IL BLOG DI ROBERTO DI NAPOLI

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Archive for the ‘restituzione somme da capitalizz’ Category

Interessante conferenza organizzata dalla Provincia di Roma sull’usura (anche bancaria)

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 10 febbraio 2010


Ho partecipato, più di una volta, a convegni sull’usura o sull’estorsione (spesso organizzati in prestigiose sedi di istituzioni e il cui inizio dei lavori è "tipicamente" preceduto dalla "non breve" lettura -con tono solenne- di telegrammi inviati da presunti ospiti che si scusano della loro assenza o che salutano "da lontano": lettura seguita dall’applauso subito dopo la pronuncia del nome dell’ospite non comparso) nei quali, pur dopo ore di relazioni, di applausi e di scambio di complimenti reciproci tra i relatori , non si è fatto minimamente cenno all’usura bancaria e ai gravissimi problemi che devono affrontare le vittime, siano esse famiglie o imprenditori.

Due anni fa, a Lecce, partecipai ad un incontro con ospiti illustri nel quale, addirittura, in quasi tre ore, si parlò, perfino, dell’estorsione "agricola" senza, però, alcun cenno all’estorsione o all’usura praticata, spesso, anche dalle banche (cliccare qui per leggere il mio "ricordo"). Ci pensarono, alla fine dell’incontro, oltre al sottoscritto che, alzatosi in piedi, chiese di potere esprimere, in soli 2 minuti, la sua opinione, anche alcuni rappresentanti di un’associazione locale. Niente da fare: a dire di alcuni relatori, non c’era tempo (ma riuscii a parlare lo stesso approfittando della pazienza e comprensione del dott. Caselli, presente in quella serata). Sull’usura bancaria, al massimo, avrebbero organizzato un altro incontro in quella stessa sede. Ho cominciato ad avvertire il timore che, in alcuni Palazzi sedi di Istituzioni, ci sia, a volte, un senso di fastidio nel parlare o sentir parlare di usura bancaria. Si può parlare di usura ed estorsione ma ……… se è "bancaria" no; forse, secondo certi "personaggi", non esiste e non può esistere: è solo un’invenzione di chi non vuole pagare o di qualche povero disperato.
Oltre a leggere, soprattutto in questi ultimi anni, ulteriori provvedimenti emessi da parte del Consiglio di Stato che ha ribadito l’illiceità dell’usura bancaria quanto quella criminale o da giudici penali che rinviano a giudizio o condannano direttori di banca, non posso che essere contento nel constatare che anche enti pubblici (vari comuni d’altronde, sono indebitati anche a causa dei famigerati contratti "derivati") hanno preso consapevolezza del problema di cui sono vittime migliaia di persone.

Avevo ricevuto l’invito per l’inaugurazione, ieri, presso la Provincia di Roma, del ciclo di conferenze sull’usura. Pur essendo stato invitato da una persona, oltre che gentile, notoriamente intelligente ed esperta, non nascondo che temevo si trattasse del solito incontro.
Mi sbagliavo e sono rimasto felicemente stupito: è stato interessantissimo.
convegno usura provincia roma
Tema: "Che cos’è l’usura e perchè il tuo amico usurato non ti ha detto niente".
Nel corso del convegno -nel quale moderatore è stato Giuseppe Pullara, giornalista del Corriere della Sera– i relatori, Alberto Gaffi dell’Accademia degli Incolti, il prof. Riccardo Scarpa dell’Universita La Sapienza di Roma, la psicologa dott. ssa De Carolis, Fabio Verzieri e l’Assessore alle politiche di tutela del consumatore e lotta all’usura Serena Visintin, oltre a ricordare i gravi problemi a cui sono esposte le vittime di usura nonché l’attività di prevenzione e contrasto da parte della Provincia, non hanno esitato a menzionare, insieme a quella, terribile, criminale, praticata dallo "strozzino", anche la meno apparente, ma non meno pericolosa, usura bancaria e i rischi (come l’anatocismo), talvolta, nascosti nelle clausole contrattuali alle quali i clienti di qualsiasi banca devono sempre prestare attenzione.
Molto interessanti, poi, le iniziative messe in atto dalla Provincia -menzionate dall’Assessore Visintin- tra cui un protocollo che prevede, nei Comuni della Provincia che aderiranno, agevolazioni tributarie in favore delle vittime che denunciano l’usura.

Un piccolo particolare, non presente in tutti i convegni e, dunque, encomiabile, è stato, infine, ……….. il dibattito offrendo la possibilità di parlare anche alle vittime.

In un periodo come quello attuale di crisi economica e di sfiducia nei confronti della politica, convegni ed iniziative del genere, soprattutto quando sono organizzati da enti pubblici così come ha fatto la Provincia di Roma, danno conforto e sostegno alle vittime (che devono continuare a denunciare l’usura, chiunque sia il responsabile) ma anche a tutti quei cittadini che hanno bisogno (oltre che diritto) di vedere le Istituzioni e i loro rappresentanti "concretamente" vicini alle loro necessità e ai loro gravi problemi. Roberto Di Napoli

Riporto il link di alcuni articoli di stampa sull’interessante iniziativa:
Il Tempo – Cinque GiorniIl Messaggero

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Crisi economica, usura bancaria e crisi della giustizia: quando i giudici tutelano le vittime

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 23 dicembre 2009

Ritengo -e l’ho sempre scritto su questo mio blog fino, probabilmente, a rischiare di essere considerato noioso e monotono da chi legge le mie pur modeste opinioni- che le cause dell’attuale crisi economica italiana, al contrario di quanto comunemente affermato sui media, possano, solo in minima parte, ricondursi alle medesime ragioni che hanno determinato la crisi che, da circa un anno, si trascina in varie parti del mondo, principalmente, a causa del fallimento di banche ed assicurazioni negli Stati Uniti.
La crisi economica italiana, a mio avviso, è fortemente determinata, da una parte, dallo strapotere e dall’impunità del sistema bancario e, dall’altra, dalla crisi della giustizia e della politica i cui responsabili, amministratori e rappresentanti, per diversi motivi, non sempre hanno saputo o voluto far rispettare le norme di legge: talvolta, probabilmente, non lo possono fare dal momento che, come le imprese, anche i partiti, i movimenti o i loro rappresentanti sono indebitati.
Esistono, oltre che il codice penale e il codice civile, migliaia di sentenze che ribadiscono alle banche il divieto di pretendere interessi su interessi o richiedere il saldo determinatosi, nel corso degli anni, a causa dell’addebito di interessi anatocistici, commissioni di massimo scoperto non dovute ed altri oneri illegittimi. Eppure, nelle aule di giustizia, continuano a circolare impunemente soggetti che richiedono ed ottengono decreti ingiuntivi al fine di ottenere somme che, per legge e giurisprudenza, non sono dovute, costringendo, così, la controparte a difendersi. Ci sono, poi, esecuzioni immobiliari fondate su mutui "suggeriti", spesso, dagli stessi funzionari di banche per estinguere apparenti saldi di conto corrente già gravati dall’addebito di interessi su interessi ed altri oneri illegittimi.
Se uno spacciatore di droga, con una cambiale o un decreto ingiuntivo esecutivo, minacciasse un’esecuzione immobiliare, il giudice civile non farebbe altro che sospendere il titolo per evitare che si concretizzi la minaccia trasmettendo gli atti alla Procura della Repubblica; se non fosse possibile sospendere il titolo (ad esempio, perchè divenuto definitivo per difetto di opposizione), probabilmente, resterebbe ferma la definitività del titolo ma (almeno, si spera) la pretesa illecita non troverebbe, comunque, tutela nelle aule di giustizia. Diversamente accade, a volte, se, invece, una pretesa illecita viene avanzata da un rappresentante della banca che, con un titolo rappresentativo di una pretesa che l’ordinamento analogamente vieta, minaccia la vendita di una casa, di un’impresa o di un intero patrimonio.
Ci sono tanti magistrati attentissimi, ormai preparati nella materia, che sanno distinguere il saldo vantato dalla banca da una pretesa ineccepibile e così scongiuarare i pericoli insiti in un titolo esecutivo illegittimo o illecito: ce ne sono anche altri, però, che non sempre hanno dimostrato sensibilità nel comprendere il pericolo per l’impresa o per quella persona che, di fronte ad un decreto ingiuntivo esecutivo, ad una sentenza di fallimento o ad un pignoramento ingiusto, potrà vedere riconosciute le sue ragioni solo quando è troppo tardi e dopo che la sua casa o il suo patrimonio sono stati venduti all’asta.
Mi è capitato qualche volta di notare che laddove, all’esito della consulenza tecnico contabile, non sia emerso il superamento del tasso soglia (ossia, l’usura) qualche pubblico ministero abbia chiesto agevolmente l’archiviazione senza valutare attentamente i criteri adottati dal consulente tecnico contabile (e, magari, i possibili motivi dell’indulgenza verso il comportamento della banca); in qualche altro caso di evidentissima e innegabile usura, invece, qualche pubblico ministero ha richiesto l’archiviazione ritenendo l’ assenza del dolo (come dire: il direttore della banca è un professionista ma non sa o non sapeva che il tasso di interesse effettivo è usurario) o la sopravvenuta prescrizione pur laddove si insiste nella pretesa usuraria o estorsiva e, come dicono i penalisti, vi è permanenza nel reato. Poi, però, ci si scandalizza quando si parla di processo breve o di abolizione dell’obbligatorietà dell’azione penale!!!
Pur con il rispetto per il principio di presunzione di innocenza fino a sentenza definitiva
, leggendo la notizia relativa alla richiesta di rinvio a giudizio, per il reato di usura aggravata,  di alcuni responsabili di un noto istituto di credito, da cittadino e difensore di varie vittime di usura ed estorsione bancaria, non posso che apprezzare il lavoro, la preparazione e la serietà di quei magistrati che, in tal modo, incentivano a denunciare ogni pretesa illecita nella convinzione che, in un’aula di giustizia, non troveranno differenza di trattamento nè lo strozzino, il cravattaro, nè il funzionario della sia pur potente (o prepotente) banca.
Roberto Di Napoli

Corriere della Sera.it
NUORO – Concorso in usura con l’aggravante dell’esercizio dell’attività bancaria. Sono raccolte nelle 363 pagine della relazione del perito Francesco Leo, uno dei massimi esperti in Italia di contenzioso bancario, le motivazioni che hanno portato il sostituto procuratore di Nuoro, Mariangela Passanisi, a chiedere il rinvio a giudizio di 11 persone, tra cui i vertici attuali e passati del Banco Leggi ancora

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La mia opinione su:”Credito alle imprese e massimo scoperto, pressing di Draghi sulle banche”

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 8 luglio 2009

Ho letto su Corriere.it le recenti dichiarazioni del Governatore della Banca d’Italia che riporto di seguito. Credo, tuttavia, e l’ho scritto anche nei miei precedenti post (clicca qui per leggere il mio post del 12  Novembre), che le imprese abbiano non solo bisogno di credito da parte delle banche ma anche di una tutela effettiva e celere di fronte a persistenti pretese di somme non dovute (e sarebbe già un progresso per un Paese che deve riacquistare la massima fiducia dei cittadini nella Giustizia). Malgrado la giurisprudenza sia ormai unanime nel ribadire il divieto imposto dalla legge di richiedere -soprattutto per il periodo antecedente al 1° Luglio 2000- il pagamento di interessi anatocistici (interessi su interessi), di commissioni di massimo scoperto non validamente pattuite o di altri oneri non validi, molte banche, invece, continuano a presentare ed ottenere ricorsi per decreti ingiuntivi finalizzati ad ottenere il pagamento del saldo di conto corrente lievitato, negli anni, proprio a causa di tali addebiti; pendono, poi, addirittura, migliaia di esecuzioni per espropriazione immobiliare fondate su mutui stipulati all’unico fine di estinguere apparenti posizioni debitorie su conti correnti ma, in realtò, viziate da addebiti di somme che, come detto, la legge sancisce come non dovute; oppure, ancora, esecuzioni fondate su decreti ingiuntivi che, sebbene, magari, non impugnati, hanno ad oggetto una pretesa che, in alcuni casi, potrebbe essere penalmente illecita e che in un’aula di giustizia, a mio avviso, non dovrebbe trovare alcun ausilio. E’ vero che, all’esito dei giudizi, probabilmente, l’impresa risulterà vittoriosa e sarà accertata l’illegittimità di simili richieste ma è altrettanto nota la durata dei processi in Italia. Non sono poche le imprese fallite o, comunque, danneggiate anche per colpa di pretese rivelatesi, all’esito delle cause, insussistenti o per crediti inferiori a quelli effettivamente tutelabili. E’ auspicabile, quindi, che il Governatore della Banca d’Italia, dopo le pur apprezzabili, recenti dichiarazioni, raccomandi agli istituti di credito -esercitando ogni sua prerogativa o potere-dovere- di non persistere nelle richieste di pagamento di somme che la legge e la giurisprudenza unanime riconoscono non dovute. Ne deriverebbe, sono certo, un grande e fondamentale aiuto agli imprenditori -che non sarebbero costretti a chiudere i battenti licenziando i lavoratori, a rivolgersi agli usurai o, addirittura, ad ammazzarsi (ho letto che alcuni imprenditori non hanno avuto il coraggio di mandare a casa i dipendenti)- e, di conseguenza, ne trarrebbe beneficio l’intera economia italiana. Roberto Di Napoli

Corriere della Sera.it
ROMA – La Banca d’Italia ha «costituito una task force per valutare gli effettivi meccanismi di remunerazione» dei manager bancari «e chiedere correttivi dove necessario». Lo ha annunciato il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi intervenendo all’Assemblea dell’Abi nella quale ha spiegato che, a livello internazionale, il legame con risultati a breve ha favorito una «una falsa Leggi ancora

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Tutela del diritto all’attività d’impresa nei rapporti bancari: seminario a Milano il 17 Febbraio

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 21 gennaio 2009

seminario Milano 17 02 09

E’ trascorso quasi un decennio dalle pronunce che hanno consolidato il principio dell’illegittimità dell’applicazione, da parte delle banche, di interessi su interessi. Varie sentenze hanno, poi, riconosciuto l’illegittimità di altri oneri e commissioni previsti nei contratti ed addebitati nel corso del rapporto malgrado la nullità delle clausole. Le banche continuano, tuttavia, a richiedere il saldo anche quando esso è viziato da tali addebiti. Tali comportamenti, a mio avviso, hanno danneggiato l’economia italiana e, tuttora, non agevolano, di certo, il rilancio delle imprese: anzi, ne pregiudicano l’attività!  Molti imprenditori, infatti, ignorano il fenomeno e non conoscono gli strumenti offerti dalla legge per ottenere la restituzione di quanto pagato in eccedenza nel corso degli anni o per resistere a pretese illegittime.

Iter, società che, da anni, organizza seminari specifici e servizi alle imprese (www.iter.it), ha organizzato, a Milano, per il 17 Febbraio p.v., un seminario su: "La tutela del diritto all’impresa nei rapporti bancari: come riconoscere e contrastare le pretese illegittime". Sono onorato e lieto di essere invitato come relatore. Spero di poter fornire un contributo alla conoscenza del fenomeno e degli strumenti previsti dall’ordinamento al fine di potere liberamente esercitare il diritto fondamentale all’impresa e alla tutela dei diritti e degli interessi dell’imprenditore nei rapporti bancari. Roberto Di Napoli

Per informazioni sul seminario: www.iter.it/seminari

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Seminario a Bologna su anatocismo e vizi nei contratti bancari

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 4 giugno 2008

 

Ringrazio, oltre che la Fondazione Forense Bolognese per avermi invitato quale relatore, i colleghi bolognesi e quanti, partecipandovi, mi hanno onorato della loro considerazione. Roberto Di Napoli

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La banca notifica decreto ingiuntivo pretendendo interessi su interessi?Fallito un altro tentativo di percepire somme non dovute

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 19 Maggio 2008

Tribunale Procura BresciaRitengo assurdo ed inconcepibile, come ho già scritto altre volte, che, malgrado sia consolidato il principio secondo cui le banche non possano richiedere il pagamento di interessi su interessi (soprattutto nei contratti stipulati prima del 2000), esse continuino, impunemente, a richiedere somme non dovute. E’ un comportamento, a mio giudizio, che meriterebbe l’applicazione di severe sanzioni non solo civilistiche ma anche penali ed amministrative. Non sempre, infatti, è possibile difendersi tempestivamente e scongiurare ogni pericolo determinato dall’attività dell’istituto di credito. Se quest’ultimo, infatti, presenta al Giudice un ricorso per decreto ingiuntivo, accade quasi sempre che il magistrato lo concede dietro la semplice esibizione degli estratti conto salvo, poi, ovviamente, l’opposizione da parte del correntista. Nel caso in cui questo sia un imprenditore, quel decreto ingiuntivo -anche se poi revocato- può determinare danni gravissimi all’impresa. Se, poi, è ottenuto dalla banca con la clausola di provvisoria esecuzione, ciò può determinare la distruzione della piccola-media impresa o il suo fallimento. E’ vero che il debitore (o meglio colui che appare tale) può opporsi ma, nel frattempo, la banca può agire pignorando beni mobili, immobili o i crediti verso terzi. Il codice di procedura civile e la giurisprudenza sono molto chiari: deve essere sospesa la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo nel caso in cui, successivamente all’opposizione, emerga il difetto di valida prova del credito ingiunto o della validità delle ragioni creditorie. Il problema è che non sempre ciò avviene.

A Brescia, lo scorso 15 Maggio, ho avuto, ancora una volta, la dimostrazione che esistono anche giudici sereni ed imparziali. Un’importante banca locale aveva ottenuto (il giorno dopo la spedizione della lettera con cui comunicava il recesso dal contratto) un decreto ingiuntivo contro un’ impresa ex correntista malgrado l’addebito, nel corso dell’intero rapporto, di interessi anatocistici, commissioni di massimo scoperto e differenza valuta che hanno alterato la posizione contabile a vantaggio dell’istituto di credito. Proposta opposizione, la banca si è continuata a difendere sostenendo la legittimità dell’anatocismo e, addirittura, manifestando di non condividere la sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 21095/2004 (sarebbe valida, secondo la banca, la delibera della Confederazione Generale Fascista del 1929 e non il ragionamento della Corte di Cassazione del 2004). In udienza, addirittura, si è tentato di sostenere anche la legittimità della capitalizzazione trimestrale (anche prima del 2000) asserendosi la reciprocità. Il giudice, tuttavia, dopo avere ascoltato con molta pazienza ed attenzione i difensori di entrambe le parti (anche ciò va apprezzato considerato che ci sono giudici che, a causa del "carico del ruolo", decidono in pochi minuti questioni complesse che possono compromettere la vita delle imprese, delle persone o delle famiglie) non ha ritenuto legittima la giustificazione del potente istituto di credito e, accogliendo quanto richiesto, per conto degli opponenti, da me e i colleghi codifensori, ha sospeso la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo (clicca qui per leggere il provvedimento e una breve nota). Dovrebbe essere un esito ovvio ma non sempre, invece, è prevedibile. Leggo, quasi ogni giorno, la frase "La legge è uguale per tutti": il problema, forse, è l’interpretazione diversa (qualche volta "singolare" o abnorme) pur in casi identici

Può capitare, infatti, che per identiche questioni e magari tra le stesse parti, a pochi metri di distanza, un giudice provveda in modo completamente opposto da quanto deciso dal collega. Giorni fa, davanti a due diversi giudici, di fronte alla mia richiesta di concessione di un breve termine per consentire una difesa efficiente (essendosi, la controparte, costituita in udienza), diversi sono stati i provvedimenti emessi a distanza di circa dieci minuti e a meno di dieci metri. Un giudice ha concesso il termine ritenendo ciò un diritto ed un principio ovvio (come si fa a discutere se non si è avuto nemmeno un minuto per leggere quanto depositato, poco prima, dalla controparte?); l’altro, invece, non solo non ha concesso alcun termine (nemmeno dieci minuti che, comunque, sarebbero stati insufficienti essendo, il caso, complesso) ma ha manifestato di ritenere validissime alcune clausole contrattuali che, in ogni parte d’Italia, sono ritenute nulle. La mia difesa è stata identica in entrambi i casi (essendo identiche le parti e le ragioni di invalidità dei rapporti intercorsi) e non so quale "errore difensivo" possa avere commesso. Le porte delle aule dei due giudici si affacciano, una di fronte all’altra, sullo stesso corridoio; mi chiedo: avrò sbagliato porta? Roberto Di Napoli 

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Non c’è soltanto la “malagiustizia”: una normale impresa e un colosso bancario di fronte ad un Giudice imparziale

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 15 dicembre 2007

Tribunale di Latina

Ho letto e leggo tutti i giorni storie assurde di malagiustizia, di vittime di usura, di estorsione e, in genere, di persone calpestate o abbandonate dalle stesse Istituzioni nella cui presenza e funzionamento avevano confidato.

Un Paese che, prima, impone il rispetto delle norme ed invita a denunciare chi le violi e, poi, anche per un solo momento (o, come si verifica spesso, per anni o decenni) lascia nella disperazione le vittime è uno Stato che, di fatto, si comporta come un “vigliacco”.

Ho scritto, più di una volta, in questo e in altri blog, mie sensazioni, opinioni personali e tristi esperienze di malagiustizia.

Sono convinto, però, che l’Italia sia rappresentata anche da persone perbene, da magistrati scrupolosi che lavorano con passione e da agenti delle Forze dell’Ordine che rispettano e fanno rispettare la legge da chiunque.

Ritengo doveroso, quindi, ricordare non solo gli episodi tristi o le “gesta” di qualche impiegato “Furioso” che perde il senno o lo utilizza per turpi scopi personali, ma anche l’attività, gli atti eroici o normali (ma che, in un sistema distorto, appaiono eroici) di chi, invece, lavora con serietà (è, ovvio, comunque, che errare humanum est e poche parole si possono dire quando l’errore è commesso in buona fede e si adoperi per porre rimedio).

Ho preso atto, in più di un’occasione, per fare un esempio, della professionalità ed immagine di imparzialità di vari magistrati del Tribunale di Latina. Chi, pur giovane come me, ha assistito ad atti, quantomeno, "singolari" e, sentendosi particolarmente vicino alle vittime di usura ed estorsione, ha notato quanto sia difficile la loro tutela quando tali delitti siano commessi non dal "delinquente di strada" ma dal cravattaro “in giacca e cravatta”, apprezza ancora di più la serietà ed imparzialità di quei magistrati che, oltre ad essere onesti, lo appaiono.

Ecco un recente caso di giustizia "normale", o, meglio (ricordando il nome di un’associazione di cui apprezzo moltissimo l’attività), di giustizia giusta: una società, nell’Agosto 2005, si rivolge a me e al mio amico collega avv. Federico Bianchi per instaurare una causa, a Latina, nei confronti del più importante istituto di credito italiano al fine di ottenere la restituzione di quanto illegittimamente addebitatole nel corso di un lungo rapporto di conto corrente. Prima ancora della udienza di prima comparizione delle parti, purtroppo, muore un socio amministratore e la causa si interrompe. La banca, senza alcuno scrupolo, nelle more della riassunzione, "bussa ad un’altra porta" proponendo ricorso per decreto ingiuntivo “inaudita altera parte” al fine di ottenere le somme da essa vantate nei confronti di quella stessa società che, mesi prima, l’aveva convenuta in giudizio. Ottiene il provvedimento senza accennare, ovviamente, alla causa già pendente nè al fatto che ogni singola clausola contrattuale da cui traeva origine il presunto credito era stata contestata. Anzi: menziona la pendenza di alcune ipoteche volontarie (alcune anche per mutui, con quella stessa banca, estinti tanti anni fa) a carico della società (solo apparentemente) debitrice in modo da ottenere il titolo provvisoriamente esecutivo e, intanto, sfuggire all’immediato contraddittorio. In seguito alla notifica del titolo alla nostra assistita, proponiamo opposizione e la procedura, anche al fine di decidere sulla riunione da noi richista, viene assegnata alla stessa giudice designata a trattare la causa a cognizione piena da noi preventivamente instaurata. Chiediamo, oltre alla riunione delle cause, l’immediata sospensione della provvisoria esecutorietà per vari motivi esposti in oltre trenta pagine di opposizione. Il giudice concede termine per note ma, all’esito, nega la sospensione ritenendo che le somme vantate dalla banca non fossero state contestate. Nell’atto di opposizione, invece, era stata contestata ogni singola clausola, negata la fondatezza di ogni pretesa creditoria e chiesta (si dice: in via riconvenzionale) la condanna della banca alla restituzione degli importi spettanti alla società. Le cause vengono, tuttavia, riunite come da noi richiesto e rinviate ad Ottobre 2007.

Nel frattempo la banca avrebbe potuto iniziare un’esecuzione ritenendosi creditrice di oltre duecentotrentamila euro. Proponiamo, allora, un ricorso per provvedimento d’urgenza ex art. 700 cod. proc. civ. in corso di causa al fine di ottenere (così come riconosciuto ammissibile da alcuni giudici), previa consulenza tecnico-contabile, l’immediata restituzione delle somme indebitamente corrisposte dalla società correntista. Insistiamo, inoltre, nella revoca dell’ordinanza con cui era stata negata la sospensione chiedendo, altresì, vari provvedimenti, quali la cancellazione delle segnalazioni “a sofferenza” alla Centrale Rischi, al fine di evitare che la società, fino all’esito della causa, fosse ulteriormente pregiudicata.

L’udienza si è tenuta il 1° Agosto 2007. La banca sosteneva l’inammissibilità della domanda di revoca dell’ordinanza che, negandola, aveva già deciso sulla sospensione. Il giudice, invece, pur non concedendo gli ulteriori provvedimenti d’urgenza richiesti (ritenendo che la complessità della vicenda non consentisse la trattazione col ricorso al procedimento ex art. 700 cod. proc. civ.), ha revocato, accogliendo le nostre richieste ed eccezioni, la precedente ordinanza e, “per gli effetti”, sospeso la provvisoria esecutorietà del titolo. 

E’ molto interessante la motivazione nella quale il giudice ha, espressamente, ricordato come la non modificabilità o revocabilità dell’ordinanza che decide sulla sospensione, si riferisce soltanto al provvedimento col quale sia stata già concessa la sospensione (che sarebbe, appunto, non modificabile) e non, come era avvenuto nel caso di specie, all’ordinanza con la quale sia stata negata.

Provvedimenti del genere, oltre ad incoraggiare il cittadino che deve continuare ad avere fiducia nella giustizia, confermano l’equilibrio di cui deve essere dotato ogni magistrato. Quel giudice ha dimostrato di avere esaminato con attenzione –pure ad Agosto– le eccezioni, le richieste della piccola impresa, la “fondatezza” della pretesa della banca e dei pericoli prospettati da entrambe le parti.

Non deve mai essere dimenticato, infatti, che “titoli” agevolmente ottenuti “inaudita altera parte” sottacendo circostanze importanti che, probabilmente, ne avrebbero impedito la concessione, hanno determinato, in tanti casi,  la distruzione di imprese essenziali, invece, all’economia nazionale o la compromissione della salute, della vita, della serenità di tante persone e di tante famiglie.

procedimenti sommari sono previsti dal codice di rito e hanno una struttura e funzione tale da garantire, comunque, la difesa. La giustizia sommaria, intesa come “giustizia” superficiale e disattenta alla tutela di entrambe le parti, invece, tutto è tranne che giustizia: è arbitrio.

Il giudice che, nell’ambito di un procedimento d’urgenza, ha revocato la sua stessa precedente ordinanza dopo avere valutato la fondatezza delle eccezioni delle parti, ha dimostrato di essere un giudice in grado di esercitare con serietà e imparzialità le proprie funzioni: quelle di ius dicere, di fare giustizia. Roberto Di Napoli 

Ringrazio gli amici di Giustizia Giusta per avere pubblicato questo post.

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Libera manifestazione (e formazione) del pensiero

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 5 dicembre 2007

 

03-12-07_1311Questo cartello l’ho trovato affisso sulla parete di un corridoio di un ufficio giudiziario. Non ci sarebbe nulla di strano, a mio avviso. Agevolazioni sono previste da banche, assicurazioni e chissà quante altre imprese a favore di tante categorie di professionisti. L’impresa, nell’esercizio della sua attività, è libera di determinare le condizioni economiche da applicare alla clientela così come meglio ritiene (sia pure, ovviamente, entro determinati limiti). Il professionista è altrettanto libero di accettare. Non vedrei niente di strano, dunque, in simili agevolazioni. Mi chiedo, però: se il giudice, un giorno, dovesse giudicare in una causa nella quale sia parte la stessa banca di cui è cliente o, addirittura, delle cui agevolazioni lui stesso usufruisca, è giusto che possa non astenersi? Un simile comportamento sarebbe idoneo a garantire il prestigio e l’immagine di trasparenza ed imparzialità di cui deve godere il magistrato?  L’art. 51 del codice di procedura civile disporrebbe (dirò subito perché uso il condizionale):
"Il giudice ha l’obbligo di astenersi:

1) se ha interesse nella causa o in altra vertente su identica questione di diritto;
(………)

3) se egli stesso o la moglie ha causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito con una delle parti o alcuno dei suoi difensori;
In ogni altro caso in cui esistono gravi ragioni di convenienza, il giudice può richiedere al capo dell’ufficio l’autorizzazione ad astenersi (….)
".

Quasi sicuramente la norma viene rigorosamente applicata e, comunque, il giudice che abbia ottenuto condizioni particolarmente agevolate (non può negarsi, d’altronde, il diritto di chiunque di chiedere ed ottenere le condizioni più convenienti), nella realtà, si astiene dal trattare e decidere la cause in cui sia coinvolta quella stessa banca quanto meno per ragioni di trasparenza, correttezza e serietà.

Ecco, però, anche cosa si è verificato in un caso: un giudice facente parte di un collegio si trovava a giudicare, nel 2000, su una richiesta di fallimento avanzata da una banca nei confronti di un imprenditore. La banca che chiedeva il fallimento dell’imprenditore era la stessa con la quale il giudice aveva contratto, nel 1998, un mutuo decennale ad un tasso inferiore al 5%. L’apparente "debitore" , (particolarmente noto in quel luogo per le denunce nei confronti dei magistrati fino, addirittura, nel 2005, da essere ritenuto, in un singolare provvedimento, "persona socialmente pericolosa" in quanto solito frequentare le cancellerie e presentare denunce e ricusazioni nei confronti dei magistrati), secondo quel giudice, avrebbe dovuto corrispondere a quella banca tassi di interesse con capitalizzazione trimestrale (ritenuta illegittima dalla Cassazione, da tutti i Tribunali d’Italia e, probabilmente, ormai, anche nei Paesi in via di sviluppo) per cui, anche per questo motivo, ordinò di dichiarare il fallimento dell’imprenditore. Il giudice, quindi, "giudicò" la pretesa della stessa banca di cui era cliente e con cui aveva contratto un mutuo (a quel tasso) senza avvertire alcun obbligo di astenersi o di chiedere di astenersi per "gravi ragioni di convenienza".

A prescindere dal rispetto della norma processuale, secondo me, in casi simili, devono sempre prevalere ragioni di  opportunità o deontologiche che impongano di astenersi al fine di scongiurare ogni sospetto di qualsivoglia coinvolgimento: anche emotivo o psicologico!

Nel momento in cui l’art. 51 n. 3 c.p.c. viene applicato nella sua interpretazione letterale, il cittadino non può avere alcun valido motivo di "sospettare".  La rigorosa e costante applicazione della norma garantirebbe sempre il prestigio nonchè l’immagine di serietà ed imparzialità che ogni magistrato deve avere da parte dei cittadini.  Roberto Di Napoli

Ringrazio gli amici di Giustizia Giusta e La conoscenza rende liberi per avere pubblicato questo post.

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