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Un anno fa il terremoto in Abruzzo.

Pubblicato da: Roberto Di Napoli su 6 aprile 2010

L'anno scorso, alle 3.32 del 6 Aprile, ricordo che, a Roma, mi svegliai all'improvviso avvertendo il forte movimento del letto. Istintivamente pensavo finisse dopo pochi istanti. Vedendo che continuava, mi alzai dal letto pensando di scendere giù per strada. Capii che l'epicentro doveva essere vicinissimo. Prima di addormentarmi, avevo letto su facebook che una mia amica, ad Arezzo, aveva sentito una scossa. Pensai, quindi, subito ad un terremoto in Toscana. Ricordo che soltanto una radio locale romana dava notizie aggiornate: stetti sveglio tutta notte ad ascoltarle. Ricordo che telefonavano alla radio, piangendo, persone anziane che, anche a Roma, si erano svegliate per lo spavento. Si parlava del crollo della casa degli studenti a L'Aquila e di due morti. La mattina, leggendo Televideo e altri siti internet, lessi della tragedia  e del bilancio ancora più catastrofico.
Nei giorni successivi, nel leggere la cronaca su un quotidiano, mi colpì la "morte annunciata" o, meglio, avvertita e temuta di una studentessa. Aveva paura di nuove scosse a L'Aquila e aveva scritto, mi pare ad un parente, che sarebbe andata a letto vestita e con lo zaino accanto in modo da scappare subito in caso di pericolo. Non ce la fece, evidentemente: fu trovata morta con lo zaino accanto.
E' chiaro che è stata una tragedia ma se si considera che ci sono città, come San Francisco, o Stati, come il Giappone, dove, come è stato ricordato l'anno scorso, terremoti della stessa intensità di quello che ha colpito l'Abruzzo, difficilmente provocano morti, la tragedia è ancora più triste ed assomiglia ad una tragedia tutta italiana! Una tragedia che, forse, si poteva evitare o causare meno morti. Un ricercatore, giorni prima, aveva avvertito il pericolo e, oltre ad essere scambiato per imbecille, fu indagato per procurato allarme (tragica malagiustizia italiana)!
Da cittadino, sia pure dalla lettura dei media, credo anche io che gli italiani abbiano dato prova di vera solidarietà ed umanità e le Istituzioni siano state efficienti durante i giorni dell'emergenza. Non credo, però, che tutto ciò possa mai considerarsi sufficiente. Chi o cosa può mai consolare i sopravvissuti dalla perdita, da un giorno all'altro, dei loro cari e di tutti i loro affetti??? Credo sia impossibile ed è in questa impresa immensa, però,  che lo Stato deve pur farsi sentire: accelerando la ricostruzione ma, soprattutto, aumentando, ovunque, il controllo e la prevenzione. Una tragedia del genere dovrebbe, ad esempio, incentivare una politica di controllo e prevenzione imponendo agli enti locali la verifica di tutti gli immobili urbani, a prescindere dalla circostanza se sia una zona sismica o meno. Anni fa, non va dimenticato, a San Giuliano di Puglia, crollò una scuola e morirono bambini a causa sì di una tragedia ma, probabilmente, anche a causa di inescusabili ed inconcepibili errori umani. Chi conosce le tragedie, i drammi, i paradossi e le anomalie italiane sa quanto sia difficile, per le vittime, essere ascoltate ed aiutate dallo Stato.  Pur non potendosi negare la vicinanza delle Istituzioni (almeno, da quanto si legge dalla stampa), credo, quindi, che le contestazioni delle vittime debbano essere, innanzitutto, ascoltate con il massimo rispetto e, poi, comprese. Non si può pensare che un prefabbricato o una tenda possa restituire il minimo sorriso a chi, ancora, sta piangendo. Ed allora, l'unico "miracolo" che politici e istituzioni hanno il dovere di compiere dovrebbe essere quello di essere realmente vicini alle famiglie, immedesimandosi come se fossero le proprie,  non facendo mancare nulla e, soprattutto, velocizzando la ricostruzione delle case, delle città, ed erogando i benefici economici necessari, senza che gli abitanti, già disperati, debbano attendere anni ed anni a causa della solita "burocrazia" e, a volte, incompetenza. Roberto Di Napoli

Corriere della Sera.it

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