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Archive for the ‘usura’ Category

… a proposito di usura ed estorsione. Nessuna provvisionale senza il parere del PM? TAR Campania accoglie il ricorso della vittima di estorsione

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 7 giugno 2012

Un mese fa circa, in un mio precedente post (cliccare qui per leggerlo), avevo espresso alcune mie considerazioni ritenendo singolare che le vittime di usura e racket (quasi sempre danneggiate dal punto di vista patrimoniale e non) debbano rivolgersi ai giudici amministrativi per ottenere ciò che un’apposita struttura, quale quella dell’ufficio del Commissario Straordinario del Governo col  Fondo di solidarietà (i cui costi sono a carico dei contribuenti), dovrebbe assicurare nel rispetto della normativa. Nello stesso post ricordavo soltanto alcune delle sentenze emesse da vari Tar che hanno annullato alcuni provvedimenti emessi dal Commissario del Governo: ciò senza nascondere la mia amarezza nel constatare che le vittime -le cui istanze dovrebbero essere valutate con la massima prudenza ed attenzione da parte della P.A. nel rispetto della persona umana, delle sue necessità quotidiane e in conformità con la ratio della normativa- debbano, invece, lottare anche contro provvedimenti che, per essere, poi, annullati dai giudici amministrativi, quantomeno suscitano alcuni interrogativi sull’efficienza di una struttura (costosa).

Nei giorni scorsi, il TAR Campania ha emesso una sentenza con la quale, ancora una volta, i giudici amministrativi hanno annullato un decreto emesso dal Commissario Straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket ed antiusura (cliccare qui per leggere il testo integrale della pronuncia).

Il “fatto”. Nel caso oggetto del ricorso, la vittima era un giovane imprenditore che, esasperato dalle continue e puntuali richieste di denaro da parte di alcuni estorsori, dopo averli denunciati, domandava l’accesso ai benefici economici previsti dalla normativa di tutela delle vittime di usura ed estorsione (leggi 108/1996 e 44/99). Veniva instaurato un procedimento penale ma, nel 2007, gli stessi soggetti riprendevano ad avanzare le illecite pretese con minacce che venivano, nuovamente, denunciate dalla vittima a tal punto da determinare l’arresto e la conseguente condanna all’esito di due diversi processi. Malgrado gli accertamenti effettuati su disposizione del Commissario del Governo e della Prefettura avessero confermato il danno patrimoniale patito dalla vittima consistito, soprattutto, nel calo del fatturato, nel 2009, tuttavia, il Commissario Straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket ed antiusura emetteva un decreto di rigetto della somma richiesta a titolo di provvisionale. Tale provvedimento era fondato, principalmente, su una circostanza: l’art. 17, quarto comma, l. 44/99, prevederebbe, ai fini della concessione della provvisionale, il parere del P.M. titolare delle indagini. Nel caso di specie, il P.M. aveva, più di una volta, dichiarato di non essere in grado di esprimere un parere essendo, il procedimento, in fase di indagini.

Avverso tale decreto, nel dicembre 2009, la vittima, da me difesa, proponeva ricorso al TAR Campania. Motivo dell’impugnazione, principalmente, l’errata e paradossale interpretazione data alla norma di cui all’art. 17, quarto comma, l. 44/99. Il P.M. non aveva formulato un parere (né positivo né negativo), bensì, aveva dichiarato di non essere in grado di esprimersi essendo il processo in fase di indagini. Pur a prescindere da tale ultima circostanza, tale affermazione equivaleva, secondo la difesa della vittima, a un “non parere”, ragion per cui l’iter volto alla concessione della provvisionale doveva procedere in ossequio a quanto previsto dalla stessa disposizione (che sancisce che, nel caso in cui il P.M. non si pronunci entro 30 giorni, il procedimento deve proseguire).

La decisione del TAR. Con la sentenza emessa il 1° Giugno 2012, i giudici amministrativi hanno accolto la tesi difensiva del ricorrente riconoscendo, in effetti, che la norma di cui all’art. 17, quarto comma, l. 44/99 non prevede un “parere favorevole” da parte del P.M. bensì che debba, esclusivamente, essere sentito. “La mancata espressione del parere sollecitato dall’autorità procedente, diversamente da quanto opinato da quest’ultima, non è di per sé preclusiva della concessione del beneficio, rispetto alla quale l’autorità deve comunque determinarsi, tanto più che proprio l’ultima parte del quarto comma dell’art. 17 prescrive espressamente che << il procedimento relativo alla concessione della provvisionale prosegue comunque nel caso in cui il pubblico ministero non esprima il parere nel termine suddetto ovvero nel caso in cui il pubblico ministero comunichi che all’espressione del parere osta il segreto relativo alle indagini>> (…)”. I giudici amministrativi hanno, pertanto, annullato il provvedimento di diniego condannando l’amministrazione alle spese di giudizio.

Un principio importante, dunque, quello correttamente affermato  giudici amministrativi soprattutto se si considera il diritto-dovere civico di denunciare l’usuraio o l’estorsore ma, al tempo stesso, la durata dei procedimenti penali o civili. Si è già verificato troppe volte che l’estorsore sia più veloce dello Stato e che, finchè si arrivi all’esito dei giudizi, il delinquente sia libero e felice, mentre, invece, la vittima che ha colto l’invito a denunciare confidando nella giustizia e nello Stato, abbia, invece, subito la distruzione dell’impresa o altri pregiudizi anche di carattere non patrimoniale. E’ evidente che tale paradosso non sarebbe compatibile con uno Stato di diritto. La sentenza del TAR -anzi, i provvedimenti emessi dai giudici amministrativi visto che altri simili, in favore delle vittime, ve ne sono stati negli ultimi anni che, analogamente, hanno correttamente interpretato la normativa- conferma, comunque, che le vittime devono continuare a denunciare l’usuraio e l’estorsore confidando nello Stato.

Per leggere la sentenza integrale cliccare qui.

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Ma è possibile che si deve ricorrere al giudice contro una struttura appositamente istituita a tutela delle vittime? Un’altra sentenza del Tar in favore di una vittima di usura colpita da depressione e ictus

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 2 Maggio 2012

La notizia riportata da vari giornali e di cui riporto il link alla fine di questo post dovrebbe rassicurare dal momento che i giudici amministrativi hanno accolto il ricorso della vittima annullando il provvedimento di diniego del Commissario Straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket. A me, però, rattrista ancora di più. E non solo per la triste vicenda che, nel caso di specie, ha visto due vittime: l’imprenditore colpito da depressione e ictus e la moglie deceduta. 

Mi pare scandaloso ed indegno di un Paese civile constatare che più volte, in troppi casi (a mio giudizio sarebbero troppi già più di uno), vittime già turbate, dopo avere denunciato confidando nello Stato di diritto (e, magari, accogliendo anche i solleciti dello Stato stesso secondo cui, come ricorda uno slogan: “denunciare conviene”), siano costrette a rivolgersi ai giudici amministrativi per ottenere ciò che un ufficio apposito e un Commissario Straordinario (istituiti con legge 108/96 e 44/99) dovrebbero assicurare con la massima celerità.

Il Commissario Straordinario per il coordinamento delle iniziative antiracket ed antiusura, secondo quanto prescritto dall’art.19 l. 44/99, deve essere nominato tra “tra persone di comprovata esperienza nell’attivita’ di contrasto al fenomeno delle estorsioni e dell’usura  e di solidarieta’ nei confronti delle vittime. Ritengo intollerabile, pertanto, che si possano firmare provvedimenti che, poi, vengono annullati dai giudici amministrativi; soprattutto, se si considera che, nel frattempo, ci sono persone umane con le loro famiglie che possono restare schiacciate dalle difficoltà quotidiane. Nelle Prefetture, da qualche anno dovrebbero essere in funzione dei “pool” che dovrebbero avere la massima conoscenza nel campo giuridico. Ricordo, invece, quando nell’agosto 2003, dopo avere depositato un’istanza per l’accesso ai benefici in favore di una vittima, dovetti discutere per settimane con una funzionaria (che avrei dovuto pensare fosse “espertissima”)  secondo la quale il procedimento non poteva essere avviato in quanto non avevo fatto uso dei moduli. In effetti, il modello prestampato conteneva poche righe a disposizione per esporre un caso piuttosto complesso e spiegai che non potevo che esporre il caso in un “atto” allegato. Non comprendevo, comunque, come potesse ritenere “improcedibile” un procedimento per il solo fatto che non avevo utilizzato il modulo messo a disposizione della Prefettura. Poi, l’ostacolo fu superato. Mi disse che non c’era problema ma ne preannunciò un altro: ossia che a carico della vittima pendeva una procedura fallimentare. Feci presente che, oltre a essere stata ottenuta proprio su istanza degli imputati di usura (e, dunque, sarebbe un paradosso se, a causa della maggiore velocità dell’usuraio e lentezza della giustizia, la vittima non potesse ottenere alcun beneficio) ed essere, oltretutto, non definitiva ma oggetto di un giudizio di opposizione, sarebbe stato sufficiente una pur sommaria lettura dei primi articoli della legge fallimentare quantomeno per domandarsi se un mutuo concesso in quanto vittima di usura potesse rientrare nell’attivo della procedura fallimentare o se, addirittura, la pendenza di tale procedura (ossia l’epilogo, il danno maggiore provocato dagli usurai – in quel caso, bancari) potesse precludere l’accesso ai benefici economici. Dopo due anni, nel 2005, un provvedimento del Commissario Straordinario negò, in effetti, l’accesso al Fondo di solidarietà a causa della pendenza della procedura fallimentare. Nel Febbraio 2008, però, il TAR accolse il ricorso della vittima annullando quel provvedimento. La sentenza non fu impugnata e, dunque, è diventata definitiva ma, ancora oggi, è rimasta ineseguita.

In un altro caso, ho letto una sentenza, sempre del Tar, con la quale è stato annullato un altro provvedimento del Commissario Straordinario (che, nel corso degli anni, ovviamente, è stato rappresentato da diversi prefetti o persone di “comprovata esperienza”). Nel caso di specie, ad una vittima che aveva subito la distruzione di un ristorante per un’esplosione provocata dagli estorsori, erano state negate le ulteriori anticipazioni per avere essa stessa dichiarato di essere stata costretta a chiudere l’attività a causa del danno psicologico subito. Il Tar ha annullato il provvedimento osservando, tra l’altro, che l’articolo 15 l. 44/99, laddove subordina l’erogazione delle rate successive alla prova che le precedenti siano state destinate ad attività economica, tuttavia, “presuppone, logicamente, che l’aiuto erogato sia stato tale da permettere la continuazione dell’attività stessa” (cliccare qui per leggere alcune mie considerazioni e la sentenza).

Ora, leggo quest’ulteriore triste vicenda e mi chiedo: ma è possibile che ci siano vittime che, dopo avere denunciato l’usuraio o l’estorsore, debbano rivolgersi ai giudici per ottenere il riconoscimento di quei diritti e benefici che una struttura pagata dai contribuenti e istituita appositamente per aiutare ed incentivare le vittime dovrebbe fornire con la massima celerità?

Era proprio opportuna, anni fa, la nomina a Commissario Straordinario di un soggetto (ora, non più in carica) condannato dalla Corte dei Conti e coi propri beni pignorati (non certo quale vittima di usura) ? Da cosa è stata desunta quella “comprovata esperienza“? 

Sempre che corrisponda al vero la notizia che un precedente Commissario Straordinario del Governo (lo stesso che, forse “distratto da altri pensieri” firmò il diniego alla vittima di ottenere l’accesso al Fondo a causa di una procedura fallimentare pur  non definitiva), dopo essere stato arrestato, abbia patteggiato la pena nell’ambito di un processo per abusi sessuali (questo almeno ho letto cliccando qui), non sarebbe doveroso che il Ministero degli Interni chiedesse scusa alle vittime e a tutti i cittadini?

Usura, Tar: “Colpito da depressione e ictus perché vittima degli strozzini” – Bari – Repubblica.it.

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ANCORA UNA VOLTA, VITTORIA DEGLI UTENTI BANCARI! LA CONSULTA DICHIARA INCOSTITUZIONALE IL “MILLEPROROGHE 2011”. SALVI I DIRITTI DI RESTITUZIONE ANCHE ANTERIORI AL DECENNIO!

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 5 aprile 2012

Fallito, ancora una volta, il tentativo delle banche di non restituire quanto indebitamente trattenuto per interessi anatocistici nei rapporti anteriori al decennio. La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 78 depositata oggi 5 Aprile (cliccare qui) ha finalmente deciso: l’articolo 2, comma 61, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10 è incostituzionale. I correntisti, soprattutto imprenditori, ricorderanno quanto prevedeva questa norma. In sede di conversione del d.l. 225/2010, senza nemmeno un esame da parte delle competenti commissioni parlamentari, fu inserita, da parte di un senatore, una norma (l’art. 2, comma 61,) col quale si stabiliva che l’art. 2935 cod. civ. sarebbe dovuto essere interpretato nel senso in materia di conto corrente bancario il termine prescrittivo per esercitare i diritti derivanti dalle annotazioni inizia a decorrere dalle annotazioni stesse. Non solo. “In ogni caso” non si sarebbe fatto luogo alla ripetizione di quanto già corrisposto. Era ed è evidente il vero scopo della norma: quello di superare le diverse pronunce della giurisprudenza che, da ultimo con la sentenza della Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite, aveva stabilito il principio opposto, ossia, che il termine di prescrizione decennale per potere richiedere la restituzione di quanto indebitamente corrisposto alla banca inizia a decorrere dal momento (successivo, dunque, alle annotazioni) dell’estinzione del rapporto.

Molti ricorderanno, inoltre, i titoli apparsi sui principali quotidiani nazionali (nei cui consigli di amministrazione siedono, spesso, rappresentanti del mondo bancario) che dando risalto alla norma -e poco, forse, alla “logica” e alla realtà-, ancora una volta, inducevano in possibili errori il lettore facendo credere in una vittoria delle banche e in una sconfitta dei poveri correntisti. Ricordo alcuni titoli del tipo “finiti i rimborsi per anatocismo”. Non c’era e non c’è niente di vero. La Corte d’Appello di Ancona, già a pochi giorni di distanza dall’entrata in vigore, aveva disapplicato la norma ritenendola, tra l’altro, potere avere efficacia innovativa e non interpretativa. Allo stesso modo avevano ritenuto altri giudici.

La Corte Costituzionale, oggi, ha “reso Giustizia”. Ha dato dimostrazione ai cittadini -che proprio in questo periodo hanno  bisogno di continuare a credere, soprattutto se si considera al numero di suicidi di imprenditori, magari, forse, anche vittime di abusi bancari o di difficoltà nell’accesso al credito- che ci sono giudici preparati e onestissimi, pure di fronte a colossi bancari.

Una mia impressione: la maggioranza di parlamentari, approvando quella norma ora dichiarata incostituzionale, ha dimostrato, l’anno scorso, non solo di non capire l’importanza dell’effetto moltiplicatore dell’anatocismo o il profondo stato di debolezza in cui si trova l’imprenditore o, in generale, il correntista: ha dimostrato, ancora una volta, di assecondare i potenti banchieri fino a tentare di eludere quanto la giurisprudenza prevalente, inclusa la Cassazione a Sezioni Unite, aveva ribadito. Quella di oggi è una vittoria, non solo degli utenti bancari, ma dello Stato di diritto. Di fronte ai politici che, dal 1999 ad oggi, hanno tentato e tentano di aiutare le banche scrivendo norme apposite, non può negarsi che sia anche una vittoria degli avvocati dei correntisti e delle ragioni dei più deboli che, dinanzi alla Corte, si sono sentiti rappresentati dall’amico e collega avv. Antonio Tanza. La maggioranza parlamentare, l’anno scorso, dimostrò di aiutare le banche. Grazie agli avvocati e ai giudici (anche a quelli che hanno continuato a difendere pure all’indomani del milleproroghe), quella norma è stata dichiarata incostituzionale e, dunque, inapplicabile.

Decine di volte mi è già capitato, solo negli ultimi mesi, nel leggere le difese delle banche, l’eccezione di prescrizione fondata sul “milleproroghe”. Non escludo, quindi, che ci possano essere banche che interpretino la sentenza della Corte ….. in loro favore, cioè al contrario di quello che espressamente e nella maniera più chiara possibile ha disposto. Credo che saranno sufficienti poche parole per replicare adeguatamente.

Ho visto, in questi giorni, che moltissimi visitatori hanno apprezzato il mio post del mese scorso nel quale indicavo il link attraverso il quale è possibile vedere ed ascoltare il video dell’udienza del 14 Febbraio scorso. 

Riporto, allora, di seguito, il link per potere leggere la sentenza integrale (numero 78 del 5 Aprile 2012- Relatore: Criscuolo) pubblicata sul sito della Corte Costituzionale. (cliccare qui).

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“Scusate, non vi abbiamo chiesto il permesso ma rimettiamo tutto a posto. Stiamo lavorando per Voi”: questo il ragionamento dei politici di fronte ai banchieri?

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 4 marzo 2012

Potrebbe sembrare una battuta ironica ma, dalle notizie pubblicate in questi ultimi giorni, dopo le dimissioni dei vertici dell’ABI, credo che le perplessità dei cittadini non siano molto diverse nel vedere i politici ingegnarsi su come porre rimedio dopo l’approvazione dell’emendamento risultato non gradito ai banchieri.

Ciò che rattrista, tra l’altro, credo che non sia solo l’assistere al “pronto intervento” dei parlamentari che tentano di trovare lo strumento col quale  “cancellare” o “neutralizzare” l’emendamento alla legge di conversione del recente d.l. liberalizzazioni che sancirebbe la nullità delle commissioni applicate dalle banche sugli affidamenti, bensì, il silenzio di quasi tutti i parlamentari dei quali nessuno ha ricordato i maggiori privilegi di cui le banche già godono.

Nel 1999 (d.lgs. 342/1999 che ha modificato l’art. 120 del Testo Unico Bancario), all’indomani della divulgazione delle cosiddette due sentenze della “primavera del 1999” con le quali la Suprema Corte di Cassazione aveva ribadito la nullità della capitalizzazione trimestrale degli interessi, subito il governo (allora, di centrosinistra) aprì le porte del Palazzo ai banchieri (se già non erano dentro) inserendo una norma nel Testo Unico Bancario al fine di legittimare quella capitalizzazione trimestrale riconosciuta illegittima dalla legge e dalla giurisprudenza. Ma evidentemente ai banchieri non era sufficiente. Bisognava, forse, vanificare il lavoro dei magistrati e correre ai ripari per evitare che i correntisti chiedessero, comunque, indietro i soldi che erano stati costretti a versare a causa dell’addebito di interessi anatocistici. La Corte Costituzionale, con sentenza n. 425 dell’Ottobre 2000, dichiarò l’incostituzionalità della norma inserita col d.lgs. 342/1999 laddove prevedeva la “sanatoria” in favore delle banche per il passato. Resta il fatto, però, che oggi, sui rapporti di conto corrente con affidamento instaurati successivamente all’entrata in vigore della delibera Cicr del 9 Febbraio 2000 o su quelli stipulati anteriormente nel caso in cui ci sia la sottoscrizione del cliente in merito alle nuove condizioni, le banche già godono della possibilità di capitalizzare il saldo con conseguente possibilità di applicare, ogni tre mesi, interessi sul saldo precedente già comprensivo di interessi, commissioni ed altri oneri. Quali sono gli effetti della capitalizzazione? Si consideri un fido utilizzato di 100 milioni di vecchie lire al tasso annuo del 20%: in dieci anni, piuttosto che 300 milioni, la banca, a causa dell’anatocismo, ne chiederebbe oltre 700 (senza considerare l’aumento ulteriore dovuto alle commissioni di massimo scoperto e altre spese). La Cassazione e tutti i Tribunali hanno riconosciuto l’illegittimità di tale prassi; i politici l’avrebbero legittimata per i rapporti successivi al 2000 purchè nel rispetto della delibera Cicr e di una “reciprocità” che si rivela, tuttavia, solo apparente ed inutile (come può, infatti, ritenersi utile la capitalizzazione di un interesse dello 0,050% in favore del cliente su un rapporto di affidamento che, tra l’altro, già implica che il correntista starà quasi sempre in rosso e quasi mai a credito?).

Penso che ogni ulteriore parola per evidenziare gli effetti del vantaggio di cui già godono sia superflua. Si pensi, però, a quanto ammonti il  profitto di ogni  singola banca tenuto conto di migliaia e migliaia di correntisti con fido.

Per tornare a tempi più recenti, l’anno scorso, dopo che la Cassazione a Sezioni Unite (sent. 2 Dicembre 2010) aveva posto la parola fine ai dubbi in merito al termine di prescrizione e confermato che il termine prescrittivo decennale per potere richiedere la restituzione degli indebiti inizia a decorrere dall’estinzione dei rapporti e non -come hanno spesso eccepito le banche in giudizio- dalla data delle operazioni, ecco che, ancora una volta, si è consentito ad un senatore di centrodestra (dunque, l’atteggiamento verso i banchieri è bipartisan) di inserire, all’ultimo momento (last minute, si direbbe, se si trattasse dell’organizzazione di un viaggio), nella legge di conversione del decreto legge “milleproroghe”, una norma di modifica all’art. 2935 cod. civ. (che da oltre sessant’anni nessuno aveva toccato). Con tale modifica si sarebbe cercato di stabilire (ma, forse, meglio sarebbe dire: i banchieri hanno preteso) che quella norma -proprio, all’indomani della pronuncia della Cassazione a Sezioni Unite- andrebbe interpretata nel senso che la prescrizione inizia a decorrere dalle singole annotazione. Norma scritta male -come confermato dalla più autorevole dottrina- , disattesa da vari giudici (App. Ancona, 3 Marzo 2011) e rimessa, comunque, alla valutazione della Corte Costituzionale che si pronuncerà nei prossimi giorni (cliccare qui per leggere un mio post o per sapere come poter vedere il video dell’udienza del 14 Febbraio scorso).

Ma ancora: dopo nemmeno due mesi, sempre l’anno scorso, col cd. “decreto sviluppo”, si è modificato il meccanismo di determinazione del tasso soglia ai fini della verifica dell’usurarietà. La legge 108/1996 aveva stabilito che il tasso soglia (oltre il quale si configurerebbe l’elemento oggettivo del reato di usura) doveva essere pari al tasso medio rilevato dalla Banca d’Italia nel trimestre precedente aumentato della metà. Le banche, spesso, hanno superato tale tasso e non sono pochi i processi penali. Col decreto sviluppo, a Maggio dell’anno scorso, ancora una volta si è posto rimedio. In che modo? Si è alzata la soglia. (cliccare qui per leggere il mio post scritto su tale modifica) Non più, dunque, tasso medio aumentato della metà ma tasso medio aumentato del 25% più quattro punti percentuali con un top massimo di otto punti. Chissà se qualcuno abbia pensato che in tal modo, nei processi penali a carico di responsabili di banche, si sarebbe potuto-dovuto applicare il regime più favorevole all’imputato in applicazione dei principi che disciplinano la successione di leggi penali nel tempo. Di certo, non il Presidente dell’Abi che, a quanto pare, pensa sempre e soltanto ai bisogni delle famiglie e imprese. All’indomani di tale modifica, salutò con favore il nuovo meccanismo affermando che, in tal modo, le banche avrebbero potuto concedere mutui a famiglie e imprese con maggiore facilità senza correre il rischio di superare il tasso soglia (a quanto, pare, invece, i mutui sono stati concessi sempre con maggiore difficoltà). In ogni caso, se il desiderio, invece, era quello di far cadere processi, chi pensava di fare un regalo aveva dimenticato che non tutte le ciambelle riescono col buco. La Cassazione penale, con sentenza del 19 dicembre scorso, infatti, ha escluso che la modifica del meccanismo di determinazione del tasso soglia possa applicarsi al fine di ritenere non più punibile il fatto commesso precedentemente alla modifica legislativa (chissà se, appena avranno tempo, i parlamentari non correranno, ancora una volta, ai ripari anche sotto tale profilo potendo, ora, godere dell’esperienza di “tecnici”).

Ora, durante i lavori parlamentari relativi alla legge di conversione al decreto liberalizzazioni, al Senato sarebbe stato approvato un emendamento che sancirebbe la nullità delle commissioni applicate dalle banche sugli affidamenti. I vertici dell’Abi si sono subito dimessi e, da quanto si apprende dai giornali, i parlamentari starebbero studiando come “chiedere scusa” ai banchieri. Avranno, forse, pensato di essere stati eletti dal popolo, di dovere essere vicini ai cittadini o di essere liberi o sovrani nel legiferare.

Da quanto riportato su qualche giornale, anche Casini (genero di Caltagirone, ex componente del cda del Monte Paschi di Siena) avrebbe sollecitato l’urgenza di porre rimedio. Gasparri, invece, molto più prudentemente, avrebbe sollecitato maggiore attenzione nel rispetto delle procedure e ricordato che “il Parlamento non è una filiale di un istituto di credito” (vd. articolo su Il Sole 24 ore di oggi cliccando sul link in fondo a questo post). 

Ma è possibile che nessun parlamentare ricordi gli effettivi privilegi di cui già godono le banche, i privilegi che hanno consentito di distruggere aziende storiche e far fallire imprese italiane? E’ possibile che nessuno consideri che le imprese dovrebbero costituire l’ossigeno di un Paese? Mi pare assurdo che lo Stato incentivi a denunciare l’usuraio, l’estorsore e pensare che ci possano essere politici che danno al cittadino l’impressione di non essere liberi nel legiferare e che dimostrano la massima velocità quando a protestare sono i banchieri. 

Sentire o leggere affermazioni secondo cui la norma sarebbe un “pasticcio” che va evitato comporterebbe qualche domanda: perchè, allora, non si rileva altrettanta urgenza nel correggere altre leggi, come quella appena entrata in vigore (l. 3/2012) di modifica della normativa sui benefici alle vittime di usura ed estorsione che, di certo, non sembra avere scongiurato tutti i problemi interpretativi della precedente normativa e che, in quindici anni, non si è rivelata molto utile alle vittime? Perchè non viene abrogata la norma (art. 120 T.U.B.) che già consente alle banche la capitalizzazione trimestrale?

Forse c’è davvero bisogno di una modifica alla Costituzione. Abbiano il coraggio di proporre la modifica dell’art. 1. La sovranità appartiene al popolo? Il potere legislativo è davvero esercitato liberamente dal Parlamento? Non ne sono molto convinto. Temo che i nostri rappresentanti debbano chiedere il permesso ai banchieri prima di ogni modifica o di ogni legge che possa toccare i loro “interessi”. Questa volta non era stato chiesto. Dopo le proteste e le dimissioni dei vertici dell’Abi, però, hanno dimostrato di affrettarsi per correggere subito lo sbaglio. Sarebbe un  danno, secondo quanto si legge sui giornali, se il decreto legge venisse convertito con quel divieto di commissioni pure se la modifica “correttiva” venisse, poi, inserita nel prossimo decreto legge in quanto, sia pure per pochi giorni, sarebbe in vigore quel divieto. Mi viene in mente il titolo di uno dei tanti bei film di Massimo Troisi e le cui parole, forse, saranno venute in mente anche a quei parlamentari che, piuttosto che tutelare gli interessi dei cittadini, dei correntisti o dei “comuni mortali”, stanno sudando per non fare arrabbiare i potenti banchieri: Scusate il ritardo!

Commissioni bancarie, spunta il decreto fiscale – Il Sole 24 ORE.

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AAA può essere il rating dell’impresa che denuncia l’illegalità pure nei confronti di banche o può essere solo una sigla seguita da “cercasi banca sensibile verso chi contesta abusi bancari”?

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 17 febbraio 2012

Ho letto che il delegato nazionale Confindustria per la legalità, Antonello Montante, si è fatto promotore di un’iniziativa soprannominata “rating di legalità” (per leggere l’articolo sul sito di Panorama, cliccare sul link indicato sotto al presente post): idea apprezzabile ma ancora più utile sarebbe, a mio avviso, se si tenesse maggiormente in considerazione ogni “illegale” o “illecito” ostacolo  all’attività imprenditoriale e il coraggio di chi denuncia. Di fronte a banche che, nell’istruttoria finalizzata alla concessione di finanziamenti o anticipazioni richieste, sono solite valutare il rating dell’azienda, attraverso, principalmente, l’analisi del bilancio e del rischio, il delegato di Confindustria ha proposto di ampliare i criteri con viene giudicata l’affidabilità sollecitando, in particolare, una maggiore attenzione affinché sia considerato il fatto che quell’azienda ha denunciato l’illegalità. Un’iniziativa, ripeto, che condivido sia per evitare che le imprese -come dichiarato da Montante in un’intervista a Panorama- si trovino di fronte ad un “drammatico dilemma: rivolgersi agli usurai o cessare l’attività” sia per l’obbligo che si dovrebbe avere di “tenere in vita le piccole e medie imprese che sono la memoria del Paese” .

Ho, però, la sensazione che non si tenga conto o si sottovaluti il fenomeno degli abusi bancari di cui sono -o sono state- vittime migliaia di imprese e famiglie. Non si può, ancora oggi, ignorare che in ogni parte d’Italia ci sono migliaia di esecuzioni immobiliari o cause di opposizione a decreti ingiuntivi aventi origine in pretese, da parte di banche, fondate su titoli nulli (come, ad esempio, i mutui stipulati per estinguere posizioni debitorie su conti corrente con la stessa banca mutuante) o su saldi passivi determinatisi a causa dell’addebito, nel corso degli anni (o di decenni), di interessi, commissioni od oneri non pattuiti coi criteri imposti dalla legge e capitalizzati trimestralmente fino a divenire usurari. Si è già verificato, più volte (e lo confermano le sentenze ottenute dal 1999 ad oggi), che, all’esito dei lunghi giudizi, l’impresa o l’utente bancario si rivela creditore e non debitore della banca. Nel frattempo, però, l’impresa è fallita o il cittadino è esausto e privo di forze dal momento che nemmeno riesce ad iniziare una nuova attività a causa di illegittime segnalazioni presso le “centrali rischi”.

Ci sono, già da anni, “accordi quadro” firmati da Abi, banche, Ministero dell’Interno e Prefetture per il sostegno alle vittime di usura ed estorsione. Quando il correntista, o, in genere, utente bancario, però, risponde alla lettera di revoca del fido chiedendo alla banca di rideterminare la posizione contabile applicando quanto sancito dalla legge o i principi affermati dalla giurisprudenza unanime, mi è capitato di vedere, al massimo, solite lettere standard con le quali si ignorano o si smentiscono gli stessi principi affermati dai giudici.  A cosa servono, allora, gli accordi quadro se l’utente, dopo essere stato costretto a denunciare per usura o estorsione i responsabili di una banca o, comunque, dopo avere contestato il saldo passivo perchè non lo ritiene validamente determinatosi, trova tutte le porte chiuse?

Condivido, quindi, e apprezzo la proposta del delegato nazionale della Confindustria di far tenere in considerazione, nella valutazione del rating, anche il fatto che quell’impresa ha denunciato l’illegalità.

Non leggendo alcun accenno agli abusi bancari mi chiedo, però: bisogna considerare, ancora, come se fosse un dogma, l’infallibilità della banca, l’impossibilità che questa commetta usura o estorsione, o si può (si deve), invece, prendere atto delle svariate denunce presentate da imprenditori coraggiosi e delle innumerevoli sentenze civili che, negli ultimi anni, hanno riconosciuto, spesso, il debito e non il credito delle banche per l’illegittimo addebito di interessi, commissioni ed oneri anatocistici od usurari? Eppure il Consiglio di Stato, anni fa, in un parere, ha ritenuto equiparabile l’usura bancaria a quella criminale! A volte, poi, sono le stesse pretese (giuste o meno che siano) che possono spingere l’utente più debole o disperato a rivolgersi agli usurai. Proprio giorni fa, ad esempio, su La Gazzetta del Mezzogiorno, è stata pubblicata la notizia di una storia comune a tanti: un imprenditore che, di fronte alle richieste perentorie di un direttore, si è chiesto se deve essere costretto a rivolgersi agli strozzini. Sul sito de “Il Corriere della Calabria”, oggi, poi, è stato pubblicato che a Roma lo storico “Cafè de Paris” di Via Veneto, “meta preferita non solo da Fellini negli anni della “Dolce Vita”  ma, evidentemente, anche della ‘ndrangheta nelle cui mani era finito, mentre prima trovava aperte le porte degli istituti bancari, ora, invece, che è stato confiscato e restituito allo Stato, ha difficoltà

E’ auspicabile, allora, che il rating delle imprese che si oppongono alle richieste di somme non dovute o superiori a quelle consentite, pur quando provengano da banche (o da banchieri), sia, un giorno, classificato con quella triplice AAA con cui, in genere, le agenzie classificano gli Stati o le imprese maggiormente affidabili e prive di rischio. In Italia, però, finchè la situazione resta come quella attuale in cui si consente alle banche e ai loro responsabili, impunemente (se non, addirittura, premiandoli con “premi alla carriera”), di distruggere o far fallire imprese con i conseguenti pregiudizi al diritto di proprietà degli imprenditori, al lavoro dei dipendenti e al risparmio o agli utili dei soci od investitori  (quando non, addirittura, alla salute e alla vita visto che non sono pochi gli imprenditori che si sono ammazzati, negli ultimi anni, a causa della crisi o del negato accesso al credito)- temo che AAA possa, soltanto, essere una sigla che preceda una richiesta: AAA cercasi banca disponibile a sostenere chi si ribella ad indebite richieste bancarie. 

Cliccare qui per leggere l’articolo pubblicato sul sito web di Panorama dal titolo “Confindustria: la tripla A delle imprese antimafia“;

cliccare qui per leggere la notizia pubblicata sul sito de La Gazzetta del Mezzogiorno “Imprenditore denuncia «Costretto dalla banca a rivolgermi agli usurai»“;

cliccare qui per leggere l’articolo sul sito de Il Corriere della Calabria “Banche avare con il “Café de Paris.

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L’Industriale, un bel film, molto attuale, sul dramma di un imprenditore di fronte all’arroganza delle banche

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 30 gennaio 2012

Il seguente post è stato scritto il 24 Gennaio 2011. La data del 30 Gennaio 2012 deriva da un errore nell’importazione del blog da “splinder” sul quale questo stesso blog era ospitato prima della chiusura della piattaforma.

Domenica scorsa ho visto, al cinema, un bel film: L’ IndustrialeUn film che consiglio, soprattutto, a chi non ha ancora l’idea del dramma che, in questo momento, vivono tanti imprenditori o industriali alle prese, ogni giorno, con la difesa dei propri beni, della propria azienda, del lavoro degli operai, della propria dignità di fronte all’arroganza delle banche. Credo che, ancora oggi, infatti, ci possano essere persone che, quando sentono di imprenditori in difficoltà o con “problemi bancari”, pensano subito ad una disgrazia, ad un “calo del fatturato”, ad una “crisi del settore” se non quando mettono in dubbio, addirittura, le capacità o l’onestà dell’imprenditore.

Non tutti conoscono o capiscono, invece, il vortice in cui, spesso, entra l’imprenditore con le conseguenti difficoltà per uscire non solo dalla crisi economica ma dalle pretese delle banche.
L’Industrialefilm diretto da Giuliano Montaldo, interpretato da Pierfrancesco Favino (nei panni del protagonista, Nicola) e Carolina Crescentini (Laura, la moglie dell’industriale) credo che contribuisca a fornire un’idea, sia pur minima, del disagio, del dramma che, anche nella realtà, oggi, può vivere qualunque imprenditore onesto quando, a causa degli “aut-aut” del direttore della banca, si trova improvvisamente di fronte al rischio o alla minaccia del fallimento, della distruzione di ciò che lui -o chi lo ha preceduto-  ha creato e, soprattutto, quando deve dare risposte agli operai.
Nel film di Montaldo, Nicola, l’industriale, vede, poi, ad un certo punto, il rischio che ad essere travolto sia anche il matrimonio. Ed, infatti, non poche volte, il dramma dell’imprenditore non consiste solo nella preoccupazione di salvare l’impresa. Un problema può generarne altri ed è in quei momenti che si mette alla prova il proprio equilibrio psico-fisico.
Nella realtà, ho visto e vedo imprenditori che hanno perso anche la propria salute o la famiglia e, privi di forze, dopo avere perso tutto, continuano a conservare la dignità, l’onestà, la bontà e l’umanità. Ascolto spesso storie di persone, di imprenditori che, quando mi raccontano la loro storia, la causa dei loro problemi, i loro sacrifici -spesso, calpestati dalla prepotenza bancaria- le loro perdite, noto che i loro occhi lucidi, il tono di voce raccontano ancora di più. Questa è la triste realtà.
L’Industriale, nel film, invece, alla fine, ha la fortuna di vedere salvata l’impresa ma ……… non si rivela un eroe. Anzi.

Riporto, di seguito, il link di Primissima.it, con la recensione e i motori di ricerca per trovare le sale dove è possibile vederlo (cliccare qui) e il link di Movieplayer.it (cliccare qui) nel cui sito è possibile trovare un’altra scheda, forse, a mio avviso, “poco generosa” in quanto al film, agli autori e al regista va attribuito il merito di avere, comunque, offerto di riflettere su un tema, in questo momento, così importante, ossia, sul difficilissimo rapporti banca-impresa-economia del Paese. Roberto Di Napoli

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Approvati alla Camera, grazie all’On.Rita Bernardini, gli emendamenti da me sollecitati a difesa delle vittime di usura e racket (poi, anche al Senato e, infine, legge 3/2012)

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 4 novembre 2011

GRAZIE
ANCHE A CHI HA FIRMATO ON LINE LA MIA PETIZIONE O HA, COMUNQUE, ADERITO SOSTENENDOLA.

DOBBIAMO, PERO’, CONTINUARE A FAR SENTIRE LA VOCE DELLE VITTIME
AFFINCHE’ SIANO APPROVATI ANCHE AL SENATO, INSIEME AD ALTRE IMPORTANTI MODIFICHE
PER UNA TUTELA EFFETTIVA DELLE VITTIME DI USURA ED ESTORSIONE.

ABBIAMO AVUTO CONFERMA CHE ESISTONO ANCHE PARLAMENTARI SENSIBILI, CORAGGIOSI E COMPETENTI.

DIFFIDIAMO DA CHI PENSA SIA SUFFICIENTE APPARIRE O PARLARE UTILIZZANDO LE VITTIME PER QUOTIDIANE CAMPAGNE ELETTORALI E VEDIAMO CIO’ CHE FANNO DI CONCRETO, ALTRIMENTI …… LICENZIAMOLI NON VOTANDOLI PIU’!!!

(PRECISAZIONE AGGIUNTA IL 19 FEBBRAIO 2012)

…….. e ci siamo riusciti: i nostri suggerimenti, ora, sono diventati legge! Legge 3/2012 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 30 Gennaio 2012 (entrerà in vigore al trentesimo giorno da questa data)

Roma, 4 Novembre 2011- Dopo oltre due anni, posso finalmente rispondere a tutti coloro i quali hanno messo la propria firma on line per sostenere la mia petizione (n. 672/2009) inviata alla Camera dei Deputati e con cui suggerivo vari emendamenti al disegno di legge di riforma della normativa antiusura ed antiracket. Ce l’abbiamo fatta e, anche a nome di tane vittime, vi ringrazio. Almeno, per ora abbiamo fatto sentire la nostra voce anche se dovrà essere fatto ancora tanto affinchè le vittime di usura ed estorsione siano effettivamente tutelate ed è per questo che lascerò sopra il banner che potrà continuare ad essere utilizzato. Credo, però, che chi ha a cuore tali problemi, o per averli vissuti o perchè, comunque, comprende il dramma, debba ringraziare, in particolare, l’on. Rita Bernardini, leader dei Radicali le cui battaglie per i diritti civili (anche con scioperi della fame e della sete per lunghissimi periodi), affianco a Marco Pannella, sono ben note e mi è superfluo ricordare.

A quali emendamenti mi riferisco: il disegno di legge (S. 307) di iniziativa del senatore Centaro) era stato già approvato al Senato e trasmesso alla Camera dei Deputati il 2 Aprile 2009 (A.C. 2364). Il testo legislativo contiene una prima parte, dedicata alla modifica di alcune norme delle leggi n. 108/96 e 44/99 di tutela delle vittime di usura ed estorsione e una seconda parte dedicata alla crisi da sovraindebitamento (che, secondo me, data la complessità della disciplina e procedimento sarebbe stato opportuno inserire in diverso e autonomo disegno di legge).

Due anni fa, appena lessi il disegno di legge così come era stato approvato, ripeto, all’unanimità, al Senato, in un primo momento, mi sembrava costituisse un grande “passo in avanti”. Recependo il principio affermato dai giudici amministrativi, leggevo che avrebbe consentito, innanzitutto, anche all’imprenditore vittima di usura od estorsione a cui carico pendesse una procedura fallimentare di ottenere i benefici economici (il mutuo o l’elargizione) previo parere del Giudice Delegato e purché a suo carico non pendessero procedimenti penali per vari reati. All’evidente fine di tentare di sanare un contrasto interpretativo che, in questi anni, si è registrato in giurisprudenza, veniva previsto, poi, che competente ad emettere il “parere” ex art. 20 l. 44/99 che consentirebbe alla vittima di ottenere la sospensione per trecento giorni delle esecuzioni o del pagamento di tributi sarebbe stato non più il Prefetto sentito il Presidente del Tribunale, bensì, il Pubblico Ministero titolare delle indagini sull’usura od estorsione denunciata e che tale sospensione sarebbe prorogabile per una sola volta.

Riflettendo bene, però, sugli effetti delle disposizioni, cominciai ad avere la sensazione che se, ad una prima lettura, potevano apparire “un passo in avanti”, ad un esame più attento, sembravano “due passi indietro” a svantaggio, ancora una volta, delle vittime. L’imprenditore-vittima- fallita potrebbe avere accesso al Fondo di solidarietà purchè non pendesse un procedimento penale e previo parere del Giudice Delegato? E se -come avviene quasi sempre-, emessa una sentenza di fallimento a carico della vittima, quest’ultima viene indagata in un procedimento penale per bancarotta che può, però, concludersi anche con una sentenza di assoluzione se non con un provvedimento di archiviazione? Non può accedere ai benefici o all’aiuto da parte dello Stato anche se il vero colpevole del fallimento è l’usuraio o l’estorsore? E se, ad esempio, quest’ultimo si vendica denunciando per calunnia la vittima? Perchè, poi, affidare le sorti dell’imprenditore-vittima-persona umana al solo Giudice Delegato senza prevedere la possibilità di reclamo al collegio avvverso l’eventuale parere negativo? Perchè, poi, soprattutto, chiamare la sua decisione “parere” e non “provvedimento”? Ancora: perchè consentire i benefici all’imprenditore individuale fallito e non anche all’imprenditore che abbia esercitato od eserciti l’impresa in forma societaria? Per quale ragione, ancora, consentire la proroga della sospensione per 300 giorni ex art. 20 l. 44/99 per una sola volta, piuttosto, come sarebbe più giusto, fino all’esito del procedimento amministrativo volto all’ottenimento dei benefici? La ratio di questa sospensione dovrebbe essere quella di evitare che la vittima indebitata si rivolga agli strozzini finchè non si definisca il procedimento amministrativo: che colpa ha, allora, se già sconvolto a causa degli episodi di cui è stato vittima e dopo avere avuto il coraggio di denunciare, è lo Stato a tardare? Sono a conoscenza, addirittura, di una sentenza emessa dal TAR Puglia che condanna il Fondo ad erogare una provvisionale e, dopo oltre tre anni, è rimasta un pezzo di carta o di una vittima di estorsione che, dopo avere fatto arrestare gli estorsori, dal 2006, vede il P.M. che dichiara non essere in grado di esprimere un parere per la provvisionale in quanto pendono indagini. Insomma: ho pensato a varie modifiche di cui abbisognava quel testo.

Nel giro di pochi giorni, predisposi, in forma di petizione, vari suggerimenti (ognuno con la motivazione giuridica per la quale, secondo me, erano opportuni) che inviai al Presidente della Camera dei Deputati e a tutti i membri della Commissione Giustizia. Sono migliaia le petizioni che arrivano in Parlamento ogni anno e chiunque può leggerle dal sito della Camera. Formalmente, mi pare di capire, vengono annunciate ad una seduta apposita della Camera e assegnate alle Commissioni competenti. Non so quante vengano seriamente valutate e temevo che anche la mia restasse menzionata tra gli allegati del resoconto stenografico.

Dopo qualche giorno, incontrando per caso l’on. Rita Bernardini e conoscendo la sua storia di deputata coraggiosa e sensibile per la difesa dei diritti civili, accennai a quelle che, a me, sembravano delle incongruenze. Già dopo pochi giorni, ricevetti conferma della sua sensibilità facendo  propri e firmando gli emendamenti. Allo stesso modo, nel settembre 2009, alla vigilia di una seduta in Commissione Giustizia, incontrando, per strada a Roma, l’on. Veltroni gli accennai dell’importanza degli emendamenti e dell’imminente scadenza per il deposito. Analogamente telefonando alla segreteria di vari altri parlamentari, di maggioranza e di opposizione (dal bollettino delle sedute della Commissione Giustizia della Camera possono leggersi i lavori preparatori e, dunque, anche gli emendamenti presentati). L’anno dopo, conobbi anche l’on. Domenico Scilipoti e, prima ancora di fondare insieme il Forum Nazionale Antiusura Bancaria, in un primo convegno, parlai dell’importanza di tali modifiche.

Nel frattempo, ho inserito una sintesi delle modifiche suggerite su firmiamo.it e chiesto, a chi volesse sostenerle, di firmarle on line.

A fine Maggio di quest’anno, un giorno, mi sono accorto che l’aula della Camera dei Deputati, due mesi prima, aveva già delegato la Commissione Giustizia ad esaminare il testo ed approvarlo in sede legislativa senza, dunque, necessità di esame in aula. Temevo che i miei suggerimenti venissero ignorati.

Grazie anche al sostegno di tutti (oltre 200 persone se si considera che, oltre alle firme su firmiamo.it, ci sono molte adesioni su facebook o attraverso varie email ricevute e fax) ma, soprattutto, grazie all’impegno, all’efficienza e alla solidarietà dell’on. Rita Bernardini i miei modesti suggerimenti costituiscono, ora, alcuni degli emendamenti approvati definitivamente dalla Camera dei Deputati nella seduta del 26 Ottobre 2011 della Commissione Giustizia. Siamo riusciti, in sostanza, grazie al sostegno di chi ha aderito a quanto io, da semplice cittadino prima ancora che avvocato, avevo suggerito, ma, soprattutto, ripeto (non è un elogio politico di cui, di certo, non ha bisogno), grazie alla deputata radicale, a modificare un disegno di legge che, così come approvato al Senato, a mio avviso, ledeva vari diritti costituzionali (tra cui il principio di non colpevolezza fino a sentenza definitiva) oltre che essere poco utile alle vittime.

Non credo, infatti, che quel testo possa essere molto più utile di quello vigente ma, almeno, sempre che il Senato (cui, ora, è stato di nuovo trasmesso per l’esame conseguente alle modifiche) lo approvi, si sono evitate alcune incongruenze e ulteriori paradossi.

Così come io, infatti, avevo suggerito, è stato soppresso l’aggettivo “individuale”consentendo, dunque, la concessione dei benefici all’imprenditore sia che eserciti in forma individuale sia in forma societaria; sono state soppresse le parole “indagato o imputato” e aggiunto la parola “definitiva” prevedendosi, così, che l’imprenditore-vittima a cui carico penda un fallimento, perda il diritto ai benefici solo in caso di condanna “definitiva” e non, dunque, per la sola pendenza di un procedimento penale. E’ stato sostituito il termine “parere” con quello di “provvedimento” al fine di denominare la decisione del Giudice Delegato e previsto che contro il suddetto provvedimento sia possibile presentare reclamo al Tribunale collegiale di cui non può far parte il Giudice del provvedimento impugnato. Allo stesso modo, come avevo suggerito, anche per evitare che continuino i dubbi “dannosi” che si sono registrati in questi anni in merito alla natura del “parere” del prefetto e del Presidente del Tribunale (nel testo del disegno di legge sarebbe prevista la competenza del Procuratore della Repubblica), è stato sostituito il termine con quello di “provvedimento” .

Insomma, credo e spero di avere dato un minimo contributo -da semplice cittadino, non credo che potessi fare di più che sollecitare i pochi parlamentari sensibili- nell’interesse delle vittime di usura ed estorsione. Sono certo, però, che è pochissimo rispetto a tante altre modifiche che devono, ancora, essere fatte affinchè le vittime siano effettivamente tutelate. In merito, ad esempio, alla prorogabilità della sospensione ex art. 20 l. 44/99, non potendo addebitarsi alla vittima il ritardo della Pubblica Amministrazione nella gestione del procedimento amministrativo, avevo suggerito la prorogabilità della sospensione fino all’esito del procedimento con la possibilità, per il creditore o per la vittima stessa che si assuma danneggiato, di proporre, dopo la prima proroga, il ricorso per l’indennizzo ex lege 89/2001 (legge Pinto) con obbligo di trasmissione del decreto alla Corte dei Conti (come già avviene per i ritardi dei processi) al fine di consentire allo Stato la rivalsa sul funzionario inefficiente. I deputati della Commissione Giustizia, poi, apportando le necessarie modifiche da me suggerite a tutela dell’imprenditore-vittima di usura non si sono accorti, probabilmente, che analoghe esigenze e diritti ha l’imprenditore vittima di estorsione. Sarà necessaria un’equiparazione al fine di evitare disparità incostituzionali.

Continuerò, nel mio piccolo e secondo le mie modestissime possibilità da cittadino, ad adoperarmi affinchè anche queste ulteriori modifiche possano concretizzarsi.

Riporto di seguito, il link del:

  • disegno di legge approvato al Senato e trasmesso alla Camera dei Deputati il 2 Aprile 2009 (per leggere il testo, cliccare qui);

  • testo della mia petizione con gli emendamenti suggeriti ai vari deputati (per leggerla e confrontarla con gli emendamenti approvati e riportati alla fine del  post, cliccare qui) ;

  • seduta della Camera dei Deputati del 18 Giugno 2009 nella quale, tra le tante, è stato dato atto della petizione da me inviata (per cercare, digitare mio cognome con la funzione “trova” cliccando qui);

oltre al seguente estratto del testo (pubblicato sul sito della Camera dei Deputati) della seduta del 26 Ottobre 2011 della Commissione Giustizia nella quale, tra gli altri, sono stati approvati gli emendamenti (identici a quelli da me suggeriti con la petizione n. 672/2009) presentati e firmati dall’on. Rita Bernardini e da altri deputati .
Per una scheda di confronto del testo in formato pdf così come approvato, ad aprile del 2009, dal Senato all’unanimità e il testo, così come risultante in seguito agli emendamenti (tra i quali, quelli da me suggeriti) approvati alla Camera e, nuovamente, trasmesso al Senato, cliccare qui.

Roberto Di Napoli

Estratto dal resoconto della seduta della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati del 26 Ottobre 2011
ALLEGATO 2

Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovraindebitamento (C. 2364-728-1944-2564).

EMENDAMENTI E SUBEMENDAMENTI APPROVATI

ART. 1.

Al comma 1, lettera a), capoverso «2-bis», sopprimere la parola: individuale.
1. 500.Bernardini, Beltrandi, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti.

Al comma 1, lettera a), capoverso «2-bis», sostituire le parole: previo parere favorevole del giudice delegato al fallimento, con le seguenti: previo provvedimento favorevole del giudice delegato al fallimento.

Conseguentemente al medesimo capoverso, dopo le parole: è sospesa fino all’esito dei relativi provvedimenti, aggiungere le seguenti: Avverso il provvedimento contrario del giudice delegato è ammesso reclamo al tribunale fallimentare di cui non può far parte il giudice che ha emanato il provvedimento reclamato.
1. 501.Bernardini, Beltrandi, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti.

Al comma 1, lettera a), capoverso «2-bis», dopo le parole: riportato condanne aggiungere la seguente: definitive.

Conseguentemente, al medesimo capoverso sopprimere le parole: né sia indagato o imputato per gli stessi reati.
1. 502.Bernardini, Beltrandi, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti.

Al comma 1, lettera a), capoverso «2-bis», dopo le parole: delitti contro aggiungere le seguenti: la pubblica amministrazione, la fede pubblica, l’amministrazione della giustizia.
1. 100.Di Pietro, Palomba.

ART. 2.

Al comma 1, lettera b), capoverso, sopprimere le parole: comma 1, lettera c).
2. 1.Contento.

Al comma 1, lettera e), numero 1), capoverso, sostituire la parola: parere con la seguente: provvedimento.

Conseguentemente, al comma 1, lettera e), numero 2), capoverso «7-bis» la parola: parere è sostituita con la seguente: provvedimento.
2. 500.Bernardini, Beltrandi, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti.

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Mentre molti politici agevolano le banche, giudici seri continuano ad indagare. A Frosinone respinta richiesta di archiviazione.

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 11 luglio 2011

Tribunale FrosinoneMentre in Parlamento, negli ultimi mesi, per almeno due volte, la maggioranza ha approvato leggi in favore delle banche dimostrando scarsa attenzione verso i diritti e interessi delle imprese o delle famiglie già danneggiate, spesso, da illegittime richieste, nelle aule di giustizia (senza con ciò ignorare casi singolari e gravi di "malagiustizia") si continuano a trovare magistrati seri e preparati insensibili e imparziali di fronte alla "potenza" o "prepotenza" dei banchieri.
Credo possa confortare i cittadini, poi, constatare che ci sono magistrati scrupolosi che, ancora, si stupiscono e reputano "anomali" alcuni potenziali conflitti di interesse e a cui, evidentemente, non risulta normale che una consulenza tecnica contabile sui rapporti intrattenuti con la banca di cui si sono  denunicati i responsabili sia effettuata da un consulente che è socio della stessa banca locale.
E' successo così che, a Frosinone, il Giudice per le indagini preliminari non ha accolto la richiesta del Pubblico Ministero di archiviare il procedimento per usura ed estorsione e ha ordinato le ulteriori indagini richieste dalla persona offesa. Un imprenditore locale, dopo avere scoperto, attraverso la propria consulenza contabile il superamento, da parte della banca, del tasso di interesse legittimo e dopo avere ricevuto la notifica del precetto a cui si è opposto ottenendo tutela da parte del magistrato civile, nel 2009, aveva anche denunciato la banca sostenendo l'applicazione di interessi usurari e l'illiceità della minaccia avanzata col suddetto precetto. All'esito delle indagini, pur risultando confermata l'usurarietà in vari periodi degli interessi applicati, il P.M. chiedeva l'archiviazione del procedimento (instaurato nei confronti di soggetto che era stato, in alcuni periodi, presidente del c.d.a. della banca) in quanto, in sostanza, a suo dire, l'usura risultava solo a causa dell'applicazione degli interessi su interessi. A tale richiesta di archiviazione, l'imprenditore, da me difeso, si è opposto lamentando, innanzitutto, la lacunosità delle indagini effettuate, tra l'altro, da un consulente tecnico contabile che risultava socio della stessa banca locale. Si è evidenziata, poi, pur essendo emersa l'usurarietà degli oneri -circostanza, questa, che sarebbe dovuta essere sufficiente per ritenere l'illiceità della condotta denunciata- la non correttezza della metodologia seguita dal consulente e la conseguente lacunosità nonchè l'illogicità della motivazione della richiesta del Pubblico Ministero.
All'esito dell'udienza del 4 Maggio scorso, il Giudice per le indagini preliminari, dopo avere sentito sia le mie argomentazioni nella qualità di legale dell'imprenditore denunciante sia il difensore dell'indagato, ha emesso l'ordinanza con la quale viste le argomentazioni della persona offesa e considerato che la qualità di socio della banca denunciata emersa in capo al professionista che aveva effettuato la consulenza rendono "complessivamente inattendibile il suo operato" ha rigettato la richiesta di archiviazione formulata dal P.M. e accolto l'opposizione ordinando ulteriori e più approfondite indagini volte anche ad accertare le responsabilità.
Ritengo che, al di là delle giuste ed ineccepibili ragioni giuridiche a sostegno del provvedimento, quest'ultimo sia la dimostrazione della correttezza di alcuni magistrati che applicano fedelmente la legge. Bisogna considerare, oltretutto, che l'usura (chiunque sia l'autore del reato, banca o cravattaro) non è solo un vizio dei rapporti contrattuali e, dunque, una vicenda civilistica o tra privati. E' un male che danneggia l'intera economia del Paese. Ed è questo, forse, che non capisce chi, oggi, tenta, di fatto, di legalizzarla modificando il meccanismo di determinazione del tasso soglia o facendo ulteriori "regali" normativi ai banchieri. L'applicazione di interessi, commissioni od oneri ingenti fino al punto da rendere difficile la corresponsione, la loro pretesa -quando non corrisposto- attraverso decreti ingiuntivi, esecuzioni o sentenze di fallimento non determina solo un danno patrimoniale all'utente bancario: lo distrugge. Lo distrugge psicologicamente e lo priva di forze per continuare a lavorare e vivere serenamente. E, moltiplicare un comportamento simile per decine di migliaia di utenti, significa far chiudere i battenti a tante imprese o cacciare fuori casa famiglie intere, far licenziare i lavoratori, insomma, danneggiare l'intera economia di un Paese. Sono questi, in parole semplici ma, credo, significative e reali, i danni causati dall'usura o dagli abusi bancari. Danni che, evidentemente, non comprendono (o di cui sembra che se ne freghino altamente) quei politici i quali, invece che introdurre sanzioni severe contro tali comportamenti, li incentivano con leggi a favore o, addirittura, premiando i banchieri con le più alte onoreficenze (cliccare qui per leggere il mio precedente post "Banchieri: ultramilionari, premiati e "Cavalieri" ). Chissà se tra questi politici non ci sia qualcuno che non comprende cosa significa essere vittime di tali abusi perchè, magari, la casa, in qualche immobile di prestigio, o altri privilegi è abituato ad averli comprati o ceduti da altri. Le cronache degli ultimi anni, forse, possono essere di aiuto per aiutarci a comprendere le possibili cause della loro indifferenza verso gli enormi sacrifici o sofferenze dei comuni mortali alle prese, spesso, con gli abusi delle banche. Roberto Di Napoli

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