Ho letto che il delegato nazionale Confindustria per la legalità, Antonello Montante, si è fatto promotore di un’iniziativa soprannominata “rating di legalità” (per leggere l’articolo sul sito di Panorama, cliccare sul link indicato sotto al presente post): idea apprezzabile ma ancora più utile sarebbe, a mio avviso, se si tenesse maggiormente in considerazione ogni “illegale” o “illecito” ostacolo all’attività imprenditoriale e il coraggio di chi denuncia. Di fronte a banche che, nell’istruttoria finalizzata alla concessione di finanziamenti o anticipazioni richieste, sono solite valutare il rating dell’azienda, attraverso, principalmente, l’analisi del bilancio e del rischio, il delegato di Confindustria ha proposto di ampliare i criteri con viene giudicata l’affidabilità sollecitando, in particolare, una maggiore attenzione affinché sia considerato il fatto che quell’azienda ha denunciato l’illegalità. Un’iniziativa, ripeto, che condivido sia per evitare che le imprese -come dichiarato da Montante in un’intervista a Panorama- si trovino di fronte ad un “drammatico dilemma: rivolgersi agli usurai o cessare l’attività” sia per l’obbligo che si dovrebbe avere di “tenere in vita le piccole e medie imprese che sono la memoria del Paese” .
Ho, però, la sensazione che non si tenga conto o si sottovaluti il fenomeno degli abusi bancari di cui sono -o sono state- vittime migliaia di imprese e famiglie. Non si può, ancora oggi, ignorare che in ogni parte d’Italia ci sono migliaia di esecuzioni immobiliari o cause di opposizione a decreti ingiuntivi aventi origine in pretese, da parte di banche, fondate su titoli nulli (come, ad esempio, i mutui stipulati per estinguere posizioni debitorie su conti corrente con la stessa banca mutuante) o su saldi passivi determinatisi a causa dell’addebito, nel corso degli anni (o di decenni), di interessi, commissioni od oneri non pattuiti coi criteri imposti dalla legge e capitalizzati trimestralmente fino a divenire usurari. Si è già verificato, più volte (e lo confermano le sentenze ottenute dal 1999 ad oggi), che, all’esito dei lunghi giudizi, l’impresa o l’utente bancario si rivela creditore e non debitore della banca. Nel frattempo, però, l’impresa è fallita o il cittadino è esausto e privo di forze dal momento che nemmeno riesce ad iniziare una nuova attività a causa di illegittime segnalazioni presso le “centrali rischi”.
Ci sono, già da anni, “accordi quadro” firmati da Abi, banche, Ministero dell’Interno e Prefetture per il sostegno alle vittime di usura ed estorsione. Quando il correntista, o, in genere, utente bancario, però, risponde alla lettera di revoca del fido chiedendo alla banca di rideterminare la posizione contabile applicando quanto sancito dalla legge o i principi affermati dalla giurisprudenza unanime, mi è capitato di vedere, al massimo, solite lettere standard con le quali si ignorano o si smentiscono gli stessi principi affermati dai giudici. A cosa servono, allora, gli accordi quadro se l’utente, dopo essere stato costretto a denunciare per usura o estorsione i responsabili di una banca o, comunque, dopo avere contestato il saldo passivo perchè non lo ritiene validamente determinatosi, trova tutte le porte chiuse?
Condivido, quindi, e apprezzo la proposta del delegato nazionale della Confindustria di far tenere in considerazione, nella valutazione del rating, anche il fatto che quell’impresa ha denunciato l’illegalità.
Non leggendo alcun accenno agli abusi bancari mi chiedo, però: bisogna considerare, ancora, come se fosse un dogma, l’infallibilità della banca, l’impossibilità che questa commetta usura o estorsione, o si può (si deve), invece, prendere atto delle svariate denunce presentate da imprenditori coraggiosi e delle innumerevoli sentenze civili che, negli ultimi anni, hanno riconosciuto, spesso, il debito e non il credito delle banche per l’illegittimo addebito di interessi, commissioni ed oneri anatocistici od usurari? Eppure il Consiglio di Stato, anni fa, in un parere, ha ritenuto equiparabile l’usura bancaria a quella criminale! A volte, poi, sono le stesse pretese (giuste o meno che siano) che possono spingere l’utente più debole o disperato a rivolgersi agli usurai. Proprio giorni fa, ad esempio, su La Gazzetta del Mezzogiorno, è stata pubblicata la notizia di una storia comune a tanti: un imprenditore che, di fronte alle richieste perentorie di un direttore, si è chiesto se deve essere costretto a rivolgersi agli strozzini. Sul sito de “Il Corriere della Calabria”, oggi, poi, è stato pubblicato che a Roma lo storico “Cafè de Paris” di Via Veneto, “meta preferita non solo da Fellini negli anni della “Dolce Vita” ma, evidentemente, anche della ‘ndrangheta nelle cui mani era finito, mentre prima trovava aperte le porte degli istituti bancari, ora, invece, che è stato confiscato e restituito allo Stato, ha difficoltà.
E’ auspicabile, allora, che il rating delle imprese che si oppongono alle richieste di somme non dovute o superiori a quelle consentite, pur quando provengano da banche (o da banchieri), sia, un giorno, classificato con quella triplice AAA con cui, in genere, le agenzie classificano gli Stati o le imprese maggiormente affidabili e prive di rischio. In Italia, però, finchè la situazione resta come quella attuale in cui si consente alle banche e ai loro responsabili, impunemente (se non, addirittura, premiandoli con “premi alla carriera”), di distruggere o far fallire imprese con i conseguenti pregiudizi al diritto di proprietà degli imprenditori, al lavoro dei dipendenti e al risparmio o agli utili dei soci od investitori (quando non, addirittura, alla salute e alla vita visto che non sono pochi gli imprenditori che si sono ammazzati, negli ultimi anni, a causa della crisi o del negato accesso al credito)- temo che AAA possa, soltanto, essere una sigla che preceda una richiesta: AAA cercasi banca disponibile a sostenere chi si ribella ad indebite richieste bancarie.
Cliccare qui per leggere l’articolo pubblicato sul sito web di Panorama dal titolo “Confindustria: la tripla A delle imprese antimafia“;
cliccare qui per leggere la notizia pubblicata sul sito de La Gazzetta del Mezzogiorno “Imprenditore denuncia «Costretto dalla banca a rivolgermi agli usurai»“;
cliccare qui per leggere l’articolo sul sito de Il Corriere della Calabria “Banche avare con il “Café de Paris“.

















