Avv. Roberto Di Napoli Esercita prevalentemente in difesa di vittime di abusi bancari e dei consumatori. Patrocinante in Cassazione e altre Giurisdizioni Superiori
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Mi è sembrata interessante la puntata di Ballarò andata in onda ieri 20 Marzo nel corso della quale, oltre ai paradossi e ai drammi subiti da imprenditori e cittadini vittime della crisi o dei ritardi nei pagamenti da parte delle Amministrazioni -e, ciononostante, vessati da Equitalia- si è parlato anche di corruzione. Oltre agli interventi degli ospiti in studio è stato mandato in onda un servizio sui paradossi e su affari “sospetti” di curatori, consulenti o avvocati nell’ambito delle procedure fallimentari (si può vedere spostando il cursore, direttamente, a partire da 3′ 00”). Tra le opinioni e testimonianze anche quella del mio amico, oltre che assistito, Vincenzo, figlio di onesti e instancabili imprenditori la cui società fu dichiarata fallita nel 1997 e nella cui procedura furono venduti vari beni immobili. Per evidenti ragioni giornalistiche il racconto andato in onda (che si può vedere spostando il cursore a partire da 5′ 00”) è molto breve limitandosi a ricordare il modesto valore realizzato dalla vendita di vari beni. In realtà, come tante storie simili, la vicenda è un pò più amara, ingiusta e paradossale considerato, oltretutto, che sono state spese svariate decine di migliaia di euro per spese legali affrontate dalla curatela (ma sempre, ovviamente, a carico del patrimonio del fallito o dei creditori legittimi) senza che sia stata fatta alcuna causa contro le banche che si ritengono, in gran parte, responsabili del dissesto. E’ anche per questo motivo che i genitori -da me difesi-, anni fa, ritennero di impugnare il rendiconto del curatore dimissionario. Non è detto che le cause contro le banche responsabili non saranno, comunque, avviate; di certo, però, non si potrà restituire il sorriso a una famiglia, ad un imprenditore ultraottantenne che, dopo una vita di lavoro onesto e dopo avere costruito un patrimonio ingiustamente sottrattogli, magari, di notte sogna di rialzarsi e di andare a lavorare e, di giorno, pensa alle ingiuste umiliazioni subite. Come questa, in Italia, tante famiglie e tanti onesti imprenditori. Le banche, i loro rappresentanti, i soggetti in qualsiasi modo coinvolti nelle procedure fallimentari, prima di farsi affascinare dai soldi o da affari laddove non leciti, dovrebbero pensare a queste sofferenze. E’ inevitabile, ci mancherebbe, qualsiasi atto previsto dalla legge a fronte di crediti legittimi e leciti. Quando, invece, il credito non è fondato o la pretesa è, addirittura, illecita non può dimenticarsi che le leggi già esistono e, se qualcuno non le rispetta, è pur vero che c’è sempre (o, almeno, ci dovrebbe essere) chi è obbligato, chi è tenuto a farle rispettare. Nelle procedure fallimentari, ogni pubblico ufficiale è tenuto a doveri ben precisi. Se, poi, anche questi, oltre a non ricordare il sacrosanto e preminente diritto della persona del “fallito” (che dovrebbe avere la stessa, per non dire maggiore, “meritevolezza di tutela” del diritto di credito essendo, altrettanto, fondamentale ed inviolabile) dovesse trascurare le regole in tema di assegnazione degli incarichi ai curatori, non distinguere i crediti leciti da quelli infondati o illeciti (ai danni, tra l’altro, del patrimonio del “fallito” oltre che dei creditori legittimi) , preferire di non promuovere “cause fastidiose”, in questi casi, non si può, di certo, rinunciare a pensare che, comunque, ci sono anche giudici onesti la cui esistenza non può far desistere i cittadini dal denunciare confidando sempre nella Giustizia: in Italia, in alcuni casi, eccessivamente lenta ma se, solo per questo motivo, il cittadino si arrendesse, di certo, corrotti, corruttori, usurai o, in genere, chi calpesta i diritti altrui, vincerebbero sempre e senza fatica.