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Archive for the ‘paese dei balocchi’ Category

Mio intervento nel corso della trasmissione su “La Tv della Libertà” dedicata alla malagiustizia

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 31 gennaio 2008

bannerTVE’ stata una puntata davvero interessante, secondo me, quella dedicata, oggi pomeriggio dalle 14 alle 16,30, da "La Tv della libertà" sulla casta dei giudici e sulla malagiustizia: un raro esempio di trasmissione televisiva dedicata a uno dei problemi principali di questo Paese. Ringrazio la redazione per avermi dato la possibilità di intervenire in diretta e in collegamento telefonico (cliccando sulla puntata del 31 Gennaio nell’"archivio delle puntate" sul sito della Tv della libertà, è presente l’intera trasmissione; oppure è possibile ascoltare il mio intervento è da 01.36.53 in poi). Ospiti della puntata, in studio, tra gli altri, vi erano l’amico e collega avv. Alessio Di Carlo (responsabile di Giustizia Giusta), l’on.le Jole Santelli (ex sottosegretario della Giustizia), l’avv. Tiziana Parenti (ex magistrato del pool Mani Pulite ed ex parlamentare) e Filippo Facci . Nel corso del collegamento, oltre ad un breve cenno su quanto accaduto alla mia famiglia, ho ricordato quelle che, a mio avviso, sono le cause e conseguenze principali  della mancanza di trasparenza nell’amministrazione della Giustizia in Italia e della scarsa fiducia dei cittadini nell’operato di alcuni magistrati: la composizione del CSM, i rapporti di parentela tra alcuni magistrati e alcuni avvocati nello stesso foro, la poca trasparenza in alcune sezioni esecuzioni immobiliari e la necessità di una seria riforma della legge sulla resposabilità civile e disciplinare dei magistrati. Emblematiche le opinioni di comuni cittadini "sulla giustizia" nel corso del servizio mandato in onda durante la trasmissione. Roberto Di Napoli

Posted in anatocismo, banche, caste, clan, collusioni, degrado pubblica amministrazione, esaltati, estorsione, fanatici, giustizia giusta, indifferenti, informazione, intrecci, la tv della libertà, malagiustizia, mastella, paese dei balocchi, responsabilità magistrati, riforma ordinamento giudiziario, solidarietà, stato di diritto, usura, vittime | Leave a Comment »

No alla “casta” …… ma nemmeno ai “clan”

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 27 gennaio 2008

Parlamento
Post pubblicato anche sul sito "Giustizia Giusta" di cui ringrazio la redazione
Il discorso più serio e rispecchiante la triste realtà in cui si trova una parte, pur minima, della "giustizia" italiana pronunciato dall’ormai ex Ministro Mastella, secondo me, è stato proprio quello con cui ha spiegato le ragioni delle sue dimissioni.
Chi ha festeggiato nel sentire le parole “mi dimetto” (tappandosi le orecchie, però, per non ascoltare i motivi) e, successivamente, nell’apprendere la notizia delle misure cautelari adottate nei confronti di numerosi rappresentanti di un partito politico, ha dimostrato la propria immaturità ed ignoranza.
So che, di fronte agli sprechi, agli abusi di una certa classe politica può venire, istintivamente, da gioire quando si è informati di misure drastiche adottate nei confronti di alcuni rappresentanti.
Chi gioisce a priori, senza nemmeno preoccuparsi di riflettere, di riservare il beneficio del dubbio quando non si conoscono “le carte” o gli atti di una complessa vicenda giudiziaria, od, ancora, di osservare la presunzione d’innocenza fino a sentenza definitiva, dovrebbe considerare, però, che la privazione della libertà dei rappresentanti di un partito politico, ossia, di una parte di potere (centrale o locale) decretata da rappresentanti un altro potere (o meglio: di un ordine) è legittima e doverosa in presenza di gravi indizi di reato; è preoccupante per le sorti di una democrazia, però, se si dovesse riconoscere, poi, che quegli indizi non c’erano. In questo caso, in quest’ulteriore caso (non dimentichiamoci, infatti, di quei politici assolti all’esito dei processi instaurati negli anni di “Tangentopoli”), chi, oggi, festeggia dovrebbe sapere che la privazione della libertà di chi, in seguito, si scopre innocente significa illegittima privazione delle libertà di ognuno.
Il potere politico (abusi e sprechi a parte) rappresenta (o dovrebbe rappresentare) gli stessi cittadini. E’ per questo, ritengo, che gli arresti che si rivelino, poi, illegittimi nei confronti di chi li rappresenta (o dovrebbe rappresentare) comportano anche la privazione delle loro libertà da parte di chi, a differenza dei politici, non è stato “eletto” ma ha, solo, vinto un concorso ed ha un obbligo (tra gli altri): quello di osservare la legge e di farla osservare, sempre e nei confronti di chiunque. Non “ad orologeria”, dunque; non sulla base di “avversione politica” celata dietro apparenti ragioni di “pericolosità” che mai potrebbero costituire ragioni “giuridicamente rilevanti”.
In una democrazia, la “sistematica” o, comunque, frequente privazione della libertà (di circolazione, di pensiero o di parola) di rappresentanti del potere legislativo che si riveli, poi, carente dei presupposti che l’avevano giustificata, dovrebbe indurre a riflettere se quello stato democratico esista ancora o se, piuttosto, non vi siano i pericoli di una trasformazione o di un regresso in un autentico Regime.
Nella vicenda che ha coinvolto il Ministro della Giustizia e la moglie, non conosco, come non conosce nessun cittadino, gli atti per potermi formare un’opinione né, conseguentemente, per potere brindare per l’efficienza della magistratura o, al contrario, rattristarmi per l’ingiustizia. Per ora, presumo la loro innocenza, così come lo presume la stessa Costituzione.
Fanno schifo gli abusi, gli sprechi da parte di alcuni politici così come da parte di qualsiasi funzionario. Quando diventano “penalmente rilevanti” è giustissimo che ne siano scongiurati -anche con misure cautelari penali o reali- gli ulteriori effetti o l’inquinamento delle prove, che siano puniti con la sanzione più grave e, nei casi consentiti, “neutralizzati” con strumenti quali la confisca del profitto.
La condotta della “casta” dei politici è moralmente discutibile, qualche volta abominevole, altre volte, perfino, illecita e, come tale, perseguibile “d’ufficio”.
Ma è sicuro che quella dei politici sia l’unica casta e che tutti, proprio tutti, i giudici, “nessuno escluso od eccettuato”, siano dei santi?
È sicuro che mai e poi mai nessuno di loro commetterebbe o abbia mai fatto, per se o familiari, favoritismi simili a quelli di cui alcuni politici vengono, quotidianamente, accusati (alcuni, credo, giustamente)?
Se esiste una norma, un precetto che mi obbliga a credere nella "purezza" di tutti i magistrati, dovendo osservare l’ordinamento, quale cittadino, sono disposto a una simile …. professione di fede. L’accetterei come un dogma così come, ritenendomi un credente, un cattolico, un cristiano, credo e devo credere nella Verginità della Madonna. Non mi pare, però, che esista un precetto simile che obblighi a credere che tutti i giudici-persone fisiche siano dotati di analoga virtù. Alcune esperienze, anzi, (ma sono certo che si tratti di casi singolari che non si prestano a generalizzazioni; allo stesso modo per cui non penso che tutti i politici siano delinquenti) mi fanno credere il contrario.
C’è una casta di alcuni politici che accettano, col loro comportamento, il rischio di non essere più votati e di essere mandati a casa (se non in galera).
E’ noto, però, anche che ci sono figli, nipoti, mariti, mogli di alcuni giudici che fanno gli avvocati nello stesso pianerottolo o nello stesso ambiente dove esercita il loro “illustrissimo sig.”…. congiunto.
In una cittadina nella provincia del profondo Sud, c’è un "personaggio" che, la mattina, fa il giudice in una località distante pochi chilometri dal luogo di abituale residenza e, il resto della giornata, abita nello stessa casa dove la figlia dimora ed esercita la professione a tal punto da avere affisso, all’ingresso, la targa dorata. Ma io, ancora, non ho capito: chi abita lì? L’avvocato, il giudice, il giudice che può sembrare faccia anche l’avvocato o l’avvocato che può sembrare faccia anche il giudice (per interposte persone)? Ci sono, poi, alcuni avvocati, parenti di alcuni magistrati, che riescono ad avere agevolmente gli incarichi (assai remunerativi) in curatele, consulenze o assistenza in giudizio nell’ambito di determinate procedure giudiziarie o su mandato di banche od altri enti.
Gli abusi della casta dei politici, allorché si verifichino, è giustissimo che siano puniti con le sanzioni più severe, con le misure cautelari, oltre che con la sanzione inflitta dagli elettori non votando più né loro né il loro partito o movimento.
E gli abusi di quelle, per fortuna, poche -ma sempre preoccupanti- “schegge impazzite”? Chi le giudica, chi le punisce? Esiste la legge sulla responsabilità dei magistrati.
Ma è possibile che, di fronte a tutti quei casi che si qualificano di inescusabile “malagiustizia”, pochissimi giudici, dal 1988 [anno della legge sulla responsabilità civile dei magistrati] ad oggi, siano stati ritenuti colpevoli o puniti con sanzioni più severe di quelle che loro stessi vorrebbero inflitte, talvolta, alle persone comuni per fatti meno gravi?
E’ credibile che i politici siano tutti corrotti o corruttori, tutti mafiosi, "gentaglia" e i giudici, invece, tutti santi, tutti moralmente e giuridicamente onesti, tutti estranei, ai fini di alcune nomine in certi posti, a logiche non dissimili a quelle che si suole definire "politiche"?
Ho conosciuto, conosco, so bene che ci sono giudici integerrimi, onesti e preparatissimi come penso che sia la maggior parte dei magistrati e dei politici.
E’ giusto che ci sia una “pulizia” all’interno della classe politica quando si accertano dei fatti-reato.
La valutazione di fatti discutibili moralmente ma non costituenti reato è sottratta, però, al potere giudiziario: appartiene ad un potere superiore e, cioè, ai cittadini- elettori cui appartiene la sovranità e a cui i giudici non possono, certamente, sostituirsi a pena di determinare la confusione dell’amministrazione della giustizia con l’esercizio del potere legislativo: confusioni del genere appartengono alla Storia e non sono riconosciute né dalla Carta Fondamentale della Repubblica Italiana né, di certo, dalla Costituzione di alcuno Stato che possa definirsi “di diritto”.
Privilegi ed abusi della “casta” dei politici è giusto, ripeto, che siano conosciuti e valutati dai cittadini o giudicati dai magistrati territorialmente competenti, laddove esistano i presupposti per l’instaurazione di un procedimento giudiziario (senza dimenticare che anche le regole di competenza appartengono all’ordinamento e devono essere osservate al fine di garantire, a chiunque, il giudice naturale precostituito per legge).
Ritengo, però, sia altrettanto giusta e improcrastinabile una seria ed efficiente riforma sia dell’ordinamento giudiziario sia della legge sulla responsabilità civile dei magistrati. Non ci deve essere l’ormai famigerata “casta” ma nemmeno il più lontano sospetto, in nessun luogo, di piccoli “clan” impuniti che godano o possano godere di privilegi moralmente (e in qualche caso, forse, anche giuridicamente) disgustosi, almeno, quanto quelli di cui, oggi, vari politici sono accusati. Roberto Di Napoli

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Seduta straordinaria del Comitato di solidarietà. Anche la solidarietà è straordinaria?

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 8 gennaio 2008

Il post seguente è stato pubblicato anche sul sito di Emidio Orsini, sul sito laconoscenzarendeliberi e sul mio blog nello spazio di Radio Radicale-Fai Notizia

Uno dei miei tanti desideri per quest’anno appena iniziato è che si prenda atto dell’insufficiente tutela delle vittime di usura ed estorsione bancaria e che si ponga rimedio a quanto subito da queste ultime, in vari casi, per un’errata interpretazione della normativa. Il 2007 si è concluso con l’importante riconoscimento, anche da parte del Consiglio di Stato, dell’usura bancaria e, precisamente, con l’annullamento del decreto con cui il Comitato di solidarietà aveva ritenuto che la vittima di usura bancaria fosse meritevole di benefici di minore entità rispetto alla persona offesa dall’usura criminale. E’ agevole comprendere l’importanza del provvedimento. E’ inconcepibile, tuttavia, a mio avviso, che una struttura appositamente istituita per agevolare le vittime e i cui componenti si presume siano dotati di esperienza ed eccellente preparazione giuridica possa perseverare nell’errore. La mia famiglia -e, precisamente, mio padre-, come più volte scritto su questo blog, sin dal 14 Febbraio 2006 ha domandato l’accesso al Fondo di solidarietà e sin dal 16 Marzo 2006 aveva ottenuto la sospensione ex art. 20 l. 44/99 di ogni procedura esecutiva (azionata, tra l’altro, unicamente, dagli imputati di usura ed estorsione bancaria) (cliccare qui per leggere il provvedimento del Prefetto). A distanza di quasi due anni non si è vista l’ombra di un beneficio, di un minimo aiuto, di un centesimo. Gli unici vantaggi, forse, li avranno ottenuti gli imputati favoriti, finora, da vari organi (pendono, anche per questi,  procedimenti civili e penali davanti ai giudici competenti). La vittima, infatti, non ha ottenuto nemmeno la sospensione ex art. 20 l. 44/99 e i suoi beni continuano ad essere venduti (in una procedura, ripeto, i cui unici istanti sono gli stessi imputati).

Ho appreso che oggi, presso la Prefettura di Ascoli Piceno, ci dovrebbe essere una seduta straordinaria del Comitato di solidarietà per le vittime di usura ed estorsione. Emidio Orsini, l’imprenditore che era stato discriminato quale vittima di usura bancaria, ha diffuso una lettera aperta a Lauro,  Commissario Straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket ed antiusura, che ho letto e invito a leggere (per leggerla, basta cliccare qui).

Nel caso che ha coinvolto la mia famiglia, il motivo per cui non è stato erogato un centesimo dovrebbe essere la pendenza di una procedura fallimentare (la cui sentenza, tra l’altro, non è definitiva) ottenuta, ripeto ancora una volta, dagli imputati. A prescindere da alcune pronunce giurisprudenziali che, in casi analoghi, hanno riconosciuto, invece, la persona offesa, ugualmente meritevole dei benefici, un’interpretazione preclusiva dei benefici a favore della vittima "fallita" determinerebbe, secondo me, uno "stravolgimento" della normativa la cui ratio, come noto, è quella di incentivare le denunce offrendo tutela alle persone offese ed aiutandole a reinserirsi nell’economia legale. Si dovrebbe, allora, rettificare la nota campagna pubblicitaria nel senso che avevo già formalmente suggerito, l’anno scorso, al Comitato di solidarietà qualora avessero ritenuto, la procedura fallimentare instaurata dagli imputati, ostativa alla concessione dei benefici. Avevo suggerito, in pratica, di rettificare lo slogan "Denuncia l’usuraio. Ti conviene" con una precisazione, del tipo, ad esempio: "…ma se l’usuraio ti minaccia di farti fallire, pagalo perchè, altrimenti, lo Stato non ti aiuta". Mi pare che un’interpretazione del genere sia poco conforme all’ordinamento vigente e spero che i componenti del Comitato se ne rendano conto perchè, come si suol dire, "errare humanum est, perseverare diabolicum".

Riporto di seguito il testo del mio comunicato inviato ad Emidio Orsini e ad alcuni organi di informazione.

"In merito alla lettera aperta pubblicata da Emidio Orsini sul proprio sito internet e inoltrata ai mass media, non posso che condividere i paradossi messi in evidenza dall’imprenditore-vittima di usura.

Ritengo assurda e indegna di un Paese civile la mancata o, comunque, inefficiente tutela delle vittime di usura ed estorsione bancaria (constatata, purtroppo, anche dalla mia famiglia a causa dei fatti estorsivi ed usurari commessi dalle banche contro mio padre ed accertati dalle competenti Procure della Repubblica; il 6 Novembre scorso, è stato dedicato, alla vicenda, un servizio da parte di TG5 – Indignato Speciale).

Ritengo ancora più inconcepibile che una costosa struttura appositamente istituita per agevolare le vittime e la cui normativa indica, in maniera molto chiara, gli unici requisiti affinché queste ultime possano usufruire dei benefici le abbia, finora, abbandonate.

Il Comitato di solidarietà, anche nei casi più disperati, ossia, in presenza di una vittima o loro familiari con seri problemi di salute (come mio padre, imprenditore con le stampelle da vent’anni a causa di un attentato) e con l’ufficiale giudiziario e le Forze dell’ordine fuori la porta per sbatterli fuori casa, non ha dimostrato maggiore celerità ed efficienza nel fornire ausilio ai malcapitati.

E’scandaloso pensare di potere giustificare le sofferenze subite dalle vittime -pur in possesso dei requisiti previsti dalla legge per accedere al Fondo e agli ulteriori benefici- attraverso una diversa interpretazione della normativa che, poi, come ha avuto modo di accertare più di una volta la giurisprudenza, tra cui, il Consiglio di Stato nell’ambito del procedimento instaurato da Orsini, si è rivelata errata.

Nel caso di Di Napoli, l’imprenditore leccese titolare di un patrimonio di oltre ventimilioni di euro (già vittima di un attentato che lo costringe tuttora a camminare con le stampelle) a cui carico pende una procedura fallimentare instaurata unicamente dagli attuali imputati di usura ed estorsione e diretta da un magistrato che è anche controparte –in altri giudizi- del “fallito”, la vittima ha richiesto l’accesso al Fondo di solidarietà sin dal 14 Febbraio 2006. Il successivo 14 Marzo 2006 aveva ottenuto, sia da parte del Prefetto di Roma che da parte del Presidente del Tribunale e del Procuratore della Repubblica di Roma (nella capitale pende un processo per estorsione a carico dei responsabili di una banca), il parere conforme per potere beneficiare della sospensione per trecento giorni, ex art. 20 l. 44/99, di ogni procedura esecutiva a suo carico incluso lo sfratto dall’abitazione venduta (tra l’altro illegittimamente e avverso la quale pende ricorso per cassazione).

Di Napoli, invece, nonostante, sin dal 15 Settembre 2006, avesse invitato formalmente il Commissario Straordinario, il Comitato di solidarietà e il Ministero degli Interni a far rispettare la suddetta sospensione, il 19 Ottobre 2006 veniva sbattuto fuori casa dopo che essa fosse stata invasa, per oltre 7 ore, da oltre una decina di Carabinieri e agenti di Polizia diretti dal Commissario di P.S. : tutto ciò, inoltre, in pendenza dell’allora vigente decreto legge di blocco degli sfratti.

Dal 19 ottobre 2006 nessun membro del Comitato né tanto meno il Commissario Straordinario hanno fornito il minimo ausilio alla vittima che, perciò, è già determinato a rivolgersi ai giudici competenti al fine di domandare il risarcimento dei danni subiti per avere confidato nell’aiuto da parte dello Stato.

Non escludo che il Comitato di solidarietà cerchi di giustificare la propria inerzia con interpretazioni simili a quelle già smentite dalla giurisprudenza.

Con riferimento alla sospensione ex art. 20 l. 44/99 si fraintende, a mio avviso, il significato della sentenza della Corte Costituzionale n. 457/2005. La Consulta, infatti, si è limitata ad espungere dalla suddetta norma l’aggettivo “favorevole” al fine di evitare che il parere del prefetto vincoli l’autorità giudiziaria a cui soltanto –come riconosciuto dal giudice delle leggi- spetta la decisione finale. Si verificava, infatti, in passato, che il prefetto, con un suo parere “favorevole”, sospendesse le procedure esecutive pendenti a carico della vittima di usura o estorsione malgrado il parere contrario del Presidente del Tribunale. La Corte Costituzionale, tuttavia, non ha censurato il resto della norma che, in nessuna parte, richiede l’ulteriore parere del Giudice dell’Esecuzione.

In seguito al parere del Prefetto che, dopo la sentenza 457/2005 della Consulta, deve, pertanto, essere conforme a quello del Presidente del Tribunale, la sospensione per trecento giorni ex art. 20 l. 44/99, a mio avviso, si dovrebbe ritenere operante ope legis, ossia, per legge senza l’ulteriore –e non previsto- provvedimento del Giudice dell’Esecuzione il quale non può che prendere atto del beneficio intervenuto dichiarando, così, sospesa la procedura. L’art. 624 c.p.c., d’altronde, già consente a qualunque “esecutato” di richiedere, in presenza di gravi motivi, la sospensione dell’esecuzione.

E’ difficile comprendere a cosa servirebbe la norma di cui all’art. 20 l. 44/99 se l’esecutato- vittima, invece, per potere ottenere una sospensione –peraltro per un tempo limitato- debba richiedere, prima, il parere del Prefetto, poi, quest’ultimo, quello del Presidente del Tribunale e, nel caso essi siano conformi, rivolgersi al Giudice dell’esecuzione per ottenere un provvedimento che si sarebbe potuto ottenere con lo strumento previsto dall’art. 624 cod. proc. civ. .

Non escludo che nel “caso Di Napoli” il Comitato di solidarietà e il Commissario giustifichino l’inerzia anche con la presenza di una procedura fallimentare. Vero è che, però, la giurisprudenza ha già riconosciuto che le somme spettanti alla vittima di usura ed estorsione a titolo di elargizione non rientrano nell’attivo fallimentare. E’ la stessa legge, d’altronde, che, a mio avviso, escluderebbe una simile interpretazione preclusiva dei benefici.

In ogni caso, negare –finchè dura la procedura fallimentare- i benefici ad un imprenditore che non ha voluto soddisfare le pretese estorsive avanzate da chi, proprio per tali pretese, dopo essere stato denunciato, ha richiesto ed ottenuto una sentenza di fallimento (in un giudizio sommario che, come noto, non offre le garanzie della “cognizione piena”), secondo me, equivale a dire: “Denuncia l’usuraio, ti conviene” “se, però, ti minacciano il fallimento, pagalo altrimenti lo Stato non ti aiuta”.

Il Ministro degli Interni, a mio avviso, dovrebbe esaminare con attenzione quanto finora verificatosi e denunciato dalle vittime valutando le giustificazioni ed interpretazioni finora date dal Comitato alla luce di quanto, invece, previsto dalla legge e riconosciuto dalla giurisprudenza. Dovrebbe, quindi, anche per rispetto delle vittime, adottare ogni misura che dovesse rendersi opportuna a carico di coloro che dovessero ritenersi incompatibili con le delicate funzioni ricoperte nonché disporre serie indagini –anche di carattere ispettivo- per verificare eventuali responsabilità di chiunque, a qualsiasi titolo, possa avere aggravato i già compromessi diritti della vittima molti dei quali riconosciuti inviolabili anche dalla Convenzione europea dei diritti dell’Uomo (Luigi Di Napoli –esiste un video- il 19 Ottobre 2006, in pendenza della sospensione, in seguito al rifiuto dei medici del 118, fu trascinato fuori dalla sua casa, disteso sul divano e sconvolto per i dolori, dagli stessi agenti delle Forze dell’Ordine; il Comitato di solidarietà è rimasto in inspiegabile silenzio). Roberto Di Napoli"                                         
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L’informazione “fai da te” delle vittime

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 30 dicembre 2007

20 Settembre 2005 sit-in di solidarietà e protesta in favore di una famiglia vittima di usura ed estorsioneDa circa un anno ho scoperto le svariate possibilità offerte da internet “a chi vuole parlare”. Il mondo dei blog viene criticato, a volte ingiustamente, per le sciocchezze che, a volte, si scrivono. Ma ciò è fisiologico in una democrazia. Spetta a chi legge o a chi ascolta “discernere”. Credo che sia, però, ancora peggio non avere la possibilità di parlare e di farsi sentire: soprattutto nei momenti più difficili. I blog, i siti internet, i quotidiani on line sono un’enorme ricchezza. Servono anche per conoscere ed essere informati su ciò che, per mille motivi (a volte giustificati, a volte meno “nobili”), i media tradizionali (radio, televisione, giornali) tacciono. Pur avendo, ciascuno, l’obbligo di non varcare i limiti imposti a tutela dell’onore e della reputazione altrui (visto che, in Italia, esistono ancora i cd. reati d’opinione), ritengo che le possibilità concesse dalla rete costituiscano la vera attuazione del diritto alla libera manifestazione del pensiero sancito dall’art. 21 della Costituzione. Chi non comprende l’importanza di questa risorsa –o non ne fa buon uso- deve sapere che se, un giorno, volesse far conoscere un dramma oppure un’idea o i motivi di una protesta, non è per niente facile, in mancanza di internet e di qualsivoglia strumento d’informazione, manifestare “il proprio pensiero” pubblicamente, al di fuori del proprio condominio. Se, poi, ci sono “fattori esterni” cui può dare fastidio una determinata voce o il contenuto, ci si accorgerà che dovrà lottare anche per potere parlare.

Fino all’anno scorso, volevo anche io far conoscere il dramma che stava vivendo la mia famiglia. Pensavo –e ne ho avuto conferma negli ultimi mesi- che la paradossale vicenda potesse servire anche per far capire quanto fosse –e sia- inefficiente il “sistema dell’antiusura” a causa, probabilmente, anche della scarsa informazione determinata, in molti casi, dalla rassegnazione delle vittime o dalla complessità di alcune vicende.

Tipica la risposta di molti giornalisti contattati telefonicamente (pur cavandomela col pc non conoscevo la potenza del mondo dei blog, delle email e dei quotidiani on line): “Mi mandi una sintesi e la ricontattiamo”. Tipica anche la risposta di parlamentari o giornalisti che avevo motivo di credere più sensibili (alcuni amici, d’altronde, sono come gli ombrelli: quando ti servono non li trovi mai): “Roberto, fammi una sintesi che la “giro” a chi si occupa di vicende simili”. Insomma: avevo capito che nessuno se ne sarebbe occupato. E’ probabile che, secondo il loro ragionamento, “la vittima calpestata dalla “malagiustizia” non fa più notizia”.

Qualcuno può pensare che, siccome l’art. 21 della Costituzione sancisce il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, chiunque, soprattutto in modo pacifico, possa scendere in mezzo alla strada con un cartellone. Invece, no. Neppure questo è scontato. Per essere “in regola” bisogna avvertire la Questura in anticipo: tre giorni prima, mi pare. Il 20 Settembre 2005, con l’aiuto di un mio amico collega che, più volte, aveva manifestato per la tutela delle vittime della strada, avevo iniziato a capire come si organizzi un sit-in. In quella circostanza, però, avevo avuto il tempo di avvertire la Questura, di stampare i manifesti e di procurarmi catene per incatenarmi simbolicamente. Prima lezione: se vuoi manifestare sotto qualche Palazzo (sede di qualche Istituzione) è difficile che la Questura ti autorizzi a stazionare –pure se sei solo o, comunque, in modo pacifico- a distanza inferiore a cento- duecento metri.

Come fai a farti notare da chi, talvolta, non vede le cose nemmeno con la lente d’ingrandimento? Questo ancora non l’ho capito. Protestai, con alcuni amici colleghi, in Via Arenula a distanza di vari metri dal Ministero della Giustizia (credo ancora nelle istituzioni e non condivido l’espressione di un comico che l’ha ribattezzato Ministero di Casta e Ingiustizia). Non ero ancora pratico di internet per cui soltanto Telenorba riprese il sit-in mandando in onda un servizio.

L’anno scorso, invece, a Settembre, il tempo correva veloce e volevo far conoscere quello che stava per capitare a Gallipoli. Volevo manifestare subito, senza, però, violare la legge e facendo conoscere il motivo della mia determinazione. Non facevo in tempo a farmi stampare i manifesti per cui mi armai di carta velina bianca, pennarelli, spago gommato e cartone. Iniziai lo sciopero della fame informando dei motivi vari giornali. Una giornalista de “Il Tempo” mi telefonò chiedendomi informazioni più dettagliate e, con grande pazienza, appuntò i punti principali della assurda vicenda. In pochissimi minuti e, tra l’altro, per telefono, la giornalista –pur non avendo fatto studi giuridici- comprese le assurdità della vicenda giudiziaria provocata dalle pretese di usurai ed estorsori “dai colletti bianchi”: per due giorni consecutivi, il quotidiano dedicò un servizio ed ebbi la prova dell’errore che avevo commesso ritenendo “più sensibili” coloro i quali avevo contattato precedentemente.

Ho imparato, poi, dicevo, che, se una persona vuole manifestare sotto la sede di qualche Istituzione, oltre a dovere informare la Questura con vari giorni d’anticipo (se non vuole incorrere in una contravvenzione), non può posizionarsi nelle immediate vicinanze. Esempio: volendo protestare sotto al Quirinale, la Questura mi avrebbe consentito il sit- in solo all’angolo tra Via del Mazzarino e via del Quirinale, ossia, in un posto perfetto per non farsi vedere nemmeno dai passanti; per protestare, invece, sotto al Ministero della Giustizia, il limite massimo di distanza è “Piazza Cadorna”, uno slargo su Via Arenula distante almeno cento metri dal Ministero. Insomma: ritenevo ridicolo ed inutile manifestare in un posto dove nessuno mi avrebbe ca…. capito! Rinunciai.

Non capisco come si possa conciliare il termine di preavviso con un’esigenza – come nel mio caso- che può sorgere da un momento all’altro. Una persona potrebbe essere vittima del più grande abuso e, ciononostante, subire i limiti alla libera manifestazione del pensiero. Quale ragione di ordine pubblico può prevalere nel caso di un sit-in organizzato con poche persone –se non da solo- sorvegliate da agenti col mitra? Niente da fare: bisogna avvisare con anticipo.

In meno di un anno, dopo avere fatto lo sciopero della fame e da quando ho creato questo mio modesto blog, della mia vicenda (sia pure in maniera sintetica e senza evidenziare molti altri abusi) si sono occupati giornali nazionali, telegiornali locali e nazionali e vari siti internet.

Ho letto su Panorama on line, in un articolo che invito a leggere (vi è anche un mio commento), che, grazie anche ad internet e ai blog, la magistratura ha aperto un’inchiesta sfociata, finora, nel rinvio a giudizio di vari poliziotti accusati di avere provocato la morte di Federico Aldovrandi; sempre attraverso i blog si è offerto sostegno a molte altre vittime. L’indifferenza, quindi, vince se prevale il silenzio. Chi legge alcune storie su internet è difficile, però, che resti a guardare o che cambi …… indirizzo. Interessante anche lo spazio “virtuale” concesso da Radio Radicale in cui chiunque, aprendo un blog, può “fare notizia” o, addirittura, quello su Tocque-villela città dei liberi”. Per non parlare delle infinite possibilità, per i professionisti e, soprattutto, per gli avvocati, di aggiornarsi.

Alcuni temono che internet possa fare perdere il contatto con la realtà o che chi navighi si affezioni alle amicizie virtuali isolandosi dal mondo reale. Nel mio piccolo, grazie anche alla maggiore facilità nel far conoscere la mia esperienza attraverso questo blog, in meno di un anno, ho conosciuto e fatto vera amicizia con alcuni allievi del prof. Franco Tritto a cui i miei amici hanno dedicato un sito straordinario degno di una persona, altrettanto, straordinaria (lo dimostra il ricordo che hanno conservato gli allievi); ho conosciuto (e spero, presto, di conoscerli anche personalmente) il gruppo di amici di Savona vittime, anch’essi, di un’ordinaria ingiustizia; Emidio Orsini che considero un “alleato” nella lotta contro l’usura bancaria; un commercialista di Sora, anch’esso vittima di usura ed estorsione bancaria; ho conosciuto, poi, anche la tragedia raccontata, nel suo sito, da Antonella, anch’essa vittima di usura e isolata dallo Stato; Franca Corradini che, pur non avendo avuto, ancora, il piacere di conoscerla personalmente, ha dedicato, al mio caso e a quello di tante altre vittime di usura, una puntata della sua trasmissione radio oltre a vari articoli sul blog “laconoscenzarendeliberi”; altri, ancora, continuando a leggere le mie –forse, a volte, banali e ripetitive- considerazioni mi fanno compagnia e hanno aumentato il numero dei miei veri amici. E’ dell’informazione, forse, che ha paura chi tenta di limitare i blog con appositi disegni di legge o chi, qualche volta, ha impedito ai giornalisti di assistere a vari abusi. Roberto Di Napoli

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Tanti auguri (ai miei amici e ad ogni vittima) e, con la speranza di un cambiamento, tanti auguri scomodi (ad altri soggetti)

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 24 dicembre 2007

Roma, Natale 2007, Piazza San PietroNon so se si tratti di una mia sensazione personale, oppure, se sia normale che capiti a chi ha avuto la "fortuna" di subire, almeno una volta nella vita, tristi giornate: a me, però, il Natale non riempie più di gioia. Anzi: mi rattrista. Non capisco come si possa, in Italia, conciliare una Festività che dovrebbe essere ricca di significati con l’indifferenza quotidiana che, puntualmente, (anche, a volte, nelle famiglie) riprende dopo le feste.

Il mio pensiero e, soprattutto, i miei veri e sinceri auguri, vanno a chiunque soffre, a chi, ogni giorno, viene ignorato o calpestato. E’ chiaro che, immedesimandomi, principalmente, nelle vittime di usura e di estorsione e immaginando con quali pensieri vivano le "feste", è a loro, innanzitutto, che mi sento vicino.

In meno di un mese, giornali, telegiornali, siti internet e Striscia la Notizia hanno affrontato il tema dell’usura e della mancata tutela delle vittime. Il 6 Novembre, in particolare, TG5 ha dedicato un servizio sull’assurda vicenda di cui è vittima la mia famiglia che, dopo essere stata sbattuta fuori casa pur in presenza della sospensione ex art. 20 l. 44/99 (in seguito ad una vendita illegittima per molteplici motivi, disposta in una procedura instaurata unicamente dagli imputati ed, ovviamente, oggetto di impugnazione nelle competenti sedi), non ha ricevuto nemmeno un centesimo dell’elargizione prevista dallo Stato. Probabile motivo? Un’errata interpretazione della normativa da parte degli organi competenti: vedremo, quindi, cosa diranno i giudici!

La settimana scorsa, Striscia La Notizia ha dedicato un servizio sulla vicenda che vede coinvolta un’ imprenditrice la quale, dopo avere ottenuto, da parte del Prefetto di Modena e del Presidente del Tribunale, i pareri previsti dall’art. 20 l. 44/99 (normativa antiusura ed antiracket) per potere godere della sospensione per 300 giorni delle vendite giudiziarie, delle scadenze di rate di mutui e dei termini esecutivi (la stessa sospensione calpestata nel caso che ha coinvolto la mia famiglia), è stata dichiarata “fallita”.

Pochi giorni fa, infine, sempre “Striscia La Notizia” si è occupata del caso di Emidio Orsini, l’imprenditore anch’esso vittima di usura bancaria, che ha ottenuto, da parte del Consiglio di Stato, il riconoscimento delle proprie ragioni e, d’altra parte, la smentita della bizzarra interpretazione da parte del Comitato di solidarietà che aveva tentato di sostenere una differenziazione della vittima di usura bancaria rispetto all’usura criminale.

Questi casi sono stati portati a conoscenza grazie alla pazienza e alla professionalità di chi, come i giornalisti del TG5 e di Striscia la Notizia, ha ritenuto opportuno informare in merito a tali vicende paradossali.

Nel caso che coinvolge la mia famiglia così come, sicuramente, negli altri casi, non si è persa, ancora, la voglia di combattere. Tante vittime, però, hanno preferito mollare tutto! Qualcuno, poi, ha subito la perdita più grande: la vita.

Penso che se chi ha la responsabilità della tutela delle vittime (non solo, di certo, il Comitato di solidarietà) avesse una minima idea di quali siano i sacrifici, i disagi materiali cui è sottoposta la vittima di usura ed estorsione (di quella bancaria e di quella criminale), le umiliazioni e le sofferenze, i procedimenti andrebbero più spediti e non si verificherebbero le “fini” interpretazioni giuridiche puntualmente smentite dalla giurisprudenza (su Puglia Live è stato pubblicato, il 20 Dicembre u.s., un mio comunicato “E’ emergenza….. antiusura”).

Mi chiedo, insomma: si ha un’idea di ciò che può accadere ad una vittima

Nel caso che ha coinvolto la mia famiglia, così come in tanti altri casi ai danni di persone ancora più sfortunate, chi si è preoccupato, finora, di conoscere lo stato di salute o di sapere se i miei familiari avessero bisogno di qualcosa in attesa della definizione di quel procedimento a tutela delle vittime che, per legge, dovrebbe esaurirsi in pochi mesi ma che lo Stato, dopo avere incentivato a denunciare, ha dimostrato di non essere in grado di controllare?

Chi si preoccupa di tutte quelle vittime che stanno soffrendo in silenzio, che non hanno più lacrime, che hanno perso la speranza di vedere un aiuto magari anche convinte che l’usura bancaria non esista o sia diversa e meno grave di quella criminale (così come si voleva far credere prima del recente parere del Consiglio di Stato) o che, addirittura, hanno rinunciato a lottare (se non, addirittura, a vivere) pensando che se sono state dichiarate “fallite” su istanza degli stessi imputati non potranno ricevere i benefici dello Stato (così come sembrerebbe da un’altra singolare interpretazione di un Comitato che non mi pare sia stato, in molti casi, “di solidarietà”)?

Qualcuno potrebbe pensare che, tanto, così come noi, tutte le vittime, se hanno interesse, possono rivolgersi al giudice e, oltre a vedere puniti gli estorsori o gli usurai, avere i benefici richiesti dalla legge. Non è così, invece, a mio avviso: non può ragionare in questo modo chi ha il potere-dovere di applicare la normativa interpretandola in conformità ai vigenti canoni ermeneutici e, prima ancora, considerando che “in claris non fit interpretatio.

Tante persone non hanno la possibilità di attendere, a fronte di singolari interpretazioni, l’ulteriore riconoscimento, da parte dei giudici, di ciò che emerge chiaramente dalla normativa. La gente deve lottare coi bisogni quotidiani oltre che con le esigenze della propria impresa o con la tutela dei propri beni e, pertanto, deve confidare nell’ottenimento di quanto promesso e pubblicizzato dallo Stato.

Mi farebbe piacere sapere se qualcuno “dell’antiusura” si sia occupato delle sorti di Antonella e dei suoi familiari che, dopo avere denunciato gli usurai, mesi fa, durante l’esecuzione per il rilascio della sua abitazione, mentre speravano di ottenere i provvedimenti idonei ad ottenere la sospensione e, in lacrime, minacciavano di dare fuoco, hanno ottenuto, invece, il ricovero coatto in ospedale e qui trattenuti per vari giorni (forse senza che ne ricorressero i presupposti e con metodi, a mio avviso, secondo quanto mi è stato raccontato, discutibili): sbattuti fuori casa con la nonna malata di Alzheimer.

Sono convinto che se, in ogni settore, dalla giustizia alla tutela delle vittime d’usura e di reati mafiosi, nella sanità, nella politica, si agisse con un minimo di buon senso interpretando ogni norma giuridica così come la Costituzione impone, ossia, nel prioritario e fondamentale rispetto della persona umana e della sua dignità (i diritti di credito, anche laddove esistenti, non possono mai prevalere su tali valori), vedremmo un sorriso in più e meno persone soffrire ingiustamente.

                                      TANTI AUGURI!

E’ a tutte le vittime sconosciute di usura e di estorsione, così come ai parenti delle vittime di tutte le mafie, ai parenti dei lavoratori morti sul posto di lavoro, ai piccoli figli di una giovane ragazza che, poche settimane fa, sono stati messi a letto dalla propria mamma senza mai poterla più rivedere avendo, la povera madre (vittima, a Gallipoli, di una probabile disperazione interiore o psicologica), pensato di scappare via da questo mondo e da questa società nel modo più tragico possibile, a tutti coloro che soffrono, a tutti coloro che, sedendosi a tavola domani, vedono una sedia vuota o un volto triste, ai rappresentanti di tutte le associazioni che, ogni giorno, lavorano davvero per aiutare chi ha bisogno, a quei volontari che, a Roma, a Milano, nelle grandi città, affrontando il gelo, svegliano i barboni per donare loro un piatto caldo, a tutti coloro i quali, al di là delle "chiacchiere", insegnano in silenzio, ogni giorno, quale sia la vera solidarietà, a tutti i miei veri amici, che rivolgo i miei più sinceri auguri di Buon Natale con la speranza che, nella loro vita -e, soprattutto, nei momenti più tristi-, ci sia, sempre, qualcuno a loro vicino in grado di abbracciarle, di ospitarle, di stringere la mano: scopriranno la ricchezza della bontà, di quella vera solidarietà che solo poche persone sono, realmente, in grado di offrire.

A tutti coloro che, invece, restano insensibili, a chi -di fronte a qualsiasi tipo di richiesta di aiuto- continua a filosofeggiare, ai donabbondio, agli ominicchi e ai quaquaraquà, agli “indifferenti”, ai corrotti, ai mafiosi, agli “impotenti” o a chi preferisce apparire tale senza, così, rischiare di offendere qualcuno, a chi, semplicemente, pensa che Natale sia soltanto un giorno da festeggiare o nel quale scambiarsi i regali; a chi, abituato a vivere nel lusso o, comunque, senza mai avere “assaporato” le amare difficoltà della gente comune, nemmeno avverte quali possano essere i bisogni primari di una persona auguro che la loro coscienza, prima o poi, turbi il loro sonno o i loro festeggiamenti (in qualche caso anche con soldi non sudati) fino a determinarli a cambiare. A questi personaggi auguro, davvero, Buon Natale con la speranza che, riflettendo, solo un minuto, sul significato di tale Festività, il loro cuore li costringa a riflettere sul loro operato, sulle loro potenzialità, sulle possibilità che hanno nei confronti di chi sta soffrendo.

A queste persone consiglio tantissimo una breve lettura di alcune parole di Don Tonino Bello nella lontana (ma sembra così vicina) notte di Natale del 1985: sono sicuro che, a persone con un minimo di buona volontà, basterebbe poco per farli riflettere a cambiare. Roberto Di Napoli.

Per agevolare la lettura di un passo che a me piace ricordare, lo inserisco qui sperando sia letto con attenzione:

 

TANTI AUGURI SCOMODI!

 

“Non obbedirei al mio dovere di vescovo, se vi dicessi «Buon Natale» senza darvi disturbo.

 Io, invece, vi voglio infastidire.

Non posso, infatti, sopportare l’idea di dover rivolgere auguri innocui, formali, imposti dalla «routine» di calendario. Mi lusinga, addirittura, l’ipotesi che qualcuno li respinga al mittente come indesiderati.

 Tanti auguri scomodi, allora, miei cari fratelli!

Gesù che nasce per amore vi dia la nausea di una vita egoista, assurda, senza spinte verticali. E vi conceda la forza di inventarvi un’esistenza carica di donazione, di preghiera, di silenzio, di coraggio.

Il Bambino che dorme sulla paglia vi tolga il sonno e faccia sentire il guanciale del vostro letto duro come un macigno, finché non avrete dato ospitalità a uno sfrattato, a un marocchino, a un povero di passaggio.

Dio che diventa uomo vi faccia sentire dei vermi ogni volta che la carriera diventa idolo della vostra vita; il sorpasso, progetto dei vostri giorni; la schiena del prossimo, strumento delle vostre scalate.

Maria, che trova solo nello sterco degli animali la culla ove deporre con tenerezza il frutto del suo grembo, vi costringa con i suoi occhi feriti a sospendere lo struggimento di tutte le nenie natalizie, finché la vostra coscienza ipocrita accetterà che lo sterco degli uomini o il bidone della spazzatura o l’inceneritore di una clinica diventino tomba senza croce di una vita soppressa.

Giuseppe, che nell’affronto di mille porte chiuse è il simbolo di tutte le delusioni paterne, disturbi le sbornie dei vostri cenoni, rimproveri i tepori delle vostre tombolate, provochi corti circuiti allo spreco delle vostre luminarie, fino a quando non vi lascerete mettere in crisi dalla sofferenza di tanti genitori che versano lacrime segrete per i loro figli senza fortuna, senza salute, senza lavoro.

Gli angeli che annunziano la pace portino guerra nella vostra sonnolenta tranquillità incapace di vedere che, poco più lontano di una spanna con l’aggravante del vostro complice silenzio, si consumano ingiustizie, si sfrutta la gente, si fabbricano armi, si militarizza la terra degli umili, si condannano i popoli allo sterminio per fame.

 

I poveri che accorrono alla grotta, mentre i potenti tramano nell’oscurità e la città dorme nell’indifferenza, vi facciano capire che, se anche voi volete vedere «una grande luce», dovete partire dagli ultimi. Che le elemosine di chi gioca sulla pelle della gente sono tranquillanti inutili. Che le pellicce comprate con le tredicesime di stipendi multipli fanno bella figura, ma non scaldano. Che i ritardi dell’edilizia popolare sono atti di sacrilegio, se provocati da speculazioni corporative. Che il numero 167 non è la cifra matricola data ai condannati dal sistema. Che i ricorsi a tutti i T.A.R. della terra sono inammissibili quando a farne le spese sono i diritti sacrosanti di chi non conta mai niente. Che i poveri, i poveri veri, hanno sempre ragione, anche quando hanno torto.

I pastori che vegliano nella notte, «facendo la guardia al gregge» e scrutano l’aurora, vi diano il senso della storia, l’ebbrezza delle attese, il gaudio dell’abbandono in Dio. E vi ispirino un desiderio profondo di vivere poveri: che poi è l’unico modo per morire ricchi.

Buon Natale! Sul nostro vecchio mondo che muore nasca la speranza”.

(da Antonio Bello, "Oltre il Futuro- Perchè sia Natale" edizioni La Meridiana) 

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Trenincubo: da Lecce a Roma in 20 ore al freddo. Parlamentari e politici pugliesi, ogni tanto viaggiate anche voi in treno!

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 17 dicembre 2007

EurostarIl treno Eurostar che si guasta arrestandosi alla presenza del ghiaccio, di certo, non è degno di un Paese civile e moderno. Viaggio spesso sull’Eurostar Lecce- Roma e non mi meraviglierei del ritardo di un’ora. Più di una volta ho recuperato il bonus di importo pari alla metà del biglietto pur sapendo che, se avessi subito un danno ulteriore, avrei potuto adire il Giudice competente per ottenerne il risarcimento. Dubito, però, che i treni utilizzati per altri percorsi, nell’Italia settentrionale o centrale, si fermino a causa del ghiaccio. A mio avviso, sui treni o sulle autolinee (anche quelle notturne) che uniscono città del meridione con altri centri dovrebbero viaggiare un pò più frequentemente i nostri parlamentari o politici pugliesi. Rinuncino, ogni tanto, a prendere l’aereo (coi soldi, fra l’altro, dei contribuenti): si renderebbero conto della "comodità" a cui sono costretti i normali viaggiatori! Senza, poi, aspettare di essere "stimolati", provino ad aprire le porte di qualche "toilette" (per non utilizzare un termine volgare). E’ probabile che, qualche volta, verrebbe anche a loro di vomitare. Si facciano anche qualche viaggetto sui treni regionali. Nell’estate del 2005, mi capitò di dovere fare un salto da Gallipoli aTaranto dovendo incontrare un collega per pochi minuti. Due centri le cui coste, come noto, si vedono ad occhio nudo. Ebbene! Verso le 15, mi pare, non c’erano collegamenti con autolinee. Mi recai in automobile a Lecce dove, dopo circa un’oretta, dovetti prendere un treno fino a Brindisi mancando, in quella fascia oraria, un collegamento diretto Lecce- Taranto. Poi, qui, ancora, un’attesa di circa un’altra mezz’oretta per il collegamento Brindisi- Taranto. Nel tardo pomeriggio, infine, il ritorno. Insomma: per un appuntamento di circa mezz’ora, impiegai oltre otto ore tornando a Gallipoli verso le 2. Non parliamo dei collegamenti ferroviari nel Salento: le linee date in concessione funzionano ancora peggio. Se in qualche stazione un viaggiatore dovesse vedere una vecchia littorina a gasolio, non gioisca! Non pensi che sia stata esposta sui binari solo per essere guardata! E’ ancora in uso ed è proprio lì sopra che dovrà salire se vuole raggiungere, in treno, qualche centro del salento. E d’estate? C’è l’aria condizionata sulla littorina? Dico solo che, 5 anni fa, con una temperatura esterna di circa una quarantina di gradi, fui costretto a salirvi. Mi sedetti (c’erano, ovviamente, quasi tutti i posti liberi) ma mi alzai quasi d’improvviso perchè ….. i sedili in pelle erano stati troppo tempo esposti al sole! Non capisco proprio perchè non debba essere migliorata la rete ferroviaria anche per i collegamenti tra centri salentini!
I poveri passeggeri che hanno impiegato quasi venti ore da Lecce per Roma faranno bene a valutare la sussistenza dei presupposti per chiedere anche il risarcimento dei danni. Anni fa il Giudice di Pace di Bari condannò il vettore ferroviario per un ritardo di otto ore subito dai viaggiatori e per le condizioni in cui essi furono costretti a viaggiare.
A prescidere da ogni rimedio risarcitorio, però, è necessario il miglioramento della struttura e dei mezzi di collegamento tra la Puglia e la capitale od altri centri. I parlamentari e i politici locali si ricordino che non tutti possono permettersi di viaggiare in aereo: soprattutto se si considera che il costo del volo tra Roma e Brindisi, per chi decida di partire all’ultimo momento, è superiore a quello di un volo low cost tra Roma e le principali capitali europee!

Cari (nel senso di: costosi) parlamentari e politici pugliesi, ogni tanto, prendete, anche voi, qualche autolinea o treno notturno da Roma per Lecce. D’estate, poi, se siete nel Salento e dovete spostarvi da un luogo ad un altro, non prendete l’automobile. Prendete i mezzi pubblici (lo consigliate voi stessi ai cittadini, no?) Viaggiamo un pò insieme e vedete quanto sono comodi!!!Roberto Di Napoli

Ho letto la notizia e scritto la mia opinione anche sul sito di Telerama e Lecce Prima

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Non c’è soltanto la “malagiustizia”: una normale impresa e un colosso bancario di fronte ad un Giudice imparziale

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 15 dicembre 2007

Tribunale di Latina

Ho letto e leggo tutti i giorni storie assurde di malagiustizia, di vittime di usura, di estorsione e, in genere, di persone calpestate o abbandonate dalle stesse Istituzioni nella cui presenza e funzionamento avevano confidato.

Un Paese che, prima, impone il rispetto delle norme ed invita a denunciare chi le violi e, poi, anche per un solo momento (o, come si verifica spesso, per anni o decenni) lascia nella disperazione le vittime è uno Stato che, di fatto, si comporta come un “vigliacco”.

Ho scritto, più di una volta, in questo e in altri blog, mie sensazioni, opinioni personali e tristi esperienze di malagiustizia.

Sono convinto, però, che l’Italia sia rappresentata anche da persone perbene, da magistrati scrupolosi che lavorano con passione e da agenti delle Forze dell’Ordine che rispettano e fanno rispettare la legge da chiunque.

Ritengo doveroso, quindi, ricordare non solo gli episodi tristi o le “gesta” di qualche impiegato “Furioso” che perde il senno o lo utilizza per turpi scopi personali, ma anche l’attività, gli atti eroici o normali (ma che, in un sistema distorto, appaiono eroici) di chi, invece, lavora con serietà (è, ovvio, comunque, che errare humanum est e poche parole si possono dire quando l’errore è commesso in buona fede e si adoperi per porre rimedio).

Ho preso atto, in più di un’occasione, per fare un esempio, della professionalità ed immagine di imparzialità di vari magistrati del Tribunale di Latina. Chi, pur giovane come me, ha assistito ad atti, quantomeno, "singolari" e, sentendosi particolarmente vicino alle vittime di usura ed estorsione, ha notato quanto sia difficile la loro tutela quando tali delitti siano commessi non dal "delinquente di strada" ma dal cravattaro “in giacca e cravatta”, apprezza ancora di più la serietà ed imparzialità di quei magistrati che, oltre ad essere onesti, lo appaiono.

Ecco un recente caso di giustizia "normale", o, meglio (ricordando il nome di un’associazione di cui apprezzo moltissimo l’attività), di giustizia giusta: una società, nell’Agosto 2005, si rivolge a me e al mio amico collega avv. Federico Bianchi per instaurare una causa, a Latina, nei confronti del più importante istituto di credito italiano al fine di ottenere la restituzione di quanto illegittimamente addebitatole nel corso di un lungo rapporto di conto corrente. Prima ancora della udienza di prima comparizione delle parti, purtroppo, muore un socio amministratore e la causa si interrompe. La banca, senza alcuno scrupolo, nelle more della riassunzione, "bussa ad un’altra porta" proponendo ricorso per decreto ingiuntivo “inaudita altera parte” al fine di ottenere le somme da essa vantate nei confronti di quella stessa società che, mesi prima, l’aveva convenuta in giudizio. Ottiene il provvedimento senza accennare, ovviamente, alla causa già pendente nè al fatto che ogni singola clausola contrattuale da cui traeva origine il presunto credito era stata contestata. Anzi: menziona la pendenza di alcune ipoteche volontarie (alcune anche per mutui, con quella stessa banca, estinti tanti anni fa) a carico della società (solo apparentemente) debitrice in modo da ottenere il titolo provvisoriamente esecutivo e, intanto, sfuggire all’immediato contraddittorio. In seguito alla notifica del titolo alla nostra assistita, proponiamo opposizione e la procedura, anche al fine di decidere sulla riunione da noi richista, viene assegnata alla stessa giudice designata a trattare la causa a cognizione piena da noi preventivamente instaurata. Chiediamo, oltre alla riunione delle cause, l’immediata sospensione della provvisoria esecutorietà per vari motivi esposti in oltre trenta pagine di opposizione. Il giudice concede termine per note ma, all’esito, nega la sospensione ritenendo che le somme vantate dalla banca non fossero state contestate. Nell’atto di opposizione, invece, era stata contestata ogni singola clausola, negata la fondatezza di ogni pretesa creditoria e chiesta (si dice: in via riconvenzionale) la condanna della banca alla restituzione degli importi spettanti alla società. Le cause vengono, tuttavia, riunite come da noi richiesto e rinviate ad Ottobre 2007.

Nel frattempo la banca avrebbe potuto iniziare un’esecuzione ritenendosi creditrice di oltre duecentotrentamila euro. Proponiamo, allora, un ricorso per provvedimento d’urgenza ex art. 700 cod. proc. civ. in corso di causa al fine di ottenere (così come riconosciuto ammissibile da alcuni giudici), previa consulenza tecnico-contabile, l’immediata restituzione delle somme indebitamente corrisposte dalla società correntista. Insistiamo, inoltre, nella revoca dell’ordinanza con cui era stata negata la sospensione chiedendo, altresì, vari provvedimenti, quali la cancellazione delle segnalazioni “a sofferenza” alla Centrale Rischi, al fine di evitare che la società, fino all’esito della causa, fosse ulteriormente pregiudicata.

L’udienza si è tenuta il 1° Agosto 2007. La banca sosteneva l’inammissibilità della domanda di revoca dell’ordinanza che, negandola, aveva già deciso sulla sospensione. Il giudice, invece, pur non concedendo gli ulteriori provvedimenti d’urgenza richiesti (ritenendo che la complessità della vicenda non consentisse la trattazione col ricorso al procedimento ex art. 700 cod. proc. civ.), ha revocato, accogliendo le nostre richieste ed eccezioni, la precedente ordinanza e, “per gli effetti”, sospeso la provvisoria esecutorietà del titolo. 

E’ molto interessante la motivazione nella quale il giudice ha, espressamente, ricordato come la non modificabilità o revocabilità dell’ordinanza che decide sulla sospensione, si riferisce soltanto al provvedimento col quale sia stata già concessa la sospensione (che sarebbe, appunto, non modificabile) e non, come era avvenuto nel caso di specie, all’ordinanza con la quale sia stata negata.

Provvedimenti del genere, oltre ad incoraggiare il cittadino che deve continuare ad avere fiducia nella giustizia, confermano l’equilibrio di cui deve essere dotato ogni magistrato. Quel giudice ha dimostrato di avere esaminato con attenzione –pure ad Agosto– le eccezioni, le richieste della piccola impresa, la “fondatezza” della pretesa della banca e dei pericoli prospettati da entrambe le parti.

Non deve mai essere dimenticato, infatti, che “titoli” agevolmente ottenuti “inaudita altera parte” sottacendo circostanze importanti che, probabilmente, ne avrebbero impedito la concessione, hanno determinato, in tanti casi,  la distruzione di imprese essenziali, invece, all’economia nazionale o la compromissione della salute, della vita, della serenità di tante persone e di tante famiglie.

procedimenti sommari sono previsti dal codice di rito e hanno una struttura e funzione tale da garantire, comunque, la difesa. La giustizia sommaria, intesa come “giustizia” superficiale e disattenta alla tutela di entrambe le parti, invece, tutto è tranne che giustizia: è arbitrio.

Il giudice che, nell’ambito di un procedimento d’urgenza, ha revocato la sua stessa precedente ordinanza dopo avere valutato la fondatezza delle eccezioni delle parti, ha dimostrato di essere un giudice in grado di esercitare con serietà e imparzialità le proprie funzioni: quelle di ius dicere, di fare giustizia. Roberto Di Napoli 

Ringrazio gli amici di Giustizia Giusta per avere pubblicato questo post.

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….ma chi sono questi?

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 16 novembre 2007

 

Non capisco niente di calcio (se non che per "segnare un goal" bisogna dare un calcio al pallone tentando di farlo finire nella rete) e ho assitito, di persona, ad una partita solo una volta. Odio e ritengo incredibile la violenza all’interno e fuori dagli stadi. Un gioco che può essere trasformato in guerra o in un “regolamento di conti” da alcuni tifosi che diventano delinquenti. Quando ho appreso la notizia, al telegiornale, della morte del giovane laziale, anch’io ho ritenuto assurda la facilità con cui possano sorgono risse tra tifosi di squadre avversarie. Appena, però, ho appreso che un poliziotto avrebbe sparato all’aria ma che, per un errore, aveva colpito il tifoso, ho ritenuto non meno assurda la facilità con cui professionisti che dovrebbero ben sapere quando e come sparare (dovrebbe essere l’extrema ratio) si lascino "scappare" (sempre involontariamente?) un colpo mortale. Ma non esiste un addestramento? E’ possibile che una pistola vera, un’arma, sia utilizzata con la stessa superficialità di come si utilizzerebbe una pistola ad acqua? Leggo sul penultimo numero di una nota rivista giuridica che l’anno scorso il Tribunale di Milano ha condannato in solido il Ministero degli Interni ed un poliziotto. Il fatto: quest’ultimo (che si assumeva facesse uso di sostanze stupefacenti), mentre faceva un giro in macchina fuori dall’orario di servizio, notava, in una zona malfamata, un’autovettura sospetta. Decideva di avvicinarsi, col finestrino abbassato e con la pistola puntata. Si accorgeva che non vi era alcun pericolo in quanto, all’interno, vi erano due persone che conosceva; pensava, però,  di spaventarle per scherzo (che scherzo!) e, convinto che non ci fosse il colpo in canna, premeva il grilletto. Risultato: due persone ammazzate! (il poliziotto, poi, ovviamente, è stato condannato in solido col Ministero) 

Ho appena letto, su tgcom, la notizia dell’arresto di un dirigente di p.s. di Gorizia. E’ ovvio che tutto va dimostrato per cui essa resta una mera notizia. Il sottotitolo: “è accusato di avere favorito alcuni trafficanti”.

Mi domando: è possibile che dovremmo essere tutelati da soggetti simili? Non tutti sono così (per fortuna) e ci sono tanti eroi: sono d’accordo! Ma come fa un cittadino ad essere convinto di potersi fidare? Non può esserci una selezione più accurata? E poi: è possibile che non ci siano controlli efficaci (anche attraverso test psicoattitudinali), frequenti, al fine di verificare che chi, in ogni momento, è a contatto con armi conservi sempre un equilibrio mentale idoneo? E’ all’esito del primo controllo che andrebbe disposta, eventualmente, la sospensione o destituzione del sospettato! Non quando una persona sia già morta o dopo che sia già divenuto notorio l’ uso di droga: nel primo caso il danno irrimediabile sarebbe già provocato e, nel secondo, sarebbe determinato un pregiudizio non irrilevante: alla fiducia dei cittadini e al decoro delle Istituzioni! Roberto Di Napoli

 Commenti presenti anche sul sito la conoscenza rende liberi ove è stato gentilmente pubblicato il post (per leggerli clicca qui)

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