, per se o familiari, favoritismi simili a quelli di cui alcuni politici vengono, quotidianamente, accusati (alcuni, credo, giustamente)?
Se esiste una norma, un precetto che mi obbliga a credere nella "purezza" di tutti i magistrati, dovendo osservare l’ordinamento, quale cittadino, sono disposto a una simile …. professione di fede. L’accetterei come un dogma così come, ritenendomi un credente, un cattolico, un cristiano, credo e devo credere nella Verginità della Madonna. Non mi pare, però, che esista un precetto simile che obblighi a credere che tutti i giudici-persone fisiche siano dotati di analoga virtù. Alcune esperienze, anzi, (ma sono certo che si tratti di casi singolari che non si prestano a generalizzazioni; allo stesso modo per cui non penso che tutti i politici siano delinquenti) mi fanno credere il contrario.
C’è una casta di alcuni politici che accettano, col loro comportamento, il rischio di non essere più votati e di essere mandati a casa (se non in galera).
E’ noto, però, anche che ci sono figli, nipoti, mariti, mogli di alcuni giudici che fanno gli avvocati nello stesso pianerottolo o nello stesso ambiente dove esercita il loro “illustrissimo sig.”…. congiunto.
In una cittadina nella provincia del profondo Sud, c’è un "personaggio" che, la mattina, fa il giudice in una località distante pochi chilometri dal luogo di abituale residenza e, il resto della giornata, abita nello stessa casa dove la figlia dimora ed esercita la professione a tal punto da avere affisso, all’ingresso, la targa dorata. Ma io, ancora, non ho capito: chi abita lì? L’avvocato, il giudice, il giudice che può sembrare faccia anche l’avvocato o l’avvocato che può sembrare faccia anche il giudice (per interposte persone)? Ci sono, poi, alcuni avvocati, parenti di alcuni magistrati, che riescono ad avere agevolmente gli incarichi (assai remunerativi) in curatele, consulenze o assistenza in giudizio nell’ambito di determinate procedure giudiziarie o su mandato di banche od altri enti.
Gli abusi della casta dei politici, allorché si verifichino, è giustissimo che siano puniti con le sanzioni più severe, con le misure cautelari, oltre che con la sanzione inflitta dagli elettori non votando più né loro né il loro partito o movimento.
E gli abusi di quelle, per fortuna, poche -ma sempre preoccupanti- “schegge impazzite”? Chi le giudica, chi le punisce? Esiste la legge sulla responsabilità dei magistrati.
Ma è possibile che, di fronte a tutti quei casi che si qualificano di inescusabile “malagiustizia”, pochissimi giudici, dal 1988 [anno della legge sulla responsabilità civile dei magistrati] ad oggi, siano stati ritenuti colpevoli o puniti con sanzioni più severe di quelle che loro stessi vorrebbero inflitte, talvolta, alle persone comuni per fatti meno gravi?
E’ credibile che i politici siano tutti corrotti o corruttori, tutti mafiosi, "gentaglia" e i giudici, invece, tutti santi, tutti moralmente e giuridicamente onesti, tutti estranei, ai fini di alcune nomine in certi posti, a logiche non dissimili a quelle che si suole definire "politiche"?
Ho conosciuto, conosco, so bene che ci sono giudici integerrimi, onesti e preparatissimi come penso che sia la maggior parte dei magistrati e dei politici.
E’ giusto che ci sia una “pulizia” all’interno della classe politica quando si accertano dei fatti-reato.
La valutazione di fatti discutibili moralmente ma non costituenti reato è sottratta, però, al potere giudiziario: appartiene ad un potere superiore e, cioè, ai cittadini- elettori cui appartiene la sovranità e a cui i giudici non possono, certamente, sostituirsi a pena di determinare la confusione dell’amministrazione della giustizia con l’esercizio del potere legislativo: confusioni del genere appartengono alla Storia e non sono riconosciute né dalla Carta Fondamentale della Repubblica Italiana né, di certo, dalla Costituzione di alcuno Stato che possa definirsi “di diritto”.
Privilegi ed abusi della “casta” dei politici è giusto, ripeto, che siano conosciuti e valutati dai cittadini o giudicati dai magistrati territorialmente competenti, laddove esistano i presupposti per l’instaurazione di un procedimento giudiziario (senza dimenticare che anche le regole di competenza appartengono all’ordinamento e devono essere osservate al fine di garantire, a chiunque, il giudice naturale precostituito per legge).
Ritengo, però, sia altrettanto giusta e improcrastinabile una seria ed efficiente riforma sia dell’ordinamento giudiziario sia della legge sulla responsabilità civile dei magistrati. Non ci deve essere l’ormai famigerata “casta” ma nemmeno il più lontano sospetto, in nessun luogo, di piccoli “clan” impuniti che godano o possano godere di privilegi moralmente (e in qualche caso, forse, anche giuridicamente) disgustosi, almeno, quanto quelli di cui, oggi, vari politici sono accusati. Roberto Di Napoli

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